Le terze parti lese da azioni intraprese sulla base di una denuncia
di inizio attività (d.i.a.) hanno diritto all'azione di
accertamento autonomo entro sessanta giorni, a decorrere dal
completamento dei lavori. In questi termini la sentenza n. 717 del
9 febbraio 2009 del Consiglio di Stato ha analizzato un importante
istituto: la d.i.a. e, in particolar modo, gli strumenti che le
terze parti hanno per tutelarsi da eventuali lesioni ai proprio
diritti.
Il Consiglio di Stato è stato chiamato a giudicare sulla sentenza
del TAR che aveva annullato la d.i.a., ritenendo che benché
l'attività richiesta rientrasse tra quelle previste per la d.i.a.,
esse costituissero comunque un intervento di rilevante alterazione
del territorio.
La preoccupazione principale dell'organo preposto al giudizio è
stata quella di accertare che venissero in ogni caso mantenuti e
conservati i diritti di tutela delle terze parti, che possono
essere lesi in azioni intraprese attraverso l'istituto della
d.i.a.
Ha costituito preoccupazione del CdS mantenere una analisi
giuridica dell'istituto affinché le peculiarità dello stesso e la
tutela dei diritti dei terzi potessero convivere. Si legge infatti
nella sentenza che
"L'effettività della tutela deve essere
assicurata al terzo mediante strumenti diversi dall'azione di
annullamento, che siano perfettamente compatibili con la natura
privatistica della d.i.a."
Lo strumento di
accertamento autonomo sembrerebbe allora
l'unico prospettabile per i terzi. Il CdS ritiene sia importante
individuare le modalità per
"l'ammissibilità di una azione di
accertamento nel processo amministrativo da parte del terzo che si
ritenga leso dell'attività iniziata sulla base della
d.i.a.."
Il diritto di esperibilità dell'azione di accertamento autonomo
risulta secondo il CdS confermato dall'art.24 della Costituzione
osservando che "
mancando il provvedimento da impugnare, una
simile azione risulti necessaria per la soddisfazione concreta
della pretesa sostanziale del ricorrente ". Nella sentenza si
fa presente come il diritto di accertamento risulti originarsi
dall'esigenza di "
eliminare una lesione già in atto,
determinata dalla difformità tra lo stato di fatto e lo situazione
di diritto, a causa della già intrapresa realizzazione di un
intervento edilizio non consentito in base alle semplice
d.i.a. "., configurando così una tutela a posteriori.
Il Consiglio di Stato interviene poi ad individuare i termini per
l'azione di accertamento autonomo, considerando come punto di
partenza il fatto che un terzo che si considerasse leso da
un'azione derivante da una d.i.a. "
deve avere, in linea di
principio, le stesse possibilità di tutela che avrebbe avuto a
fronte di un provvedimento di autorizzazione rilasciato dalla
P.A ", sottoponendolo dunque allo stesso termine di decadenza,
ovvero sessanta giorni. A tal proposito si specifica nella sentenza
che il termine per proporre l'azione di accertamento si deduce
iniziato a decorrere quando "
la costruzione realizzata rivela
in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche
dell'opera" e
"il termine decorre non con il mero inizio
dei lavori, bensì con il loro completamento."
Il ricorso presso il Consigli di Stato si è con tali motivazioni
espresso per l'annullamento della predetta sentenza, pur tuttavia
osservando che "
non vi sono ostacoli ad ammettere una azione
diretta ad ottenere l'accertamento, da parte del Giudice
amministrativo, dell'inesistenza dei presupposti per intraprendere
l'attività in base alla d.i.a. medesima ".
A cura di
Nicoletta
Trapani
© Riproduzione riservata