Un team di ingegneri, geologi, fisici, esperti di statistica e di
analisi storico-ambientali, nell'ambito di una convenzione tra ENEA
e Regione Lazio, hanno messo a punto una nuova metodologia per la
classificazione sismica del territorio regionale. Ne parliamo con
Dario Rinaldis e Guido Martini rispettivamente ingegnere e geologo
del Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo
Sostenibile, Sezione Prevenzione Rischi Naturali e Mitigazione
Effetti.
L'ENEA ha stipulato una Convezione con la Regione Lazio per la
nuova classificazione sismica di tutto il territorio regionale.
Perché è stata attivata?
Dal 1998, ai sensi del Decreto Legislativo 112/98, è delegata alle
regioni l'individuazione delle zone sismiche presenti nei
rispettivi territori. In ottemperanza a quanto disposto
dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.
3274/03, la Regione Lazio ha riclassificato sismicamente il suo
territorio con la Delibera di Giunta Regionale n. 766/03. La
successiva Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.
3519/06 ha stabilito i nuovi criteri per la classificazione sismica
del territorio nazionale rendendo di fatto necessario un
aggiornamento della classificazione regionale. E' in questo quadro
normativo che nel 2006 è stata firmata una Convenzione tra ENEA e
Regione Lazio per l'analisi della sismicità regionale ai fini
dell'individuazione di classi di comuni con situazioni omogenee di
scuotibilità in occasione di eventi sismici; tale convenzione è
diventata operativa il 1° dicembre 2006.
Quando si è conclusa?
Un anno fa nei primi mesi del 2008. I risultati scientifici delle
attività sono stati presentati nel corso della XIV Conferenza
Mondiale di Ingegneria Sismica tenutasi a Pechino nell'ottobre
2008. Sulla base dei risultati ottenuti, insieme ai geologi della
Regione, i comuni del Lazio sono stati suddivisi secondo le diverse
classi di pericolosità sismica. E' stato raggiunto l'obiettivo
della definizione di accelerogrammi di riferimento per ogni zona
del territorio regionale, con caratteristiche di sismicità
omogenee. Nelle intenzioni dei tecnici regionali, tali
accelerogrammi dovranno rappresentare gli standard di input sismico
per i progettisti e geologi che operano per la pianificazione
territoriale.
Quali parametri di pericolosità sono stati analizzati?
L'indagine è stata condotta sia analizzando la sismica storica che
ha interessato il territorio regionale, sia i parametri di
accelerazione al sito previsti dalla normativa vigente. Nel primo
caso sono stati identificati i massimi livelli di intensità sismica
locale risentiti storicamente nei comuni del Lazio, nel secondo
sono stati analizzati statisticamente i valori e le forme degli
spettri di accelerazione locale disponibili per tutto il territorio
nazionale. Mediante la tecnica statistica di "cluster analysis"
sono stati identificati raggruppamenti di comuni con
caratteristiche omogenee di scuotibilità locale o meglio di
accelerazioni del suolo; detti raggruppamenti, insieme ai valori di
massima accelerazione attesa, sono alla base della classificazione
sismica regionale. Per la definizione degli accelerogrammi di
riferimento, l'analisi storica ha fornito alcuni parametri
sismologici utilizzati come chiavi di ricerca per interrogare le
banche dati accelerometriche mondiali. Sono state così selezionate
una serie di registrazioni reali compatibili con le caratteristiche
sismologiche e geologiche dei terremoti che possono prevedibilmente
colpire il territorio regionale; tali registrazioni sono state poi
adattate, mediante una tecnica di confronto delle forme spettrali,
agli spettri medi dei raggruppamenti di comuni identificati con
l'analisi statistica.
Come è cambiata la classificazione rispetto al 2003?
In linea generale, per ottenere un maggiore dettaglio
classificativo, le precedenti Zone Sismiche 2 e 3 sono state
suddivise in 2 sub-zone ottenendo così un totale di 5 Zone
Sismiche: Zona 1, Zona 2A e 2B, Zona 3A e 3B. Inoltre si è deciso
di classificare più dettagliatamente sia il Comune di Roma,
adottando i confini amministrativi dei 19 Municipi, sia i comuni di
Rieti, Colfelice, Vejano, Nepi e Pescorocchiano.
L'analisi conferma l'elevata pericolosità sismica del settore
appenninico regionale: il numero di comuni in Zona 1 della
provincia di Rieti è sostanzialmente stabile mentre aumenta quello
dei comuni della provincia di Frosinone. La Zona 2A forma una
fascia di comuni a contatto con la Zona 1, mentre la Zona 2B copre
gran parte del territorio regionale: numerosi comuni della
provincia di Viterbo passano dalla precedente Zona 3 alla Zona 2B
così come diversi comuni della provincia di Latina e della
provincia di Frosinone passano dalla Zona 2 alla Zona 3A.
Interessante è il risultato ottenuto per il Comune di Roma che vede
il suo territorio diviso nei Municipi più vicini all'area dei Colli
Albani, classificati in Zona 2B, ed i rimanenti classificati in
Zona 3A: questo risultato conferma l'opportunità della scelta di
classificare separatamente i Municipi della Capitale.
La nuova Delibera di Giunta Regionale che riclassifica il
territorio è in via di consultazione nel comitato
Regione-Amministrazioni locali, dopo di che arriverà alla Giunta
Regionale per la deliberazione sostituendo la precedente DGR
766/03. E' giusto mettere in risalto che questo studio non è figlio
del terremoto de L'Aquila, ma deriva da una filosofia di
prevenzione in campo sismico che la Regione Lazio sta mettendo in
pratica da molti anni.
A proposito di Roma: è una leggenda che non sia influenzata dai
terremoti?
Come ormai noto da tempo, la pericolosità sismica di Roma deriva da
zone sismogenetiche poste al di fuori della città, siano esse
relativamente vicine, come i Colli Albani, o lontane come quelle
appenniniche. Pertanto è da escludere la possibilità che Roma si
venga a trovare in area epicentrale.
Diverso è però il discorso relativo ai possibili danni provocati in
città dai terremoti con epicentro in zone lontane. Per poter
estendere le analisi di pericolosità sismica su ampie aree,
dobbiamo assumere condizioni di morfologia e geologia uniformi. I
risultati andranno successivamente adattati alle caratteristiche
locali in modo da tener conto di situazioni geologiche particolari
che potrebbero provocare un'amplificazione degli scuotimenti. Per
tale ragione i possibili danneggiamenti nella città di Roma d
ipendono, oltre che dalla vulnerabilità degli edifici, sia dalle
caratteristiche sismologiche degli eventi, sia dalla geologia e
morfologia locale che può determinare fenomeni di amplificazione
sismica.
Questa situazione emerse già in passato, ad esempio con il
terremoto di Avezzano del 1915; in quell'occasione i danni in città
si concentrarono lungo l'alveo del fiume Tevere evidenziando
l'influenza dei depositi sedimentari. Effetti di questo tipo
possono essere valutati solo attraverso dettagliate analisi di
microzonazione sismica.
Fonte: ENEA
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