Abusi edilizi in area vincolata: la compatibilità paesaggistica postuma blocca la demolizione?
La Cassazione chiarisce i limiti dell’accertamento paesaggistico ex post e del ripristino spontaneo ai fini dell’estinzione del reato: cosa può davvero evitare la demolizione?
L’accertamento di compatibilità paesaggistica è idoneo ad estinguere il reato edilizio? In caso di abusi edilizi realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, può bastare il nulla osta ex post per bloccare la demolizione? Il ripristino dello stato legittimo da parte del trasgressore estingue sempre il reato paesaggistico?
Compatibilità paesaggistica e demolizione: i limiti chiariti dalla Cassazione
Il rapporto tra disciplina edilizia-urbanistica e paesaggistica, sanzioni penali e ripristino dello stato dei luoghi rappresenta uno dei temi più delicati nella gestione degli abusi edilizi. A chiarirne il perimetro è la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 20071 del 29 maggio 2025, affronta un caso emblematico e chiarisce l’ambito applicativo dell’art. 181, comma 1-quinquies del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Il caso trae origine da un’opera abusiva in area vincolata, priva di titolo edilizio e autorizzazione paesaggistica. Una sentenza del Tribunale aveva dichiarato di non doversi procedere per i reati edilizi e paesaggistici in quanto:
- in parte estinti per effetto della spontanea remissione in pristino;
- in altra parte sanati.
Tesi che non avrebbero convinto il Procuratore Generale della Corte di appello che ha proposto ricorso per cassazione, deducendo le seguenti motivazioni:
- la rimessione in pristino non “spontanea” non sarebbe idonea ad estinguere il reato paesaggistico;
- l’estinzione del reato paesaggistico non è idonea ad estinguere anche quello edilizio-urbanistico;
- per tutti gli abusi edilizi non sarebbe intervenuto il permesso di costruire in sanatoria ma solo l'accertamento di compatibilità paesaggistica che sarebbe meramente prodromico alla sanatoria.
Demolizione, abuso ed estinzione del reato
Gli ermellini hanno preliminarmente confermato che la mera demolizione dell'opera abusiva – anche se realizzata ai sensi dell’art. 181, comma 1-quinquies, del Codice dei beni culturali – non estingue comunque il reato edilizio, le cui cause di estinzione sono specificamente previste dalla legge.
I giudici di Cassazione ricordano, infatti, che le uniche possibilità per estinguere i reati edilizi sono offerte dalle due forme di sanatoria di cui agli articoli 36 (sanatoria ordinaria) e 36-bis (sanatoria semplificata), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Sul punto vale la pena segnalare che l’art. 45, comma 1, TUE fa riferimento alla sola sanatoria ex art. 36, senza menzionare l’art. 36-bis, oggi pienamente operativo.
Quanto al profilo paesaggistico, la Cassazione ha ribadito che l’art. 181, comma 1-quinquies del Codice dei beni culturali configura una causa estintiva speciale applicabile esclusivamente al reato paesaggistico. Tale causa opera solo al ricorrere di due condizioni cumulative:
- che la rimessione in pristino sia stata effettuata direttamente dall’autore dell’abuso;
- che tale intervento sia avvenuto spontaneamente, cioè senza che sia stata preceduta o imposta da un ordine dell’autorità amministrativa.
Anche una condanna non irrevocabile preclude l’operatività della causa estintiva prevista dall’art. 181, comma 1-quinquies (nella specie irrogata in primo grado).
Compatibilità paesaggistica e sanatoria edilizia: due piani distinti (e non sovrapponibili)
Altro punto chiave della sentenza della Cassazione riguarda il tentativo di estendere l’efficacia sanante del nulla osta paesaggistico a opere per le quali non risulta mai intervenuta una regolarizzazione edilizia ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
La vicenda istruttoria aveva fatto emergere l’avvio, da parte degli imputati, di pratiche finalizzate all’accertamento della compatibilità paesaggistica per una tettoia e un manufatto realizzati in area vincolata. A fronte delle richieste presentate ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali, il Comune aveva rilasciato atti attestanti il rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica.
Tuttavia nessuna sanatoria edilizia è mai stata rilasciata. E, in presenza di opere senza titolo, l’unico percorso ammissibile per il ripristino della legittimità edilizia e urbanistica resta quello previsto dall’art. 36 (e adesso anche dall’art. 36-bis) del Testo Unico Edilizia: doppia conformità e permesso di costruire in sanatoria. La sola compatibilità paesaggistica non è sufficiente.
In area vincolata, l’autorizzazione paesaggistica non è solo un titolo autonomo, ma una condizione legittimante del titolo edilizio stesso. La Cassazione ricorda, inoltre, che se l’autorizzazione paesaggistica non viene rilasciata prima dell’intervento, il permesso edilizio (anche se successivo) è giuridicamente inefficace.
Analisi tecnica
L’interesse della pronuncia non è solo giuridico ma soprattutto operativo, perché chiarisce alcuni aspetti fondamentali per chi si occupa di edilizia in aree vincolate:
- l’accertamento ex art. 167 può avvenire solo per interventi marginali, privi di creazione di superfici utili o nuovi volumi (fatta esclusione per la sanatoria degli abusi parziali ai sensi dell’art. 36-bis del TUE che consente l’accertamento di compatibilità paesaggistica in area vincolata anche in presenza di nuove superfici e nuovi volumi);
- l’autorizzazione paesaggistica postuma può avere rilievo amministrativo, ma non incide sull’ordine di demolizione se l’intervento rimane privo di conformità edilizia e urbanistica;
- la compatibilità paesaggistica, non essendo un titolo abilitativo, non produce effetti sulla legittimità dell’intervento ai fini del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001);
- il ripristino volontario ha effetti sul reato paesaggistico solo se tempestivo e spontaneo.
Conclusioni
La sentenza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale (che andrebbe correttamente preso in considerazione dal Legislatore): in presenza di vincolo paesaggistico, non esiste margine per forme di sanatoria successive che non siano pienamente conformi a entrambe le discipline (nel caso di sanatoria di cui all’art. 36 del TUE al momento abbiamo solo parecchie “forzature”).
Dal punto di vista operativo occorre:
- verificare la conformità edilizia-urbanistica e paesaggistica congiunta;
- ricordare che l’accertamento paesaggistico non è un titolo edilizio;
- in caso di abuso in area vincolata, è fondamentale valutare immediatamente la possibilità di un ripristino spontaneo e tempestivo, unico strumento, nei casi consentiti, per evitare la condanna penale e l’esecuzione della demolizione.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 29 maggio 2025, n. 20071