La Sezione IV del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4833
del 21 agosto 2006, in riferimento ad un ricorso presentato dalla
Regione Veneto per l’annullamento della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale del Veneto, Sezione Prima, n. 1356/07 del
30 agosto 1997, ha fissato nuovi paletti ai poteri discrezionali
della Pubblica Amministrazione in materia di pianificazione
urbanistica, confermando l’illegittimità di una norma tecnica
di attuazione che nell’ambito di una determinata zona omogenea di
un PRG riservava al comune “una quota del 50% della capacità
insediativa totale”.
La sentenza, di fatto, annulla una norma, inserita dalla Regione in
sede di approvazione del PRG con funzione di contenimento dei
prezzi dei terreni edificabili e di immediato utilizzo delle aree
da parte del comune.
Il Collegio ha osservato che la previsione di una riserva
di una quota del 50% della capacità insediativa totale appare, in
realtà, preordinata a comprimere in maniera del tutto
indiscriminata la potenzialità edificatoria delle aree,
ricomprese nella zona in parola, il cui valore viene per ciò solo
inevitabilmente ed immediatamente ridimensionato, senza che possa
attribuirsi alcun rilievo alle modalità di successiva concreta
attuazione degli interventi, che allo stato non risultano ancora
determinate.
D’altra parte il Giudice di primo grado aveva, già, ritenuto
illegittima la disposizione impugnata, in quanto volta a
configurare una forma di espropriazione del tutto atipica, non
ricondotta e non correttamente riconducibile ad alcuna specifica
norma delle leggi vigenti in materia.
Il Collegio ha ribadito che, in assenza di specifica
normativa primaria, la disposizione si manifesta priva del
supporto legislativo necessario per giustificare la cennata
compressione del diritto di proprietà, al di fuori delle garanzie
previste, in proposit,o dall’art. 42 della Carta
costituzionale.
In definitiva, dunque, merita conferma la indicazione contenuta nel
parere reso in proposito dalla Commissione Tecnica Regionale, che
aveva prospettato l’esigenza di stralciare la disposizione di cui
si tratta, atteso che al Comune, in base alla normativa vigente in
materia, è attribuita la possibilità di espropriare mediante lo
strumento dei piani attuativi, ma tale Ente non può, invece,
“riservarsi” preventivamente l’acquisizione di aree con le modalità
atipiche.
Dalla sentenza pertanto si ricava il principio per
cui l’ente locale non può incidere sulla proprietà privata,
anche se per scopi sociali, mediante strumenti surrettizi e
diversi da quelli previsti per legge.
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