Sopraelevazione abusiva e tolleranze costruttive: il Salva casa non riscrive il passato

La sentenza del Consiglio di Stato: le nuove tolleranze costruttive non sanano abusi sostanziali pregressi, né bloccano l’esecuzione di demolizioni coperte da giudicato

di Redazione tecnica - 25/06/2025

Il decreto “salva casa” può riguardare un’ingiunzione di demolizione già confermata da sentenza passata in giudicato? E una sopraelevazione fuori soglia rispetto alle tolleranze costruttive può essere sanata tramite SCIA? Quando si può invocare la sanzione alternativa in luogo della demolizione?

Sono queste le domande a cui ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza del 21 maggio 2025, n. 4382, confermando un orientamento rigoroso in materia di abusi edilizi e ribadendo che il nuovo art. 34-bis del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), così come modificato dal D.L. n. 69/2024, convertito dalla legge n. 105/2024 (cd. “decreto salva casa”), non ha effetto retroattivo.

Sopraelevazione abusiva: perché ci vuole il permesso di costruire

Il caso ha origine da una sopraelevazione abusiva, realizzata senza alcun titolo edilizio, successivamente sanzionata con un’ordinanza di demolizione e con una sanzione pecuniaria di 15.000 euro. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto del ricorso originario, il Comune aveva accertato l’inottemperanza dell’obbligo di rimozione e dato avvio alla demolizione d’ufficio.

L’appellante ha nuovamente impugnato il provvedimento esecutivo, sollevando una serie di censure, tra cui:

  • l’invocata possibilità di presentare una domanda di sanatoria ex art. 34-bis, introdotto dal decreto salva casa;
  • la richiesta di applicazione dell’art. 37 del Testo Unico Edilizia, per interventi eseguiti in assenza di SCIA;
  • l’asserita impossibilità materiale della demolizione, con richiesta di commutazione in sanzione pecuniaria.

Il Consiglio di Stato ha respinto in toto l'appello. Vediamo il perché.

DL Salva Casa: niente effetti retroattivi

Il Consiglio di Stato ha chiarito che il D.L. 69/2024 non è applicabile retroattivamente e, in ogni caso, la valutazione sulla natura dell’intervento abusivo (già cristallizzata con sentenza definitiva) non può essere rimessa in discussione.

La richiesta di rinvio per valutare l’applicazione delle nuove “tolleranze costruttive” è stata respinta in limine, specificando che “Non è possibile applicare la nuova disciplina delle tolleranze costruttive al giudizio che occupa”, trattandosi di situazione già definitivamente accertata come abusiva e non suscettibile di sanatoria.

Queste le disposizioni del Salva Casa:

1. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.

1-bis. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dei parametri di cui al comma 1 non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i seguenti limiti:

  • a) 2% per unità con superficie utile > 500 m²;
  • b) 3% per unità tra 300 e 500 m²;
  • c) 4% per unità tra 100 e 300 m²;
  • d) 5% per unità < 100 m²;
  • d-bis) 6% per unità < 60 m².

1-ter. Le tolleranze costruttive ed esecutive di cui ai commi 1 e 1-bis non rilevano ai fini dell’accertamento dello stato legittimo dell’immobile e non costituiscono causa ostativa al rilascio, alla segnalazione certificata o alla formazione del titolo abilitativo.

Sebbene l’art. 34-bis, nei commi 1 e 1-bis, preveda limiti di tolleranza fino al 6% per unità minori, il suo ambito applicativo è rigidamente delimitato nel tempo e non incide su interventi abusivi sostanziali, già accertati e sanzionati in via definitiva. Inoltre, il comma 1-ter, che chiarisce che tali tolleranze non ostano alla formazione o rilascio di titoli abilitativi, non è applicabile a posteriori per “sbloccare” situazioni già sanzionate.

Il tentativo di richiamare una nuova istanza ex art. 34-bis o 37, in questa fase esecutiva, è stato ritenuto irricevibile, in quanto volto ad aggirare un giudicato e a legittimare un abuso già irreversibile.

Intervento fuori soglia: ci vuole il permesso di costruire

L’intervento oggetto di causa era stato qualificato come “nuova costruzione”, poiché comportava la realizzazione di un volume superiore al 20% dell’edificio principale (art. 3, comma 1, lett. e.6, d.P.R. 380/2001). Una qualificazione che escludeva sia la SCIA, sia la DIA alternativa.

Di conseguenza, non era neppure astrattamente applicabile l’art. 37 del Testo Unico Edilizia, previsto solo per interventi minori o ristrutturazioni non soggette a permesso. La richiesta dell’appellante di riesaminare la possibilità di applicare una sanzione alternativa si è scontrata con il vincolo del giudicato.

La sanzione pecuniaria? Solo nella fase esecutiva

Un altro passaggio significativo della decisione riguarda il tentativo dell’appellante di ottenere, già in sede di opposizione, la c.d. "Fiscalizzazione dell'abuso", commutando la demolizione in sanzione pecuniaria, a causa della presunta “impossibilità materiale” di ripristinare lo stato dei luoghi.

Su questo punto, i giudici sono netti: l’eventuale applicazione della sanzione alternativa può avvenire solo nella fase esecutiva, se e quando emergano ostacoli effettivi all’esecuzione materiale dell’ordine.

Non solo: in assenza di motivazione da parte dell’amministrazione, il silenzio serbato sull’istanza ex art. 37 equivale a tacito diniego, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 42/2023, che ha riconosciuto la legittimità del silenzio-rigetto dopo 60 giorni.

Conclusioni

L’appello è stato quindi respinto, confermando che:

  • la realizzazione di una sopraelevazione oltre il 20% della superficie assentita rientra fra gli interventi di nuova costruzione soggetti a permesso di costruire, senza possibilità di richiedere una SCIA in sanatoria;
  • l’eventuale silenzio dell’Amministrazione equivale a tacito diniego, non potendo infatti esprimersi in maniera diversa;
  • il “decreto salva casa” non legittima la sanabilità di abusi su contenziosi preesistenti.
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