Nel caso di intervento edilizio destinato a servizi collettivi da
realizzarsi all'interno di una proprietà privata, non è necessario
ricorrere alla procedura di evidenza pubblica prevista dall'art.
32, comma 1, lettera g) del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs.
163/2006), in quanto non si tratta né della realizzazione di lavori
pubblici, né della realizzazione di opere di urbanizzazione
secondaria a scomputo degli oneri afferenti una licenza di
costruzione, ma di esercizio dello
ius aedificandi da parte
del proprietario nel rispetto della destinazione ad uso collettivo
dell'intervento edilizio.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 157 dello sconto
30 gennaio, mediante la quale il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Puglia è intervenuto in risposta al ricorso presentato
contro il provvedimento di un comune con il quale si sosteneva che
l'intervento edilizio proposto dal ricorrente, che prevedeva la
realizzazione diretta di interventi per servizi collettivi sul
suolo edificatorio in possesso del ricorrente stesso e compreso in
un piano particolareggiato che prevedeva insediamenti destinati a
servizi pubblici o collettivi, non si poteva effettuare in quanto
si doveva attuare una procedura ad evidenza pubblica del promotore
(project financing), secondo quanto previsto dall'art. 32, comma 1,
lettera g) del D. Lgs. 163/2006.
In particolare, il Comune in questione sosteneva che un intervento
edilizio per servizi collettivi debba essere assoggettato alla
procedura di evidenza pubblica. Questo in quanto il D. lgs. 113 del
2007 che ha integrato l'art. 32, comma 1, lett. g), nonché l'art.
122, comma 8 del D. lgs. 163 del 2006 avrebbero ricalibrato le
regole per l'individuazione dei soggetti esecutori delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, imponendo:
- una procedura di gara secondo il quadro prefigurato dalla parte
II del d. lgv. 163 del 2006, indetta ed effettuata dal privato
titolare del permesso di costruire che viene ad essere assimilato
ad una amministrazione aggiudicatrice;
- una procedura prevista dall'amministrazione che rilascia il
titolo per costruire ove il soggetto privato richiedente assuma il
ruolo di promotore e realizzi il progetto preliminare che pone a
disposizione dell'amministrazione affinché possa effettuare la gara
e aggiudicare i lavori.
I giudici del TAR hanno osservato che l'art. 32, comma 1, lettera
g) annovera tra i contratti soggetti alle regole dell'evidenza
pubblica i
lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti
privati titolari di permesso di costruire, che assumono in via
diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo
totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del
permesso.
Secondo quanto previsto dai principi in materia urbanistica nel
settore delle lottizzazioni e successivamente trasfusi in norme di
legge, il titolare del permesso di costruire è tenuto a
corrispondere al Comune la quota di contributo relativa agli oneri
di urbanizzazione all'atto del rilascio del permesso di costruire;
in alternativa, può realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale della quota dovuta.
Come stabilito dai giudici del TAR, il caso in esame tratta un
intervento edilizio destinato a servizi collettivi da realizzarsi
direttamente dal privato proprietario dell'area e che rimane nella
proprietà del privato, che è tenuto solo a mantenerne la
destinazione ad uso collettivo in conformità alle disposizioni del
piano particolareggiato che disciplina l'area. La fattispecie è,
dunque, diversa da quella dell'art. 32, comma 1, lettera g) del d.
lgv. 163 del 2006.
Nella sua difesa, il Comune ha obiettato che l'art. 4 delle norme
tecniche di attuazione del piano particolareggiato (insediamenti
per servizi pubblici o collettivi) stabilisce che
"l'approvazione del P.P. costituisce dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza e indifferibilità di tutte le opere in esso
previste e, pertanto, le aree destinate a servizio degli
insediamenti per attività produttive, e cioè quelle destinate a
spazi pubblici o ad attività collettive, a verde pubblico o a
parcheggi, vengono espropriate o cedute volontariamente ed
acquisite al patrimonio del Comune".
Ma nell'argomentare la sua tesi, il TAR ha ricordato che la stessa
disposizione prevede che la utilizzazione edilizia nell'ambito del
piano, può essere anche di iniziativa privata, ove sia relativa
alla costruzione e gestione di uffici consortili, posto di pronto
soccorso, uffici comunali, mensa e bar, officine e similari, previa
stipula di una convenzione che disciplina impegni e oneri, onde
assicurarne la destinazione a servizi collettivi.
Nelle norme tecniche di attuazione in relazione alle aree di uso
pubblico si stabilisce in via generale che le aree per
urbanizzazioni primarie e secondarie nelle zone di espansione sia
residenziali che produttive devono essere cedute dai lottizzanti al
Comune oppure acquisite dal Comune col piano particolareggiato.
Consente, però, che le opere di urbanizzazione secondaria possano
essere di proprietà privata con il solo onere di regolamentare con
convenzione e idonee garanzie l'uso, salva la facoltà del Comune,
nel termine di 12 mesi dalla presentazione della istanza del
privato, di realizzare direttamente l'opera acquisendone
l'area.
Nel caso in esame, non avendo il Comune espropriato il suolo, né
esercitato nei termini il diritto di realizzare direttamente
l'opera di interesse collettivo, è rimasta al privato proprietario
dell'area la facoltà di realizzare direttamente l'infrastruttura,
in conformità alle norme regolamentari del comune e, quindi con
l'assunzione a mezzo convenzione dell'onere di garantirne la
destinazione d'uso.
In definitiva, il TAR ha accolto il ricorso del privato, ritenendo
che il caso in questione è estraneo dalla previsione dell'art. 32,
comma 1, lett. g) del codice dei contratti pubblici, poiché non si
tratta né della realizzazione di lavori pubblici, né della
realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria a scomputo
degli oneri afferenti una licenza di costruzione, ma di esercizio
dello ius aedificandi da parte del proprietario nel rispetto della
destinazione ad uso collettivo dell'intervento edilizio.
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