Torniamo sull’argomento relativo alla edificabilità dei
terreni alla luce di una sentenza della Corte di Cassazione e
precisamente alla sentenza n. 9131 del 19 aprile 2006 in cui è
stata ritenuta edificabile un terreno sul quale era stata eretta
una costruzione in modo del tutto abusivo.
Vale la pena ricordare che l’articolo 11-quaterdecies, comma 16,
della legge n. 248/2005 (collegato alla Finanziaria 2006) ha posto
termine al contenzioso tra i Comuni ed i contribuenti sul momento
dal quale va pagata l’imposta comunale immobili (ICI) sulle aree
edificabili precisando che un’area deve essere considerare
edificabile se la stessa risulta tale nello strumento urbanistico
generale.
Diversa è l’interpretazione che dà la Cassazione con la citata
sentenza in cui precisa che ai fini dell’imposta di registro va
considerata edificabile e quindi di valore maggiore rispetto
all’area agricola, sia l’area così qualificata nella pianificazione
urbanistica comunale (cosiddetta "edificabilità di diritto")
sia l’area che sia di fatto edificabile (cosidetta
"edificabilità di fatto"), per tale intendendosi quella la
cui edificabilità possa essere ricavata "in modo indiretto
dall’esistenza, di una situazione concreta da considerare in
rapporto a una serie di elementi oggettivi" collegati con lo
sviluppo urbanistico della zona e precisamente, ad esempio:
a) dalla vicinanza del centro abitato;
b) dallo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti;
c) dall’esistenza di servizi pubblici essenziali;
d) dalla presenza di opere di urbanizzazione primaria;
e) il collegamento con i centri urbani già organizzati.
insomma dalla esistenza di un qualsiasi altro elemento obiettivo di
incidenza sulla destinazione urbanistica anche se, nel caso di
costruzioni abusive, l’abusività di una costruzione non è di per sé
idonea a trasformare in edificatoria la natura del terreno su cui
sorge, una data area può tuttavia avere una vocazione edificatoria
(anche se essa non sia prevista nello strumento urbanistico) in
quanto la sua edificabilità (variamente definibile come "non
programmata", "fattuale" o "potenziale") sia evidenziata attraverso
la constatazione "di una serie di fatti indici" come ad esempio
quelli elencati nei precedenti punti da a) ad e).
La Corte di Cassazione, nella sentenza, precisa che l’edificabilità
"di fatto" è ben conosciuta nella legislazione vigente, in quanto
essa è presa in considerazione sia nell’ambito della disciplina
della base imponibile dell’ICI (articolo 2, comma 1, lettera b) del
DLGS 30 dicembre 1992 n. 504) sia al fine della determinazione
dell’indennità di espropriazione (articolo 5-bis, comma 3, legge 8
agosto 1992 n. 359 e articolo 37, comma 5, Dpr 8 giugno 2001 n.
327).
La Corte di Cassazione ha così ritenuto, nel caso specifico, di
applicare la maggiore imposta di registro prevista per le aree
edificabili.
In verità, se nel campo dell’ICI, la legge contempla una
"edificabilità di fatto", nell’ambito del registro
l’articolo 52 del DPR n. 131/1986 si esprime nel senso che sono da
ritenere edificabili (e quindi a essi non si applica il sistema dei
moltiplicatori ma quello del valore venale) "i terreni per i quali
gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria":
insomma, nell’ambito del registro non sembra esserci spazio per una
"edificabilità di fatto", ma sembra che la Corte di
cassazione con la citata sentenza n. 9131 del 19 aprile 2006 abbia
dimenticato tale articolo.
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