È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del
18 giugno 2010 la nuova Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione
energetica nell'edilizia, in sostituzione della precedente
2002/91/UE, che sarà abrogata con effetto dall'1 febbraio 2012.
La Direttiva 2010/31/UE promuove
"il miglioramento della
prestazione energetica degli edifici all'interno dell'Unione,
tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché
delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni e
all'efficacia sotto il profilo dei costi".
Tra le principali modifiche e novità si sottolineano le seguenti:
- Nell'ottica dell'analisi costi benefici, già prevista dalla
direttiva 2002/91, la direttiva 2010/31 definisce la valutazione
del livello di prestazione energetica in relazione ai costi (art.
4);
- L'obbligo di costruire edifici ad energia quasi zero entro il
31 dicembre 2020 ed entro il 31 dicembre 2018 per quelli occupati o
di proprietà degli enti pubblici (art. 9);
- La scomparsa del limite dimensionale riguardante la superficie
degli edifici sottoposti a ristrutturazione importante, stabilita
dalla direttiva 2002/91 in 1000 m2, al di sopra della quale
interviene l'obbligo di rispettare i requisiti minimi di
prestazione energetica fissati dallo Stato (art. 7);
- L'obbligo di riportare, su tutti gli annunci dei mezzi di
comunicazione commerciali, l'indicatore di prestazione energetica
nei casi di vendita e di locazione (art. 12);
- La possibilità, per gli Stati membri, di ridurre la frequenza
delle ispezioni degli impianti di riscaldamento, in presenza di un
sistema di monitoraggio e controllo elettronico e tenendo conto dei
costi che l'ispezione dell'impianto di riscaldamento comporta e del
risparmio energetico previsto che ne potrebbe derivare (art.
14).
Vengono di seguito esaminati i contenuti più rilevanti della nuova
direttiva.
Quadro normativo attuale
La direttiva europea 2002/91, sul rendimento energetico
nell'edilizia, si è basata:
- sulla necessità di ridurre le emissioni in atmosfera comprese
quelle clima alteranti, dovute all'uso di energia ricavata da
combustibili fossili quali i prodotti petroliferi, il gas naturale
ed i combustibili solidi;
- sulla opportunità di gestire il fabbisogno energetico della
Comunità, per influenzare il mercato mondiale dell'energia e,
quindi, poter garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nel
medio e lungo periodo;
- sulla considerazione che circa il 40% del consumo finale di
energia della Comunità è da imputare all'energia impiegata nel
settore residenziale e terziario.
Su tali basi ha individuato una serie di strumenti che gli Stati
membri avrebbero dovuto adottare per conseguire gli obiettivi di
efficienza energetica per i consumi relativi a: riscaldamento
invernale, produzione di acqua calda sanitaria, raffrescamento
estivo, ventilazione e, per il settore non residenziale, anche
l'illuminazione.
A tale proposito gli Stati membri avrebbero quindi dovuto:
- delineare un quadro generale delle metodologie di calcolo del
rendimento energetico e dei requisiti minimi da rispettare per le
nuove costruzioni e nei casi di ristrutturazione di quelle
esistenti;
- curare la diffusione della certificazione energetica per
diffondere presso gli utilizzatori la conoscenza della prestazione
energetica degli edifici che utilizzano, fornendo uno strumento
utile ad una scelta consapevole in fase di acquisto/locazione di
immobili, ovvero promuovere l'efficientamento in occasione di
lavori di ristrutturazione;
- promuovere l'uso di energia da fonti rinnovabili; fissare
regole per una manutenzione periodica degli impianti per mantenerli
a livelli accettabili di efficienza;
- curare l'informazione degli utilizzatori di edifici su
potenzialità e metodologie per migliorarne le prestazioni
energetiche.
L'Italia aveva recepito la direttiva 2002/91 con il d.lgs 192/2005,
successivamente modificato con il d.lgs 311/2006, anche se il
quadro normativo è stato quasi completamente definito solo a metà
del 2009, quando sono stati emanati i due decreti attuativi
riguardanti i limiti di fabbisogno di energia, i criteri di calcolo
e le linee guida nazionali per la certificazione energetica.
Attualmente si è però ancora in attesa di un ulteriore decreto
riguardante i requisiti professionali ed i criteri di indipendenza
dei certificatori energetici.
