Recinzione in cemento armato: serve il permesso di costruire?
Il Consiglio di Stato interviene sulla qualificazione dell’opera e sulla legittimità di un eventuale ordine di demolizione
La complessità della disciplina edilizia si manifesta in modo esemplare anche rispetto ad opere apparentemente “minori” come le recinzioni. Per esempio, ci si potrebbe chiedere quali parametri determinano l’obbligo del permesso di costruire per un intervento del genere e come valutare l’impatto di una recinzione in cemento armato sull’assetto urbanistico.
Recinzione in cemento armato: quale titolo edilizio ci vuole?
Punti su cui è intervenuto il Consiglio di Stato, con la sentenza del 12 maggio 2025, n. 4044, chiarendo i presupposti giuridici e tecnici che impongono il titolo edilizio per questa tipologia di manufatti.
Il caso trae origine da un ordine di demolizione relativo a un complesso di opere abusivamente realizzate: un capannone di circa 800 mq con struttura in cemento armato, un impianto fognario in corso d’opera e una recinzione in cemento armato con altezza variabile tra 1 e 3,50 metri.
Già in primo grado il TAR aveva respinto il ricorso, precisando che "“il permesso di costruire quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull'assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica o da opera muraria”.
Da qui l'appello: pur non contestando l’abusività del capannone, il ricorrente sosteneva che la recinzione non richiedesse il permesso di costruire, ritenendo la sua altezza insufficiente a configurare un’opera “rilevante” dal punto di vista urbanistico. Inoltre, lamentava un presunto difetto di motivazione dell’ordinanza di demolizione e la violazione delle garanzie procedimentali di cui alla legge 241/1990.
Il permesso di costruire: quando è richiesto e con quali riferimenti normativi
Per comprendere la decisione dei giudici, può essere utile richiamare le previsioni dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che definisce tassativamente gli interventi soggetti a permesso di costruire.
Si tratta, in particolare, di:
- interventi di nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e)), tra cui la realizzazione di manufatti edilizi fuori terra e interrati, recinzioni in muratura e opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
- interventi di ristrutturazione urbanistica;
- interventi di ristrutturazione edilizia “pesante”, comportanti modifiche volumetriche, prospetti, sagoma o destinazione d’uso urbanisticamente rilevante.
Per le recinzioni, la giurisprudenza ha precisato che il permesso di costruire è necessario quando si tratti di opere permanenti che incidano in modo stabile sull’assetto del territorio, come muretti in cemento armato, anche se di altezza non elevata.
Negli altri casi (recinzioni in rete metallica di modesta entità, opere precarie), è sufficiente la CILA o la SCIA, salvo diversa previsione regionale o regolamentare.
La decisione del Consiglio di Stato
Sulla base di questi presupposti, Palazzo Spada ha respinto l’appello, confermando la pronuncia del TAR.
In particolare, i giudici hanno ribadito che:
- il parametro dirimente non è esclusivamente l’altezza, bensì la natura dell’opera;
- quando la recinzione presenta carattere permanente e incide in modo stabile sull’assetto edilizio del territorio (come accade per manufatti in calcestruzzo armato), si configura un intervento di nuova costruzione ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e) del d.P.R. 380/2001, soggetto a permesso di costruire.
Ribadiscono inoltre i giudici d’appello che la natura vincolata del potere repressivo, esercitato ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, esclude l’obbligo di una motivazione specifica sull’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. Non è necessaria alcuna comparazione con interessi privati, né la valutazione di un affidamento qualificato a mantenere l’opera abusiva.
Non solo: l’adozione del provvedimento non richiede la comunicazione di avvio del procedimento (art. 7, legge 241/1990). Pertanto, non sussiste alcun vizio procedimentale per la mancata interlocuzione con il destinatario.
Conclusioni operative
In sintesi, la decisione del Consiglio di Stato evidenzia due principi di fondo:
- le recinzioni in cemento armato, anche se di altezza contenuta, sono generalmente soggette a permesso di costruire per il loro carattere permanente e per l’incidenza urbanistica.
- l’ordine di demolizione di opere abusive è un atto vincolato: non richiede una motivazione sull’interesse pubblico né la preventiva comunicazione di avvio del procedimento
Sotto il profilo tecnico, la realizzazione di una struttura con fondazioni e opere murarie incide sulla morfologia del lotto e modifica l’assetto insediativo. Richiede, pertanto, un’attenta valutazione dell’impatto sul carico urbanistico (accessi e compartimentazioni), dell’integrazione con la disciplina dei confini e delle distanze (art. 873 c.c.) e della rispondenza ai parametri urbanistici previsti dal Piano Regolatore e dal regolamento edilizio comunale.
La corretta qualificazione dell’intervento diventa quindi fondamentale, evitando di minimizzare l’impatto delle opere “accessorie” rispetto al fabbricato principale.
Documenti Allegati
Sentenza