E’ continuato alla Camera l'esame del disegno di legge di
conversione, già approvato dal Senato, del
decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il
rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in
materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
Dopo che la Camera ha respinto le questioni pregiudiziali, il
ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme
istituzionali Vannino Chiti ha posto, a nome del Governo, la
questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed
articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di
conversione. La
fiducia sarà votata dall'Assemblea nella seduta
delle ore 15,00 di oggi e così il decreto-legge n. 223 che non
ha trovato per niente consensi tra le libere professioni diventerà,
dopo l’ultimo atto relativo alla pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale che avverrà tra qualche giorno, legge dello Stato.
Ma il Decreto Bersani, che la scorsa settimana ha scatenato le
proteste in piazza delle professioni, dagli avvocati ai farmacisti,
dagli architetti agli ingegneri, dai panificatori ai tassisti e dai
veterinari ai dentisti, ha avuto il grande pregio di riunire tutti
insieme oltre due milioni di professionisti. Però, come si è già
capito, le proteste delle Professioni d’Italia incasseranno un
pugno di mosche perché il Governo ha tirato dritto e non ha avuto
alcuna intenzione di cambiare il testo approvato con il voto di
fiducia al Senato.
Il Decreto Bersani ha radici lontane che possono risalire al marzo
di quest’anno quando il Presidente di Confindustria Luca Corsero di
Montezemolo a Vicenza disse chiaramente che l’italia per “tornare a
correre” doveva procedere a liberalizzare ma probabilmente
l’intervento di Montezemolo rimase un po’ nell’ombra a causa della
invettiva contro gli industriali pronunciata dall’allora Presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi.
Certo sarebbe stato meglio se il Governo non avesse azzerato il
dibattito e se i professionisti non fossero stati linciati nelle
aule parlamentari e visti come un ceto sociale quasi odiato.
La riforma, è vero, doveva essere fatta, ma poteva essere trovata
un’altra maniera per evirare il linciaggio di il braccio di ferro
che si è visto in questo trascorso mese di luglio.
Avvocati, ragionieri, architetti, notai, ingegneri, coòòercialisti
e professionisti di ogni ordine e grado sono diventati, nelle aule
parlamentari, il nemico da colpire e le dichiarazioni di voto sulla
fiducia al Senato ed ora alla camera sono diventati strali lanciati
all’indirizzo di un ceto sociale. Ricordiamo sommariamente le
novità che interessano le professioni, introdotte dal testo sul
quale alla Camera si porrà oggi la fiducia e che, poi, è lo stesso
di quello approvato alla Senato:
- l'abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari
che prevedono l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime;
- il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa
circa i titoli e le specializzazioni professionali, le
caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi
complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e
veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato
dall'ordine;
- il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo
interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra
professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo
all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il
medesimo professionista non può partecipare a più di una società e
che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci
professionisti previamente indicati, sotto la propria
personale.
In verità occorre anche ricordare che nel maxiemendamento,
all'articolo 2 comma 2 è stato inserito un ultimo periodo nel quale
viene precisato che "
Nelle procedure ad evidenza pubblica, le
stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove
motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di
riferimento per la determinazione dei compensi per attività
professionali".
Per quanto concerne, poi, le previsioni di cui all'articolo 35,
comma 12 relative all'introduzione dell'obbligo di "tenere uno o
più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono,
obbligatoriamente, le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e
dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle
spese", viene disposta l'applicazione graduale dell'obbligo di
pagamento elettronico delle parcelle professionali: che fino al 30
giugno 2007 si potranno pagare in contanti le somme fino a 1000
euro, dal 1º luglio 2007 al 30 giugno 2008 il limite viene ridotto
a 500 euro e per ultimo dal 1º luglio 2008 il limite per il
contante scenderà a 100 euro precisando però che tra la data del 4
luglio (data di entrata in vigore de Decreto-legge n. 223/2006) e
la data di pubblicazione della legge di conversione esiste un solo
limite di 100 euro al di sopra del quale è vietato qualsiasi
pagamento per contante.
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