Dopo l'audizione presso le Commissioni Bilancio e Finanze del
Senato, tenutasi l'11 luglio scorso, il
CUP (Comitato
unitario delle Professioni) presieduto dall'Architetto
Raffaele
Sirica ha chiesto lo stralcio dell'articolo 2 del decreto legge
e la riproposizione della riforma delle professioni in forma di
disegno di legge, sulla base della bozza presentata da Michele
Vietti nella scorsa legislatura e attribuendo la competenza
esclusiva al ministro della Giustizia.
Ed arriva anche, dopo più di una settimana di richieste, una
convocazione del CUP da parte dei funzionari del Ministero per lo
Sviluppo economico e della Giustizia.
L'incontro arriva, dopo che il CUP aveva ricordato la promessa
concertazione sulla riforma delle professioni fatta da Prodi agli
Ordini a Bologna.
Tra l'altro anche i Presidenti degli ordini provinciali degli
Architetti, riunitisi a Roma il 7 luglio, hanno ribadito:
- l'urgenza e l'ineludibilità di dare nuova competitività
internazionale al settore dei servizi e a quelli della
progettazione delle trasformazioni urbane e territoriali,
condividendo la necessità di idonee iniziative "legislative" utili
a dare trasparenza e vitalità a un settore strategico per il paese.
Non si può tuttavia non denunciare come alcune norme introdotte dal
decreto risultino contraddittorie o non coerenti col complesso del
quadro legislativo esistente e non possano essere assunte in modo
avulso da una organica e concertata riforma del set tore delle
professioni intellettuali: in particolare, con riferimento ai
"minimi tariffari" essi vanno mantenuti nei casi in cui sono in
gioco interessi pubblici preminenti e tipici in alcune prestazioni
"riservate" cui non è certamente estraneo il settore dei lavori
pubblici, come si legge anche nel Programma elettorale della
attuale maggioranza di governo;
- che la competitività del paese si realizza soprattutto puntando
sulla qualità delle prestazioni e non con metodi "al
ribasso" né con la totale "deregolamentazione del mercato";
- l'urgenza di varare norme legislative in materia di
"pubblicità informativa", "società
interprofessionali", "assicurazione obbligatoria",
"tirocinio e aggiornamento permanente",
e chiedono lo stralcio delle disposizioni prive dei requisiti di
necessità ed urgenza da far confluire in un separato disegno di
legge, al quale assicurare una corsia preferenziale in Parlamento e
che finalmente prevedano la riforma organica delle professioni
tenendo conto di quanto finora prodotto in termini di progetto di
riforma, gli ordini degli architetti, su questa base si attivano da
oggi, per definire le regole a garanzia della qualità della
prestazione professionale, quale primo contributo alla riforma
organica delle professioni.
In riferimento all'abolizione del divieto di fare pubblicità
previsto nel decreto-legge, è da precisare che non viene spiegato
il modo con cui si potrà fare pubblicità, non viene, di fatto,
precisato che la pubblicità dovrà avere carattere informativo circa
i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche
del servizio offerto ed i criteri per la determinazione degli
onorari.
Ed a proposito vale la pena puntualizzare la differenza tra
pubblicità ed informativa: l'informativa può essere rivolta ai
clienti già acquisiti, a differenza della pubblicità che può essere
indirizzata a tutti.
Prima della pubblicazione del decreto legge n. 223/2006 non
esisteva un divieto assoluto di pubblicizzare le proprie
prestazioni professionali ed, infatti, i codici deontologici
pongono delle limitazioni, indicando ai professionisti le
caratteristiche che può avere l'"informativa". Il Consiglio
nazionale degli architetti, ad esempio, nel febbraio di quest'anno
ha modificato alcuni articoli (35, 35 bis e 35 ter) del Codice
deontologico per adeguarlo alle regole sulla concorrenza derivanti
dalla normativa comunitaria.
E' da precisare, altresì, che il Codice deontologico vieta di
indicare gli onorari praticati, mentre il decreto-legge n. 223/2006
lo consente.
In riferimento, poi, alle società professionali previste sempre nel
decreto-legge n. 223/2006, gli Ordini chiedono che sia individuato
uno specifico tipo societario:
- con oggetto sociale limitato all'attività professionale;
- con esclusiva partecipazione di soci professionisti ed
esclusione di qualsiasi mera partecipazione di capitale da parte di
altri;
- con la sottrazione alla disciplina del fallimento in quanto non
attività commerciale;
- le modalità di iscrizione agli albi professionali.
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