La nuova direttiva 2010/31
Dopo alcuni anni di applicazione della originaria direttiva, il
legislatore comunitario ha voluto apportare una serie di modifiche.
Il risultato si è avuto con l'emanazione della direttiva 2010/31/UE
che integra, modifica ed aggiorna i contenuti della direttiva
precedentemente emanata, anche al fine di renderli coerenti con gli
obiettivi fissati dal Consiglio europeo nel marzo 2007 di ridurre
del 20% il consumo energetico dell'Unione entro il 2020.
Nel Piano d'azione cosiddetto 20-20-20 si è infatti stabilito di
ridurre del 20% le emissioni di gas ad effetto serra, di ridurre
del 20% il consumo di energia e di aumentare al 20% la quota parte
di energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo
energetico totale, entro il 2020.
Tale piano ha identificato le significative potenzialità di
risparmio energetico efficaci in termini di costi nel settore
dell'edilizia.
Nella risoluzione del 3 febbraio 2009 il Parlamento europeo ha
chiesto di rendere vincolante l'obiettivo di migliorare
l'efficienza energetica del 20% entro il 2020.
Ulteriori modifiche sono inoltre state richieste per rendere più
incisivi e confrontabili i risultati ottenuti nei vari Paesi a
seguito dell'adozione della Direttiva stessa.
A tale proposito la direttiva ha la finalità di istituire un quadro
comune generale di una metodologia per il calcolo della prestazione
energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari,
sempre tenendo conto delle condizioni climatiche locali, della
qualità dell'aria e delle condizioni di benessere all'interno degli
edifici, verificando inoltre la compatibilità economica, ovvero i
costi necessari a conseguire tali condizioni, riguardando sia i
nuovi edifici che quelli esistenti.
Nuovi edifici
Per i nuovi edifici, oltre al rispetto dei requisiti minimi fissati
da ciascuno Stato, viene richiesta una valutazione, preliminare
all'avvio dei lavori di costruzione, della fattibilità tecnica,
ambientale ed economica dell'utilizzo di sistemi alternativi per la
produzione di energia caratterizzata da una elevata efficienza.
Ai fini della scelta, devono essere valutati:
a) i sistemi di fornitura energetica decentrati basati su energia
da fonti rinnovabili;
b) la cogenerazione;
c) il teleriscaldamento o telerinfrescamento urbano o collettivo,
in particolare se basato interamente o parzialmente su energia da
fonti rinnovabili;
d) le pompe di calore.
Lo studio preliminare, che deve essere documentato e reso
disponibile per eventuali verifiche, potrà essere effettuato per
singoli edifici, per gruppi di edifici analoghi o per tipologie
comuni di edifici nella stessa area. Per quanto riguarda gli
impianti di riscaldamento e rinfrescamento collettivi, l'esame può
essere effettuato per tutti gli edifici collegati all'impianto
nella stessa area.
Tale previsione si può dire propedeutica all'obbligo per i nuovi
edifici, a partire dal 31 dicembre 2020, di essere ad energia quasi
zero.
Un edificio ad energia quasi zero è un edificio ad altissima
prestazione energetica, il cui fabbisogno energetico, molto basso o
quasi nullo, dovrebbe essere coperto in misura molto significativa
da energia da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o
nelle vicinanze. Questo è un punto molto importante perché
chiarisce che ciò che conta è la natura dell'energia consumata,
ovvero da fonte rinnovabile, non la localizzazione della sua
produzione, potendo così scegliere se acquistarla dall'esterno o
auto produrla, in loco o con produzione delocalizzata.
Per gli edifici occupati o di proprietà della pubblica
amministrazione, l'obbligo dell'energia quasi zero è anticipato di
due anni.
Edifici esistenti
La novità più rilevante è la scomparsa del limite dimensionale,
edifici di 1.000 m2 di superficie, al di sopra del quale, in caso
di ristrutturazione importante, interviene l'obbligo di rispettare
i requisiti minimi di prestazione energetica fissati dallo Stato.
Per tali interventi l'obbligo vige anche per le singole unità
immobiliari e per gli elementi edilizi componenti l'involucro di un
edificio.
Si rientra nella "ristrutturazione importante" quando:
- il costo complessivo della ristrutturazione, per quanto
riguarda l'involucro dell'edificio o i sistemi tecnici per
l'edilizia, supera il 25 % del valore dell'edificio, escluso il
valore del terreno sul quale questo è situato;
- oppure la ristrutturazione riguarda più del 25 % della
superficie dell'involucro dell'edificio.
