Nella gare d'appalto, i requisiti di ammissione non possono
eccedere rispetto all'oggetto della gara e, una sproporzione tra
requisiti e finalità perseguite, si traduce in una conseguente
ingiustificata compressione della platea dei possibili concorrenti
e, dunque, in un'altrettanto ingiustificata limitazione
dell'interesse pubblico alla selezione della migliore offerta che
il settore di mercato realmente interessato può esprimere. Da ciò,
una sproporzione ed ingiustificata richiesta di requisiti di
ammissione rispetto l'oggetto della gara è motivo sufficiente per
l'annullamento della stessa.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza 6534 dello scorso
23 dicembre, mediante la quale i giudici del Consiglio di Stato
hanno confermato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio che aveva accolto il ricorso proposto per l'annullamento
del bando della gara indetta per l'affidamento dei servizi di
parcheggi pubblici senza custodia e di pulizia dei bagni pubblici
ed il relativo disciplinare, nella parte in cui si prevedeva come
requisito di ammissione alla procedura l'iscrizione all'albo dei
soggetti abilitati all'attività di liquidazione ed accertamento dei
tributi e delle entrate delle province e dei comuni istituito
presso il ministero dell'economia e delle finanze, nonché
l'aggiudicazione provvisoria in favore dell'attuale appellante al
Consiglio di Stato.
In particolare, la gara oggetto della controversia riguardava
l'affidamento del servizio di gestione dei servizi di parcheggi
pubblici a pagamento senza custodia e di pulizia dei bagni pubblici
ed in particolare la parte relativa ai requisiti minimi di
partecipazione prescritti dal bando e dal disciplinare di gara, in
cui la stazione appaltante aveva previsto l'iscrizione all'albo dei
soggetti abilitati alle attività di liquidazione ed accertamento
dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni, istituito
presso il ministero dell'economia e delle finanze. Tale requisito
aveva causato l'esclusione automatica di alcune società sprovviste
di questo.
Il giudice in primo grado ha ritenuto che l'inserimento di tale
requisito sia stato ingiustificato e abbia limitato la concorrenza,
dal momento che il servizio da affidare non avrebbe comportato
accertamento e liquidazione di entrate comunali: l'esazione della
sosta, infatti, non implicherebbe maneggio di pecunia pubblica,
poiché le tariffe di sosta consistono in entrate dell'affidatario,
essendo invece entrata comunale il solo canone da versare all'Ente;
né sarebbe ravvisabile un esercizio di potestà pubblicistiche, di
tipologia tale da richiedere l'iscrizione all'albo in questione
nell'attività degli ausiliari del traffico incaricati
dell'accertamento delle violazioni, stante la riserva in favore
della polizia municipale della procedura sanzionatoria
amministrativa e della organizzazione del servizio.
Per tale motivazione, era stato accolto l'appello in primo
grado.
Successivamente e contro la sentenza di primo grado l'appellante
vincitore del bando ha evidenziato che:
- la natura del servizio oggetto di affidamento quale attività di
liquidazione e accertamento delle entrate comunali;
- a discrezionalità delle amministrazioni appaltanti di inserire
i requisiti di partecipazione diversi, ulteriori e più restrittivi
di quelli imposti dalla legge, con l'unico limite della logicità,
ragionevolezza, proporzionalità e rispondenza ad un interesse
effettivo, a garanzia di un accesso ragionevolmente ampio alla
procedura;
- a conformità del bando di gara con i principi comunitari.
Riguardo al primo punto, i giudici di Palazzo Spada hanno
evidenziato come nello specifico caso concreto in esame non vi è
affatto esercizio di attività accertativa di entrate comunali;
infatti la semplice esazione delle tariffe di sosta, costituenti i
ricavi del gestore, non sono entrate comunali ed, inoltre, gli
ausiliari del traffico hanno il solo compito di emettere gli avvisi
di violazione al Codice della Strada, la cui copia deve essere
consegnata al Comando di Polizia locale per i successivi
adempimenti. In altri termini, va escluso che vi sia un'attività
concernente l'accertamento, la liquidazione e la riscossione di
entrate comunali, per la quale l'art. 52 del d.lgs. 15 dicembre
1997 n. 446 richiede che, qualora non esercitata direttamente
dall'ente locale, sia affidata a soggetti iscritti all'albo dei
soggetti abilitati alle attività di liquidazione ed accertamento
dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni, istituito
presso il ministero dell'economia e delle finanze.
Per quanto concerne il secondo punto, i giudici del Consiglio di
Stato hanno ricordato il divieto di cui all'art. 42, comma 3, del
d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, secondo cui le richieste della
stazione appaltante non possono eccedere l'oggetto
dell'appalto.
Infine, riguardo la conformità del bando di gara ai principi
comunitari di ammissibilità degli elenchi ufficiali di prestatori
di servizi di cui alla direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE,
trasferiti nel d.lgs. n. 163 del 2006, i giudici hanno evidenziato
come il principio immanente nell'ordinamento nazionale richiede che
i livelli minimi di capacità richiesti per un determinato appalto
devono essere connessi e proporzionati all'oggetto
dell'appalto.
In definitiva, l'appello è stato respinto confermando quanto
stabilito in primo grado.
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