L'ordine di demolizione risulta essere illegittimo se è stato
adottato dall'ente civico prima di aver risposto alla pendente
domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere
sanzionate. L'amministrazione, secondo evidenti principi di
correttezza ed imparzialità, è tenuta infatti ad esplicitare le
ragioni dell'eventuale diniego sulla domanda di legittimazione
edilizia proposta, prima di intraprendere iniziative mirate alla
demolizione delle opere oggetto della domanda ancora pendente.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 1195 dello
scorso 10 novembre, mediante la quale il Tribunale Amministrativo
Regionale per l'Abruzzo ha accolto parzialmente il ricorso
presentato da una società in accomandita semplice in seguito
all'emissione da parte dell'Ente comunale di un provvedimento
demolitorio e un'ordinanza di sospensione lavori.
In particolare, la società istante lamentava in primis una errata e
travisata qualificazione giuridica dell'intervento edilizio in
questione da parte dell'Ente comunale, il quale avrebbe
ingiustamente postulato nella fattispecie la necessità di una
concessione edilizia.
In tal senso, il TAR abruzzese ha condiviso la tesi istante
precisando che nell'ordine di demolizione non è implicito alcun
diniego alla domanda di autorizzazione della società istante;
diniego che avrebbe, invece, dovuto esplicitarsi attraverso una
risposta formale, precedente l'ordine di demolizione. Nel caso in
esame, l'ordine di demolizione è stato adottato dall'ente civico
prima di aver risposto alla pendente domanda di autorizzazione
formulata dalla società ricorrente, in relazione alle medesime
opere sanzionate.
Seppure la segnalata priorità logica non postula necessariamente
anche una priorità cronologica, ciò non di meno resta pur sempre
necessaria una formale ed esplicita pronuncia sull'istanza
proposta, senza che possano ritenersi sufficienti, per argomentare
un esito negativo più o meno implicito dell'istanza stessa,
considerazioni non puntuali che lascerebbero intendere l'assenza di
spazi favorevoli al rilascio della chiesta autorizzazione. Tali
argomentazioni possono semmai assumere valenza nei congrui casi -
dopo l'entrata della legge 15/2005 - di un mero preavviso di
diniego, dovendo la pubblica amministrazione procedente esternare
in modo chiaro e concludente la definitiva chiusura del
procedimento autorizzatorio attivato con l'istanza di parte.
Per quanto concerne invece il provvedimento di sospensione dei
lavori, i giudici del TAR hanno ritenuto doveroso respingere
l'istanza, in quanto l'ordine di sospensione lavori è un
provvedimento preordinato ad evitare che l'opera in corso di
realizzazione (in pacifica carenza di un titolo edilizio) possa
essere ultimata nella protrazione del suo stato antigiuridico, in
conformità ai poteri-doveri di vigilanza di cui è titolare l'ente
civico.
Non si tratta, dunque, di disporre la demolizione di quanto ormai
già costruito, ma solo di porre un freno allo sviluppo costruttivo
di un'opera comunque abusiva; resta inteso che in una simile
circostanza, il fatto che sia pendente una domanda autorizzatoria
sulle opere in fieri non può giuridicamente impedire l'iniziativa
inibitoria del comune, da assumere piuttosto con la maggiore
possibile tempestività, pena la frustrazione e l'inutilità del
provvedimento stesso una volta ultimato il programma costruttivo in
itinere.
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