Non è discriminatoria la forma giuridica nei riguardi di una
società partecipante ad una gara per l'affidamento di servizi
pubblici locali, alla quale può concorrere qualsivoglia soggetto,
anche in forma societaria differente dalla società per azioni.
Questo è quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato n.
4242 dello scorso 8 settembre, mediante la quale i giudici di
Palazzo Spada sono intervenuti riprendendo la sentenza della Corte
di Giustizia Europea n. 357 del 18 settembre 2007 che ha stabilito
la non conformità di alcune disposizioni nazionali che di fatto
andavano contro la direttiva del Consiglio 92/50/CE, impedendo ad
operatori economici di presentare offerte, soltanto per il fatto
che tali offerenti non avevano la forma giuridica corrispondente ad
una determinata categoria di persone giuridiche, ossia quella delle
società di capitali.
In particolare, i giudici di Palazzo Spada sono dovuti intervenire
in seguito al rifiuto del TAR del Molise di accogliere il ricorso
presentato da una società configurata giuridicamente come una
società in nome collettivo (s.n.c.), esclusa da un bando per
l'affidamento dei servizi di raccolta, trasporto e conferimento di
rifiuti solidi urbani, raccolta differenziata e servizi di igiene e
tutela ambientale in quanto non essendo società di capitali, non
doveva essere ammessa alla gara, ai sensi dell'art. 113 del
T.U.E.L. di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000 e s.m.i.
I giudici di Palazzo Spada hanno fatto notare come nelle more
dell'appello di primo grado è intervenuta la direttiva comunitaria
per la disapplicazione delle disposizioni nazionali come quelle
costituite dagli art. 113 comma 5 D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 198
comma 1 D.Lgs. n. 152 del 2006 e art. 2 comma 6 l.reg. Lombardia n.
26 del 2003, articoli che avevano portato di fatto all'esclusione
dalla gara della società configurata come s.n.c.
Dunque la società ha avuto ragione ma solo
a posteriori.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, respinto la seconda parte del
ricorso in cui viene richiesto il risarcimento del danno alla
pubblica amministrazione che ha escluso la società dalla gara. I
giudici di Palazzo Spada ha osservato come l'esclusione della
società era avvenuta a seguito dell'osservazione di una ditta
concorrente sulla possibilità di aggiudicare il servizio oggetto
della gara solo a società di capitali e sull'impossibilità di
ammettere i soggetti costituiti nella forma della società in nome
collettivo, in base appunto all'art. 113 comma 5, lett. a) del
D.Lgs. n. 267 del 2000.
Nessun appunto, sotto il profilo dell'ordinaria diligenza, può
essere mosso al comportamento del Comune che aveva ritenuto
doveroso escludere la società appellante dalla gara senza che
all'epoca esistesse alcun obbligo di disapplicare la disposizione
di diritto interno contraria all'ammissione degli operatori
economici costituiti in forma diversa dalla società di
capitali.
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