Dopo la sentenza del TAR che ha annullato la delibera della Giunta
Regionale Pugliese n. 2272 del 24 novembre 2009, in riferimento
alla la determinazione dei requisiti professionali e dei criteri di
accreditamento per la qualificazione degli esperti a cui affidare
la certificazione energetica degli edifici, nuovi problemi in
Puglia sul fronte energia (
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APER
(Associazione produttori energia da fonti rinnovabili) ha, infatti,
presentato all'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato una
segnalazione per denunciare le distorsioni del mercato della
produzione di energia da fonti rinnovabili scaturenti dal
complessivo disegno pianificatorio e normativo della Regione
Puglia.
In particolare, APER ha contestato la circolare con cui il
Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici:
- afferma che "gli impianti eolici" indiscriminatamente
"costituiscono un pesante impatto sul paesaggio" e che "gli
impianti fotovoltaici" sarebbero aprioristicamente "incompatibili
con i centri storici e con le aree a coltivo tipiche della
Regione";
- ribadisce che "gli interventi indicati, se da un lato producono
energie rinnovabili, stanno producendo un grave detrimento a un
bene che rinnovabili non è: il paesaggio";
- invita i Sovrintendenti di "attenersi ai criteri su esposti",
con ciò legittimandoli a spogliarsi della propria funzione
istituzionale di verifica puntuale e concreta della compatibilità
dei progetti rispetto alle esigenze di tutela della singola area
vincolata (nota prot. 9526 del 05.11.2009 -all.1-).
APER ha fatto presente che l'Amministrazione Pugliese era già stata
censurata dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 364/2006), per
aver imposto un freno alla produzione di energia da fonti
rinnovabili, e che in seguito aveva innalzato la soglia di potenza
(sino a 1 MW) degli impianti da assoggettare a denuncia di inizio
attività (legge Regione Puglia n. 1/2008), facendo, dunque, credere
di voler dare impulso alla diffusione dei relativi impianti. In
realtà, attraverso l'adozione di atti pianificatori e normativi,
seppur non immediatamente afferenti alla materia della produzione
di energia, la Regione Puglia sta introducendo di fatto un
complessiva disciplina ostativa alla installazione di futura
potenza rinnovabile sul territorio.
"Da un lato -
spiega l'avv. Lucia Bitto, legal advisor
di APER -
la Regione avrebbe in animo di inserire nel
proprio Piano paesaggistico un aprioristico divieto di installare
impianti a fonti rinnovabili in aree coperte da prati, pascoli e
arbusti. Dall'altro, essa intenderebbe estendere la disciplina
della verifica di v.i.a. ben oltre lo spazio di intervento
attribuito alle Regioni dalla normazione nazionale".
"Tutto ciò -
conclude Bitto -
si tradurrebbe in
ostacoli diretti e indiretti all'accesso al mercato di riferimento
che l'Antitrust ha recentemente stigmatizzato".
APER ha ricordato che a seguito della riforma del titolo V della
Costituzione, la competenza legislativa in materia di tutela
dell'ambiente compete, in via esclusiva, allo Stato cui spetta
determinare, anche in attuazione degli obblighi comunitari, il
livello minimo di tutela uniforme il quale, tra l'altro, si pone su
tutto il territorio nazionale quale limite alla potestà legislativa
che Regioni e Province autonome esercitano nelle materie di propria
competenza. Se è vero che Regioni e Province autonome possono,
nella cura di interessi funzionalmente collegati con quelli
propriamente ambientali, intervenire nel rispetto dei livelli
uniformi di tutela dettati dallo Stato, è altrettanto vero che,
come chiarito dalla Corte Costituzionale a partire dalla sentenza
n. 307/2003 (e, recentemente, confermato nella sentenza n.
225/2009), appartiene allo Stato la fissazione di livelli non
derogabili, neanche in senso più rigoroso, dalle Regioni, quando
gli stessi sono il frutto di un bilanciamento con altri interessi,
di rilievo unitario, rientranti nella competenza anche statale
(come nel caso della produzione di energia affidata alla competenza
legislativa concorrente, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma
Cost.).
In concreto, le soglie di assoggettabilità a screening previste dal
d.lgs. n. 152/2006 per gli impianti di produzione di energia, sono
proprio espressione della fattispecie descritta che non ammette
l'intervento regionale se non nei casi ed entro i limiti previsti
dalla disciplina nazionale. La disciplina nazionale di riferimento
(d.lgs. n. 152/2006, art. 6, comma 9) consente alle Regioni sia di
aumentare o diminuire le soglie di sottoposizione a screening entro
la misura massima del 30% rispetto alle soglie nazionali, sia di
determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari
situazioni ambientali o territoriali, criteri o condizioni di
esclusione dalla procedura di screening.
Ciò significa che le Regioni non hanno il potere né di modificare
le soglie di sottoposizione a screening oltre il limite del 30%, né
di determinare, per particolari progetti o aree, nuovi criteri o
condizioni di assoggettabilità a screening.
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