Autorizzazione integrata ambientale e modifiche per silenzio: la parola alla Corte di Giustizia UE

Autorizzazioni ambientali e diritto europeo: il TAR solleva una questione pregiudiziale sulla validità del silenzio-assenso per le modifiche impiantistiche non dichiarate come “sostanziali”

di Redazione tecnica - 27/06/2025

Può il silenzio della pubblica amministrazione equivalere a un’autorizzazione in materia ambientale? E cosa accade se un gestore qualifica come “non sostanziale” una modifica all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), ma questa si rivela poi rilevante per la salute e l’ambiente — dopo che l’amministrazione è rimasta silente? E soprattutto, la normativa italiana sul silenzio-assenso è compatibile con il diritto dell’Unione Europea?

Una questione che travalica i confini nazionali

È su questi interrogativi che si concentra l’ordinanza n. 506/2025 del TAR Lombardia, con la quale i giudici amministrativi hanno rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale interpretativa concernente l’art. 20, par. 2, della Direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali.

Il dubbio riguarda la compatibilità tra la disciplina italiana del silenzio-assenso nelle modifiche non sostanziali agli impianti (ex art. 29-nonies del d.lgs. n. 152/2006) e l’impianto normativo europeo che prevede l’obbligo di autorizzazione scritta per ogni modifica sostanziale.

Protagonista della vicenda è il gestore di un’industria ceramica che, ritenendo le modifiche apportate al proprio impianto non sostanziali, ha comunicato la modifica all’AIA alla Provincia, ai sensi dell’art. 29-nonies del D.Lgs. n. 152/2006. Trascorsi 60 giorni senza risposta, il gestore ha dato corso agli interventi, invocando il silenzio-assenso, e ha comunicato alla Provincia di ritenersi autorizzato ad apportare la modifica, stante il suo silenzio.

L’amministrazione, successivamente, ha contestato la natura della modifica. In particolare, la Provincia ha inizialmente qualificato l’intervento come modifica non sostanziale, soggetta a semplice aggiornamento dell’AIA secondo i criteri regionali. Tuttavia, nella stessa comunicazione ha poi riconosciuto che la modifica presentata comporta effetti negativi e significativi sull’ambiente e sulla salute umana, configurandosi dunque come modifica sostanziale.

A conferma di ciò, la Provincia ha ritenuto necessario attivare la procedura di conferenza di servizi ex art. 29-quater, comma 6, del D.Lgs. 152/2006, prevista proprio per le modifiche sostanziali, in quanto richiede acquisizione del parere dell’ARPA e delle eventuali prescrizioni del sindaco in materia sanitaria.

Inoltre, ha evidenziato che l’incremento del limite di emissione di COV dal punto E9 (da 20 a 50 mg/Nmc) comporterebbe un aumento potenziale del flusso di massa pari a 9.119 tonnellate annue. Per questa ragione, secondo la Provincia, l’incremento non è autorizzabile senza previa verifica di assoggettabilità alla VIA, ai sensi dell’art. 19 del Codice dell’Ambiente.

Il nodo giuridico: autorizzazione espressa o silenzio-assenso?

La questione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 29-nonies del d.lgs. n. 152/2006, che consente al gestore di procedere con le modifiche se l’autorità non si pronuncia entro 60 giorni, e alla sua compatibilità con l’art. 20, par. 2 della Direttiva 2010/75/UE, che prescrive un’autorizzazione espressa e scritta per ogni modifica sostanziale.

Secondo il TAR:

  • la norma italiana configura una fattispecie di silenzio-assenso, specialmente alla luce dell’espressione “il gestore può procedere”;
  • l’esclusione del silenzio-assenso prevista dall’art. 20 della L. n. 241/1990 per i procedimenti ambientali non prevale sulla norma speciale e successiva del Codice ambientale;
  • tuttavia, in caso di errata qualificazione della modifica da parte del gestore, anche una trasformazione rilevante per l’ambiente potrebbe ottenere un’autorizzazione per silentium, eludendo il principio europeo della previa autorizzazione espressa.

Il dubbio interpretativo e il rinvio alla Corte di Giustizia UE

In considerazione dei suddetti dubbi, il TAR ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sulla seguente questione pregiudiziale:

Se l’art. 20, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE deve essere interpretato nel senso che esso osti a una disciplina interna (come quella vigente in Italia ai sensi dell’art. 29 nonies, 1° comma, d.lgs. 152/2006) la quale preveda che, a seguito della comunicazione con cui il gestore informa l’autorità competente che intende apportare una modifica alla propria installazione, da lui qualificata non sostanziale, decorso un termine di sessanta giorni, nel silenzio dell’autorità competente, la modifica sia comunque tacitamente autorizzata, anche qualora risultasse in seguito trattarsi di una modifica sostanziale”.

Il TAR ha anche sottolineato che:

  • per il diritto europeo, l’autorizzazione deve essere scritta, motivata e completa (art. 3, n. 7 e art. 14 Dir. 2010/75/UE);
  • il gestore potrebbe in buona o mala fede qualificare erroneamente l’intervento come non sostanziale;
  • l’autorità potrebbe non accorgersene tempestivamente, con la conseguenza che una modifica sostanziale venga assentita tacitamente, senza il rispetto delle forme e garanzie previste dalla Direttiva;
  • la nuova Direttiva UE 2024/1785, pur introducendo un obbligo di reazione “in tempo utile” da parte dell’amministrazione, non chiarisce il regime autorizzativo da applicare nel silenzio.

Conclusioni

L’ordinanza apre uno scenario di grande interesse per l’intero settore ambientale e impiantistico, in particolare per le industrie soggette ad AIA. Nell’attesa della pronuncia della CGUE, si possono trarre già alcune indicazioni operative:

  • il silenzio dell’amministrazione non può mai essere considerato un via libera assoluto, specie in materia ambientale (il principio di precauzione impone massima attenzione);
  • i gestori devono valutare con rigore la natura delle modifiche progettate, documentandone la non sostanzialità in modo trasparente e prudenziale;
  • le amministrazioni devono potenziare le capacità istruttorie e rispettare i termini, ma anche valutare attentamente la possibilità di impugnare modifiche che si rivelino sostanziali, anche se “autorizzate” per silenzio.

Il giudice amministrativo ha sollevato un conflitto sistemico tra la logica della semplificazione procedimentale (silenzio-assenso) e le esigenze di tutela ambientale imposte dal diritto UE. La decisione della Corte di giustizia potrebbe imporre una revisione normativa della disciplina italiana sulle modifiche AIA, anche in chiave di maggior presidio pubblico.

Un passaggio cruciale, che potrebbe ridefinire il bilanciamento tra semplificazione procedimentale e garanzie ambientali, riscrivendo il rapporto tra diritto interno e diritto europeo in tema di autorizzazioni integrate ambientali.

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