Il nuovo Codice degli appalti pubblici è il risultato, a mio parere
positivo, di un lavoro complesso che ha avuto due obiettivi
fondamentali: consentire la corretta attuazione delle direttive
comunitarie in vigore da febbraio 2006 e mettere ordine nel quadro
normativo che regola gli affidamenti di opere pubbliche.
Una risistemazione necessaria per restituire coerenza e
sistematicità a un corpo di norme appesantito da anni di
sovrapposizione di regole.
Oggi il Codice offre un corpo normativo razionalizzato e
semplificato che allinea il nostro ordinamento a quelli degli altri
Paesi d'Europa.
Le principali novità del Codice sono mirate a dare maggiore
responsabilità all’azione della pubblica amministrazione. E` su
questi aspetti innovativi che nelle ultime settimane sono comparse
sulla stampa osservazioni e polemiche che meritano alcuni
commenti.
Le norme del Codice sulle quali si sono concentrate le critiche e
gli allarmi, infatti, riguardano proprio i tentativi di superamento
di una fase di diffidenza pregiudiziale verso gli operatori
pubblici e privati del settore che dura ormai da molti anni. Non a
caso le norme che alcuni ritengono vadano modificate sono quelle
relative alla trattativa privata, all’offerta economicamente più
vantaggiosa e all’appalto integrato.
Su ciascuna di esse vorrei fare alcune considerazioni.
La norma del Codice sulla trattativa privata non fa altro che
introdurre nel nostro ordinamento, senza modifiche, le
corrispondenti norme comunitarie, previste dagli articoli 30 e 31
della direttiva.
Questa norma, comunemente applicata nel resto d'Europa, è
considerata inadeguata per il nostro Paese in quanto portatrice di
un’eccessiva discrezionalità nell’azione amministrativa e quindi
potenzialmente lesiva della concorrenza.
Penso sia utile notare due aspetti. Anzitutto, il ricorso alla
trattativa privata, benché ampliato rispetto alla legge Merloni,
resta con la nuova normativa circoscritto a poche situazioni
eccezionali (eventi imprevisti e urgenti, motivazioni di stringente
natura tecnica, eccetera) che devono essere comprovate dalla
pubblica amministrazione.
In secondo luogo, a fugare il timore che la Pa possa eccedere
nell’uso della discrezionalità che le viene concessa, il Codice
mette a disposizione un periodo di due anni nel corso del quale,
qualora la norma risultasse troppo ampia o applicata non
correttamente, è possibile ridurne la dimensione. Ci tengo comunque
a ricordare che la nuova formulazione della trattativa privata non
è stata una proposta Ance.
L'altra norma nel mirino è l’offerta economicamente più
vantaggiosa, che può` rappresentare uno strumento importante di
qualificazione del tessuto imprenditoriale italiano e che resta
un’opzione dell’amministrazione da verificare con attenzione.
Questa procedura, prima prevista solo per lavori di estrema
complessità tecnologica e ora liberalizzata dal nuovo Codice, mira
infatti a premiare più la qualità dell’operatore che il prezzo.
La differenza con le procedure ordinarie di scelta delle imprese
sta in questo: a vincere la competizione non è l’impresa che offre
il prezzo più basso, ma quella che dimostra di avere maggiori
capacità progettuali e organizzative.
Ovviamente il ricorso a questo criterio di selezione va valutato
attentamente in funzione del lavoro da realizzare e dovrebbe essere
limitato a opere di particolare complessità.
Anche su questo punto il Codice dà la possibilità, dopo una prima
fase di monitoraggio, di ridurre l’ambito di discrezionalità
concesso alla pubblica amministrazione prevedendo, se necessario,
vincoli più stretti per il ricorso a questo sistema di scelta.
L'ultima norma in discussione è quella dell’appalto
integrato, che consente di affidare all’impresa non solo la
realizzazione dell’opera ma anche la sua progettazione esecutiva,
sulla base, però, di un progetto definitivo elaborato
dall’Amministrazione.
Anche su questa procedura, liberalizzata dal nuovo Codice, si sono
concentrate critiche ingiustificate, che hanno trascurato gli
aspetti positivi di una norma che ha la conseguenza di portare a
una più forte responsabilizzazione dell’impresa rispetto all’opera
da realizzare, con evidenti benefici sia per l’amministrazione
appaltante che per la qualità finale dell’opera.
Non meno importante è il fatto che la norma sull’appalto
integrato stabilisce che l’impresa debba avere i requisiti
prescritti per i progettisti o, altrimenti - e per noi in via
prioritaria - avvalersi di progettisti qualificati, che
devono essere indicati nell’offerta.
In ogni caso, non occorre sospendere l’intero corpo normativo se si
riscontrassero necessità di modifica: un breve periodo di rodaggio
consentirebbe le necessarie verifiche e la messa a punto di
possibili correttivi da discutere ovviamente tra tutte le parti
interessate.
di Claudio De Albertis Presidente dell'Ance
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