Elementi essenziali dell’affidamento diretto: mancata verifica e falso ideologico

La Corte di Cassazione ribadisce la responsabilità del RUP per le attestazioni implicite contenute nella determina di affidamento diretto, anche in caso di mancata verifica della pregressa esperienza dell’operatore

di Pier Luigi Girlando - 01/07/2025

Come noto l’affidamento di un contratto pubblico non può prescindere dal possesso di requisiti di ordine generale (artt, 94, 95 e 98 D.Lgs. n. 36/2023) e, laddove previsti/richiesti dal bando, di carattere speciale (art.100 D.Lgs. n. 36/2023).

L’attestazione di tali requisiti avviene tramite una dichiarazione degli operatori economici, resa ai sensi del DPR 445/2000, successivamente sottoposta a controllo/verifica ante aggiudicazione da parte della Stazione Appaltante. Nel caso affrontato con il presente contributo, tuttavia, non si discute di requisiti morali e/o di partecipazione strictu sensu intesi, bensì di quegli elementi che configurano una “pregressa esperienza documentata e idonea all’esecuzione delle prestazioni contrattuali”, così come definito dall’art. 50, comma 1, lettera a) e b) del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici).

Gli elementi essenziali a base dell’affidamento diretto

Questione, quella della pregressa esperienza in caso di affidamento diretto, affrontata di recente dalla Corte di Cassazione Penale (sentenza 17 gennaio 2025, n. 2153) che - nel ribadire la centralità dell’atto unico equivalente (determina unica) in caso di affidamento ai sensi dell’art. 50 co1 lettere a) e b) del Dlgs 36/2023 - ha sottolineato l’importanza, lungi dall’assumere una funzione meramente di stile, delle attestazioni che, anche implicitamente, il Responsabile Unico di Progetto (RUP) dichiara con la determina.

È bene ribadire, infatti, che a differenza delle procedure di gara o comunque comparative disciplinate dal Codice (procedure ordinarie, procedure in deroga, procedure negoziate) per l’affidamento diretto il legislatore ha previsto un corredo di elementi minimi che devono necessariamente sussistere e, in assenza dei quali, non viene garantito nemmeno il rispetto dei principi generali posti a presidio della normativa sottosoglia.

Ci riferiamo, nel caso specifico, alla pregressa esperienza che il fornitore individuato senza gara deve possedere per ricevere l’appalto/contratto in via diretta. Oltre a questo, ricordiamo, l’assenza di una competizione tra una pluralità di operatori è controbilanciata, come previsto dall’art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023, da:

  • motivazione in ordine alla scelta del fornitore resa ai sensi dell’art. 3 L. 241/1990;
  • indicazione dell’importo della commessa;
  • possesso dei requisiti di ordine generale, fermo restando le semplificazioni in ordine alle verifiche ai sensi dell’art. 52 in caso di micro affidamenti entro 40.000 euro);
  • rispetto dei requisiti qualitativi previsti dall’art. 50 co 1 CCP (pregressa esperienza, per l’appunto);
  • rispetto dei requisiti quantitativi previsti dall’art. 50 co 1 CCP (le soglie che consentono l’affidamento diretto, ovvero 150.000 euro per llpp e 140.000 euro per f/s);
  • rispetto del principio di rotazione.

Il caso esaminato dalla Cassazione

Nell’accogliere il ricorso proposto dal PM e ribaltando l’ordinanza del Tribunale del riesame, la Corte ha chiarito due aspetti fondamentali che riguardano la funzione della determina assunta ai sensi dell’art. 17 del Codice dei Contratti, ovvero che l’assunzione della determina comporta un’attestazione implicita, da parte del RUP, in ordine alla verifica degli elementi sopra descritti, nel caso di specie quanto afferente alle documentate esperienze pregresse. Il fatto che tale percorso istruttorio non venga menzionato nell’atto unico non salva il RUP/agente dalla responsabilità penale per falso ideologico in atto pubblico, ai sensi dell’art. 479 c.p. se il presupposto è oggettivamente falso.

Conclusioni

Con l’entrata in vigore del “nuovo” Codice dei contratti viene inaugurata una stagione all’insegna del risultato – che diventa il fine, laddove la concorrenza è lo strumento per perseguirlo – e da una rinnovata fiducia che in concreto assume forma grazie all’aumento dei poteri discrezionali in capo ai pubblici funzionari.  Esempi di questa “discrezionalità 2.0.” li troviamo nei principi di auto organizzazione amministrativa, così come nella possibilità di adottare procedure che non sono fondate sulla concorrenza bensì su modelli di amministrazione condivisa nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale. Ma anche in una sorta di “invito/obbligo”, da parte del legislatore, ad adottare procedure semplificate in luogo di quelle ordinarie, laddove gli importi ridotti lo prevedano. E ancora, nella facoltà di ricorrere a subprocedimenti di verifica dei requisiti derogatori come quello previsto dal summenzionato art. 52.

Nondimeno, tali meccanismi di semplificazione – pur rappresentando una deroga alle norme di dettaglio previste per il sopra soglia – non consentono l’integrale abbattimento delle disposizioni di principio ne dovrebbero consentire l’adozione di atti privi di contenuto verificabile. Invero, se da una parte il potenziamento dell’esercizio dei poteri discrezionali rappresenta uno strumento per velocizzare e rilanciare il settore dei contratti pubblici, dall’altra tale discrezionalità comporta (dovrebbe comportare) proprio una maggiore prudenza e attenzione nel suo utilizzo.

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