Ai fini dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), il
contemporaneo utilizzo di più di un'unità catastale come abitazione
principale non costituisce ostacolo all'applicazione dell'aliquota
prevista per l'abitazione principale medesima a tutte le unità che
ne fanno parte, sempre che il derivato complesso abitativo
utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo
compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il numero delle
unità catastali ma l'effettiva utilizzazione ad abitazione
principale dell'immobile complessivamente considerato.
Questo in sintesi il contenuto della Sentenza 25902 dello scorso 29
ottobre, mediante la quale i giudici della Suprema Corte sono
dovuti intervenire in merito al ricorso presentato da un
contribuente contro la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale che aveva disatteso il suo precedente appello contro la
decisione del Tribunale Provinciale che aveva a suo volta respinto
il suo precedente ricorso contro il provvedimento del Comune per il
ricalcolo dell'ICI.
Ma analizziamo i fatti.
Il contribuente, co-proprietario con la moglie di due unità
immobiliari poste su due piani differenti ma comunicanti tra loro
per la necessaria conduzione di una normale vita familiare, aveva
calcolato e versato l'ICI applicando l'aliquota agevolata prevista
per l'abitazione principale ad entrambe le unità immobiliari.
Il Comune di appartenenza, rivendicando la risoluzione n. 6 del 7
maggio 2002 del Dipartimento delle Politiche fiscali -
"per
poter usufruire per intero degli effetti sia dell'aliquota ridotta
sia della detrazione sarebbe opportuno che il contribuente richieda
l'accatastamento unitario dei due distinti cespiti" - e il
parere del 15 giugno 2001 della Direzione Regionale della Lombaria
dell'Agenzia delle Entrate -
"l'abitazione principale dislocata
su due livelli come da risultanze catastali, non può essere
considerata un'unica abitazione" - aveva provveduto alla
rideterminazione dell'ICI per uno dei due immobili.
La Commissione Tributaria Regionale aveva disatteso l'appello del
contribuente osservando che due distinte unità immobiliari
accatastate separatamente non possono godere dell'aliquota
agevolata prevista per l'abitazione principale, non trattandosi di
due piccoli appartamenti che, trovandosi sullo stesso piano,
possono essere, in occasione di una loro ristrutturazione, uniti in
un'unica abitazione da destinare a prima casa.
Ma i giudici della Suprema Corte, disattendendo a quanto sostenuto
in precedenza, ha chiarito innanzitutto che:
- la lettera e), art. 59 del Dlgs 446/1997 ha espressamente
previsto la possibilità per il comune di considerare abitazioni
principali, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta od
anche della detrazione per queste previste, quelle concesse in uso
gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il
grado di parentela con la conseguenza che debbono essere
considerate abitazioni principali tutte quelle concesse in uso
gratuito a parenti;
- il comma 4, art. 5-bis del DL 86/2005 ha sostenuto che, al fine
di incrementare la disponibilità di alloggi da destinare ad
abitazione principale, si è concesso ai comuni la possibilità di
deliberare la riduzione, anche al di sotto del limite minimo
previsto dalla legislazione vigente, delle aliquote dell'imposta
comunale sugli immobili stabilite per gli immobili adibiti ad
abitazione principale del proprietario….
Il concetto di abitazione principale non risulta, dunque, legato a
quello di unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta al
catasto., né può limitarsi ad una unità catastale. Per tale motivo
l'
accatastamento unitario previsto dal Comune non
risulta essere rispettoso della finalità legislativa di ridurre il
carico fiscale sugli immobili adibiti ad abitazione principale.
La Suprema Corte ha, in definitiva, affermato il principio secondo
il quale ai fini dell'Imposta Comunale sugli Immobili, il
contemporaneo utilizzo di più di un'unità catastale come abitazione
principale non costituisce ostacolo all'applicazione dell'aliquota
prevista per l'abitazione principale medesima a tutte le unità che
ne fanno parte, sempre che il derivato complesso abitativo
utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo
compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il numero delle
unità catastali ma l'effettiva utilizzazione ad abitazione
principale dell'immobile complessivamente considerato.
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