Sul sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
è da poco visibile un esperimento spettacolare: un sofisticato
apparato simile a un tornio, costruito in Italia, imprime una
rotazione ad alta velocità (3000 giri al minuto) ad un cilindro di
roccia di qualche centimetro di diametro. Il cilindro è inoltre
sottoposto a pressioni che troviamo a qualche chilometro di
profondità nella crosta terrestre. In una frazione di secondo,
l'apparato scarica sul campione una grande potenza, pari a quella
consumata da 100 appartamenti. Il risultato non è la banale
frammentazione e disgregazione della roccia che noi ci
aspetteremmo, ma addirittura la sua fusione istantanea in lava
incandescente.
Questo apparato sperimentale chiamato SHIVA, dalle iniziali
di Slow to High Velocity Apparatus è da poco entrato in funzione
nei laboratori del gruppo di Roma 1 (sezione di sismologia e
tettonofisica) dell'INGV in via di Vigna Murata a Roma e
rappresenta attualmente la più potente macchina al Mondo per
effettuare esperimenti di frammentazione delle rocce utili a capire
i processi meccanici che precedono e accompagnano lo scatenarsi dei
più violenti terremoti della Terra. Infatti, SHIVA, grazie
alle sue eccezionali prestazioni meccaniche riproduce in piccolo
quelle tremende forze che portano all'attivazione delle faglie
generatrici dei grandi terremoti.
A Giulio Di Toro, responsabile del gruppo sperimentale che
studia questi fenomeni chiediamo innanzitutto come è possibile
da un campione roccioso così piccolo dedurre delle informazioni su
fenomeni così grandiosi, come i terremoti che spesso coinvolgono
faglie lunghe diversi chilometri o addirittura decine e più di
chilometri?
Beh, i campioni così piccoli danno delle informazioni che
riguardano solo uno dei numerosi aspetti di quel complesso fenomeno
naturale che sono i terremoti. Questi studi sperimentali devono
essere infatti integrati da altre informazioni che ricaviamo dallo
studio delle faglie naturali. Infatti, le onde sismiche (il
terremoto) sono emesse durante la propagazione di una rottura lungo
una superficie chiamata faglia, che nel caso di un terremoto medio
-grande come quello del 6 Aprile del 2009 che ha colpito l'Abruzzo,
può essere lunga anche 15-20 km e avere un'area di 300-400 km2. Il
terremoto è il risultato di due processi, la propagazione della
rottura, che "libera" i blocchi di roccia ai lati opposti della
faglia, e, una volta che i due blocchi sono liberi di muoversi,
dell'attrito dovuto allo sfregamento dei blocchi. La rottura si
propaga a velocità di qualche chilometro al secondo, mentre i
blocchi scivolano l'uno rispetto all'altro a velocità di qualche
metro al secondo. In particolare, il nuovo apparato sperimentale
installato a Roma consente di studiare l'attrito delle rocce quando
sono sottoposte a condizioni di sollecitazione tipiche di un
terremoto (velocità di scivolamento fino a 10 m/s, rigetti di
diversi metri e pressioni pari allo spessore di diversi chilometri
di roccia). Dovendo impiegare provini di pochi centimetri di
diametro (altrimenti la macchina sperimentale avrebbe dei costi
spropositati), siamo in grado di determinare l'attrito delle rocce
in un punto della faglia. Per avere una visione completa del
terremoto, occorre introdurre la geometria della faglia (alla scala
chilometrica). A questo scopo stiamo conducendo una serie di studi
nelle Alpi, dove affiorano delle faglie che scatenavano milioni di
anni fa (le faglie non producono più terremoti oggi), per misurare
con grande dettaglio la geometria delle faglie. E solo integrando
studi sperimentali con studi di terreno che possiamo avere una
visione più completa della meccanica dei terremoti.
Voi siete convinti che lo studio dei terremoti, oggi basato
soprattutto sull'analisi dei tracciati sismici e sullo studio delle
faglie superficiali non basta, come possono i vostri studi in
laboratorio aggiungere qualcosa di più?
In realtà, come dicevo prima, SHIVA è uno dei pilastri di un
progetto di più ampio respiro, finanziato dalla Unione Europea, che
comprende rilevamenti geologici (o studi di terreno, come diciamo
noi geologi), e altri studi ancora (mineralogici, geochimici, ecc).
L'idea del progetto è di offrire un'informazione complementare a
quella che otteniamo dall'analisi delle onde sismiche (i tracciati
sismici). Ovviamente, la sismologia rimane uno strumento
potentissimo per lo studio dei terremoti: è la sismologia che ci
può dire, per esempio, quanto è grande un terremoto, in che
direzione si è propagata la rottura durante il terremoto, ecc. ecc.
Però le onde sismiche non hanno la risoluzione sufficiente per
studiare i complessi fenomeni chimici e fisici che avvengono lungo
una faglia durante un terremoto. Allo stesso tempo, lo studio delle
faglie superficiali non basta, perché non offre dati quantitativi
su alcuni parametri fondamentali di un terremoto (per esempio,
l'attrito).
In altre parole, la sismologia offre dei vincoli fondamentali per
studiare la fisica dei terremoti; l'integrazione degli studi
sperimentali con quelli di terreno offre una visione "più da
vicino" di quanto avviene durante un terremoto. La sismologia ci
consente di capire come "funziona" un terremoto ascoltandone il
rumore (le onde sismiche) da lontano, mentre gli studi di terreno e
di laboratorio consentono di sollevare il cofano del motore dei
terremoti e di guardarci dentro... anche se occorre avere un po' di
fantasia!
Abbiamo voluto definire SHIVA come un grosso tornio dalle
prestazioni eccezionali. E' appropriata questa descrizione? Quali
sono le caratteristiche più originali dell'apparato in funzione
all'INGV?
Sì, la descrizione è sicuramente appropriata. SHIVA (che è
anche il Dio distruttore della religione Indù!) è una specie di
tornio lungo circa tre metri e mezzo e pesante quattro tonnellate.
SHIVA è stata realizzata in Italia ed è l'unica macchina di questo
genere installata in Europa. Le caratteristiche più originali sono
la grande potenza (fino a 280 kW, pari al consumo di circa 100
appartamenti e ben 20 volte di più di qualsiasi apparato
sperimentale mai realizzato) e le eccezionali accelerazioni (da 0 a
10 m/s in 0.1 s) che è in grado di trasmettere ai provini di
roccia. Queste potenze e accelerazioni consentono di meglio
simulare rispetto a quanto fatto in passato cosa avviene nella
sorgente di un terremoto.
Inoltre SHIVA è una macchina estremamente versatile: una volta
completati i collaudi della macchina, condurremo delle ricerche
sulla frammentazione per processi di interesse
industriale.
A cura di Sonia Topazio - Capo ufficio stampa INGV -
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