Gli Stati membri possono scegliere quale delle due opzioni
applicare.
Requisiti minimi
I requisiti minimi devono essere fissati in modo tale da
raggiungere "livelli ottimali in funzione dei costi", cioè un
livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso
durante il ciclo di vita economico stimato.
Il costo più basso è determinato tenendo conto dei costi di
investimento legati all'energia, dei costi di manutenzione e di
funzionamento (compresi i costi e i risparmi energetici, la
tipologia edilizia interessata e gli utili derivanti dalla
produzione di energia), se del caso, e degli eventuali costi di
smaltimento.
Il ciclo di vita economico stimato è determinato da ciascuno Stato
membro e si riferisce al ciclo di vita economico stimato rimanente
di un edificio, nel caso in cui siano stabiliti requisiti di
prestazione energetica per l'edificio nel suo complesso, oppure al
ciclo di vita economico stimato di un elemento edilizio, nel caso
in cui siano stabiliti requisiti di prestazione energetica per gli
elementi edilizi.
Il livello ottimale in funzione dei costi si situa all'interno
della scala di livelli di prestazione in cui l'analisi
costi-benefici, calcolata sul ciclo di vita economico, risulta
essere positiva.
I requisiti minimi, oltre a poter essere differenziati per edifici
esistenti/nuovi ed in base alle diverse tipologie edilizie, possono
non essere fissati o applicati per alcune categorie di edifici:
- edifici ufficialmente protetti come patrimonio designato o in
virtù del loro particolare valore architettonico o storico, nella
misura in cui il rispetto di determinati requisiti minimi di
prestazione energetica implichi un'alterazione inaccettabile del
loro carattere o aspetto;
- edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di
attività religiose;
- fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a
due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non
residenziali a basso fabbisogno energetico, nonché edifici agricoli
non residenziali utilizzati in un settore disciplinato da un
accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
- edifici residenziali che sono utilizzati o sono destinati ad
essere utilizzati meno di quattro mesi all'anno o, in alternativa,
per un periodo limitato dell'anno e con un consumo energetico
previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe
dall'utilizzazione durante l'intero anno;
- fabbricati indipendenti con una metratura utile totale
inferiore a 50 m2.
Attestato di prestazione energetica
Oltre ad avere definito più correttamente l'attestato di
"prestazione energetica" anziché di "certificazione energetica", la
direttiva riprende quelle che erano le originarie finalità
dell'attestato: consentire di valutare e raffrontare la prestazione
energetica di diversi edifici/unità immobiliari con uno stesso
metodo di giudizio.
L'attestato deve comprendere le raccomandazioni per il
miglioramento della prestazione, a meno che manchi un ragionevole
potenziale di miglioramento, sempre verificandone l'efficacia in
funzione dei costi.
Le raccomandazioni possono inoltre fornire una stima sui tempi di
ritorno ovvero del rapporto costi-benefici calcolato rispetto al
ciclo di vita economico.
L'attestato può comprendere, come informazioni supplementari, il
consumo annuale, per gli edifici non residenziali, e la percentuale
di energia da fonti rinnovabili rispetto al consumo totale.
Gli enti pubblici, per il ruolo guida che gli compete, dovrebbero
essere incoraggiati dagli Stati ad attuare le raccomandazioni
riportate nell'attestato, per gli edifici di loro proprietà.
Per gli edifici non residenziali, la Commissione europea prevede di
adottare, entro il 2011, un sistema comune volontario per la
certificazione della prestazione energetica.
Importanti novità riguardano le modalità ed i tempi con cui rendere
noto l'attestato di prestazione energetica od il suo contenuto
essenziale, per sfruttare al meglio le sue caratteristiche di
strumento di valutazione e raffronto.
È infatti previsto che, in caso di offerta in vendita o locazione,
l'indicatore di prestazione energetica che figura nell'attestato di
prestazione energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare sia
riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione
commerciali.
L'attestato deve essere mostrato al potenziale acquirente o nuovo
locatario e successivamente consegnato a chi diventerà proprietario
o locatario.
