Decentramento del catasto ai comuni bocciato nuovamente dal
Consiglio di Stato che, con l'ordinanza n. 4474 dello scorso 26
agosto, ha ritenuto l'appello presentato dall'Associazione
Nazionale dei Comuni d'Italia (ANCI), da 315 comuni, 2 associazioni
di comuni e una comunità montana, un problema di natura
organizzativa, considerando il danno paventato
né grave né
irreparabile.
In particolare, l'appello era stato presentato per la sospensione
degli effetti esecutivi della sentenza del TAR di Roma n. 4259 del
15 maggio scorso, mediante la quale era stato annullato il decreto
del Presidente del Consiglio Prodi per il decentramento delle
funzioni catastali ai Comuni del 14 giugno 2007 nonché il
Protocollo di intesa tra l'Agenzia del territorio e l'ANCI del 4
giugno 2007.
A comunicarlo è stato il Presidente della Confedilizia,
Corrado
Sforza Fogliani, che ha dichiarato:
"La nostra fiducia nella
giustizia amministrativa è stata confortata dalle decisioni sia del
Tar che del Consiglio di Stato. Il Governo ha ora campo libero per
provvedere ad una riforma del Catasto che corrisponda alle esigenze
di un fisco giusto ed equo, basato sulla redditività - reale o
imputata -
degli immobili così come del resto prevede il
programma elettorale delle forze politiche premiate
dall'elettorato".
Confedilizia aveva contestato la legittimità del DPCM 14 giugno
2007 in quanto il suo contenuto, in particolare con riferimento a
quanto disposto nell'art. 3, non corrisponderebbe alla voluntas
legis espressa negli artt. 65 e 66 del decreto legislativo n. 112
del 1998, così come modificati dall'art. 1, comma 194, della legge
n. 296 del 2006. Secondo quanto sostenuto, più specificamente le
disposizioni recate dal decreto impugnato determinerebbero un
improprio ed illegittimo trasferimento "a tutto campo" delle
funzioni amministrative ai Comuni in materia di catasto, in aperto
contrasto con l'intendimento legislativo volto a limitare il
suddetto trasferimento ad alcune attività, sicuramente non
decisorie e comunque circoscritte alla partecipazione al processo
di determinazione degli estimi catastali, fermo restando il
principio, discendente dall'art. 65 del decreto legislativo n. 112
del 1998, di gestione unitaria e certificata della base dei dati
catastali e dei flussi di aggiornamento assicurata dall'Agenzia del
territorio.
Ancor più in particolare, l'avere attribuito ai Comuni il compito
di definire l'aggiornamento della banca dati catastale sulla base
delle proposte di parte ovvero sulla base di adempimenti d'ufficio,
da un lato condurrebbe ad attribuire a quegli enti locali una
competenza connotata da un elevato margine di apprezzamento
discrezionale che inciderebbe, evidentemente, sulla unitarietà del
sistema catastale nazionale nonché, per altro verso, provocherebbe
anche il rischio di consentire determinazioni della rendita
catastale con stima diretta per ogni singola unità, con evidenti
ripercussioni non solo sul principio di uniformità del catasto ma
sostanzialmente e concretamente in tema di eguaglianza tra
cittadini.
Al comunicato di Confedilzia che di fatto vede nell'ordinanza del
Consiglio di Stato una ulteriore prova dell'illegittimità del
decreto impugnato, è seguito quello dell'ANCI che ha ricordato che
l'ordinanza nega semplicemente la sospensione cautelare degli
effetti della sentenza del TAR di Roma, ammettendo che l'appello
presentato dovrà ancora essere discusso.
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