Strutture ricettive: il TAR annulla la circolare del Ministero
Sì al check in da remoto: l'identificazione de visu non esclude che, dopo il primo contatto, l’alloggio possa essere comunque utilizzato anche da soggetti non identificati
Un atto amministrativo secondario non può reintrodurre un obbligo che la legge ha eliminato. Per esempio, non è legittimo imporre ai gestori di strutture ricettive la verifica di persona dei documenti degli ospiti, senza possibilità di check in da remoto, in nome della sicurezza pubblica, senza una norma di rango primario che lo preveda.
Riconoscimento ospiti nei B&B: annullata la circolare del Ministero
A confermarlo è il TAR Lazio con la sentenza del 27 maggio 2025, n. 10210 con cui ha accolto il ricorso contro la Circolare del Ministero dell’Interno del 18 novembre 2024, prot. n. 38138, con cui si è imposto ai gestori delle strutture ricettive l’obbligo di identificazione “de visu” degli ospiti, ritenendo inadeguate le modalità di check-in da remoto e invocando esigenze di sicurezza pubblica.
La disposizione è stata contestata in quanto ritenuta lesiva del principio di proporzionalità, del diritto alla concorrenza e della libertà di iniziativa economica, oltre che in contrasto con la normativa vigente.
Ricordiamo che l’art. 109 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), nella versione modificata dall’art. 40 del D.L. n. 201/2011, ha eliminato l’obbligo per i gestori di raccogliere le generalità “de visu” mediante firma degli alloggiati. Oggi il gestore è tenuto esclusivamente ad accertare il possesso di un documento d’identità e a comunicare le generalità tramite il portale “Alloggiati Web”, come stabilito dai decreti ministeriali del 7 gennaio 2013 e del 16 settembre 2021.
Con la circolare impugnata si è tentato un ritorno al passato, reintroducendo per via amministrativa un onere che il legislatore aveva esplicitamente rimosso.
Le motivazioni del TAR
Il giudice amministrativo ha riconosciuto la natura provvedimentale della circolare, ritenendola immediatamente lesiva e impugnabile, in quanto idonea a modificare concretamente la condotta degli operatori, senza attendere un atto applicativo.
Sul piano sostanziale, il giudice amministrativo ha evidenziato:
- il contrasto con la normativa primaria: l’identificazione “de visu” è stata espunta dalla disciplina vigente per volontà del legislatore, nell’ottica di semplificare gli oneri a carico delle imprese. Reintrodurla per via di circolare si pone in violazione dell’art. 109 TULPS come riformato nel 2011;
- la violazione del principio di proporzionalità: il provvedimento non dimostra che tale modalità di identificazione sia necessaria e adeguata rispetto all’obiettivo dichiarato di sicurezza pubblica. Non viene spiegato, ad esempio, perché strumenti alternativi – come l’identificazione elettronica o da remoto – non possano garantire risultati analoghi con minore impatto;
- il difetto di istruttoria: il Ministero richiama genericamente un aumento delle locazioni brevi e il contesto del Giubileo 2025, ma senza fornire dati concreti, studi di impatto o elementi oggettivi che giustifichino l’obbligo introdotto.
La sentenza sottolinea come la misura appaia “un ritorno al passato”, in assenza di una base normativa idonea e in contrasto con lo stesso principio del buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Conclusioni
Il TAR ha accolto il ricorso e annullato la circolare ministeriale, ritenendola viziata per:
- contrasto con l’art. 109 TULPS;
- violazione del principio di proporzionalità;
- eccesso di potere per difetto di istruttoria e irragionevolezza.
L’identificazione “de visu” non può essere imposta con un atto amministrativo secondario, in assenza di una norma primaria che la preveda. Le esigenze di sicurezza pubblica devono certamente essere tutelate, ma ciò non consente di violare principi cardine del diritto amministrativo come legalità, proporzionalità e buona amministrazione.
Documenti Allegati
Sentenza