Nel caso in cui la vendita o la locazione avvenga prima della
costruzione stessa dell'edificio, gli Stati possono prevedere che
il venditore fornisca una valutazione della futura prestazione
energetica dell'edificio, salvo rilasciare l'attestato al termine
della costruzione stessa.
Per gli edifici pubblici sono fissati, in coerenza col ruolo guida
che gli viene attribuito, obblighi specifici più stringenti, tra i
quali quelli di affissione dell'attestato in luoghi chiaramente
visibili per il pubblico che vi accede.
Ispezione degli impianti
Nel confermare le indicazioni esistenti, relative alla periodica
ispezione degli impianti di riscaldamento e di condizionamento
dell'aria, la nuova direttiva introduce innovazioni coerenti con
l'attenzione posta al rapporto costi-benefici derivante dagli
obblighi di ispezione degli impianti e con lo stimolo
all'innovazione.
Viene infatti offerta la possibilità per gli Stati membri di
ridurre la frequenza delle ispezioni in presenza di un sistema di
monitoraggio e controllo elettronico, nonché fissare la periodicità
delle ispezioni in funzione del tipo e della potenza nominale utile
dell'impianto di riscaldamento, tenendo conto dei costi che
comporta l'ispezione dell'impianto di riscaldamento e del risparmio
energetico previsto che potrebbe derivarne.
L'ispezione degli impianti, come la certificazione della
prestazione energetica, deve essere effettuata in maniera
indipendente da esperti qualificati e/o accreditati in base alla
loro competenza.
Informazione e incentivi
È compito degli Stati adottare misure per informare gli
utilizzatori degli edifici, proprietari o locatari che siano, circa
i diversi metodi e le diverse prassi che contribuiscono a
migliorare la prestazione energetica degli edifici in modo
economicamente conveniente, nonché sugli strumenti finanziari
disponibili per gli interventi di miglioramento.
Compito ancora più importante è mettere a disposizione adeguati
strumenti di finanziamento, e di altro tipo, per favorire il
miglioramento della prestazione energetica ed il passaggio ad
edifici ad energia quasi zero. In sede di concessione di incentivi
per la costruzione o l'esecuzione di ristrutturazioni importanti di
edifici, bisogna tener conto dei livelli di prestazione energetica
ottimali in funzione dei costi.
Entro il 30 giugno 2011 gli Stati membri redigono un elenco, da
aggiornare ogni tre anni, delle misure e degli strumenti esistenti
ed eventualmente proposti, compresi quelli di carattere
finanziario, diversi da quelli richiesti dalla direttiva ma che ne
promuovono gli obiettivi.
Tale elenco deve essere comunicato alla Commissione, eventualmente
includendolo nei piani d'azione in materia di efficienza energetica
di cui alla direttiva 2006/32/CE sull'efficienza degli usi finali
dell'energia.
Al fine di migliorare il finanziamento a sostegno dell'attuazione
della direttiva, la Commissione presenterà, preferibilmente entro
il 2011, un'analisi concernente in particolare:
- l'efficacia, l'adeguatezza del livello e l'ammontare
effettivamente impiegato dei fondi strutturali e dei programmi
quadro utilizzati per accrescere l'efficienza energetica degli
edifici, specialmente nel settore dell'edilizia abitativa;
- l'efficacia del ricorso ai fondi della BEI e di altre
istituzioni finanziarie pubbliche;
- il coordinamento dei finanziamenti dell'unione e nazionali e
altre forme di sostegno che possono fungere da leva per incentivare
gli investimenti nell'efficienza energetica nonché l'adeguatezza di
tali finanziamenti per raggiungere gli obiettivi dell'Unione.
Sulla base di tale analisi, la Commissione potrà in seguito
presentare proposte relative a strumenti incentivanti da parte
dell'Unione.
Sanzioni
La direttiva non prescinde dalla previsione di sanzioni per gli
inadempienti. È richiesto agli Stati membri di prevedere sanzioni
"effettive, proporzionate e dissuasive" per le violazioni delle
norme adottate in attuazione della direttiva.
Entrata in vigore e recepimento
La direttiva è entrata in vigore l'8 luglio 2010, ma gli Stati
hanno tempo fino al 9 luglio 2012 per adottarla e pubblicarla.
L'applicazione delle diverse previsio ni contenute nella direttiva
può avvenire in tempi differenti, compresi tra il 9 gennaio 2013 e
il 31 dicembre 2015.
Fonte: ANCE
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