Vietato il rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni
per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in
concessione a soggetti iscritti in appositi albi. In tema di
rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto non vi è alcuno
spazio per l'autonomia contrattuale delle parti, ma vige il
principio che, salvo espresse previsioni dettate dalla legge in
conformità della normativa comunitaria, l'amministrazione, una
volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità
di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova
gara.
Questo in sintesi quanto affermato dalla sentenza n. 3391 dello
scorso 7 luglio, mediante la quale i giudici di Palazzo Spada hanno
definitivamente posto la parola fine alla possibilità di prevedere
il rinnovo di un contratto stipulato da una pubblica
amministrazione per la fornitura di beni e servizi.
Tale affermazione parte dall'analisi dell'art. 6, comma 1 della
Legge 24 dicembre 1993, n. 537 dopo la modifica introdotta
dall'art. 44 della L. 23 dicembre 1994, n. 724, che disponeva
"è vietato il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche
amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi
compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in
appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto
divieto sono nulli. Entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le
amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza
e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi
e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la
volontà di procedere alla rinnovazione".
La successiva legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004),
all'art. 23, comma 1 ha poi eliminato l'ultimo periodo del
precedente comma 1, art. 6 della legge 537/1993, abrogando dunque
la possibilità di procedere al rinnovo del contratto senza regolare
gara. Il successivo comma 2 della legge 62 ha poi consentito solo
la
"proroga" dei contratti per acquisti e forniture di beni
e servizi
"per il tempo necessario alla stipula dei nuovi
contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza
pubblica".
Tuttavia, i sostenitori della possibilità di poter rinnovare i
contratti pubblici hanno fatto presente che all'interno del codice
dei contratti e precisamente all'art. 29, commi 1 e 10, viene
citata la parola rinnovo, lasciando intendere una sua
legittimità.
I giudici di Palazzo Spada hanno poi ricordato la decisione n. 6457
del 31 ottobre 2006, chiarendo che l'abrogazione del rinnovo
espresso dei contratti delle pubbliche amministrazioni era stata
effettuata al fine di procedere all'archiviazione di una procedura
comunitaria (n.2003/2110) che riteneva incompatibile tale rinnovo
con i principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei
servizi cristallizzati negli artt.43 e 49 del Trattato CE e con la
normativa europea in tema di tutela della concorrenza
nell'affidamento degli appalti pubblici Come affermato nella
sentenza:
"all'eliminazione della possibilità di provvedere al
rinnovo dei contratti di appalto scaduti, disposta con l'art.23
della legge n.62/2005, deve assegnarsi una valenza generale ed una
portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre
disposizioni dell'ordinamento che si risolvono, di fatto,
nell'elusione del divieto di rinnovazione dei contratti
pubblici."
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