Illegittima la legge regionale che legifera sul tema della finanza
di progetto che, come previsto dalla Costituzione (art. 117, comma
2, lett. l)), è una argomento di competenza esclusiva dello Stato.
Lo ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 7 del 5
gennaio 2011, in riferimento all'art. 1 comma 6 della legge della
Regione Liguria 28 dicembre 2009, n. 63 (Disposizioni collegate
alla legge finanziaria 2010).
In particolare, l'art. 1 comma 6 della Legge della Regione Liguria
n. 63/2009 introduce dopo l'articolo 27 della legge regionale n.
5/2008 e successive modificazioni e integrazioni, l'articolo 27 bis
(Finanza di progetto) che recita:
"1. La Regione promuove il concorso di capitali privati alla
realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale, nel
rispetto della normativa comunitaria e statale in materia.
2. Per le opere di cui al comma 1, i soggetti che intendano
promuovere interventi realizzabili con capitale privato,
quand'anche non previsti negli strumenti di programmazione, possono
presentare uno studio di pre-fattibilità finalizzato ad illustrare
le linee generali dell'intervento proposto, senza alcun diritto al
compenso per la prestazione eseguita o alla realizzazione
dell'intervento proposto.
3. Qualora l'Amministrazione ritenga di pubblico interesse
l'intervento di cui al comma 2, ha facoltà di ricercare mediante
procedura ad evidenza pubblica i soggetti che intendano concorrere
al ruolo di promotore, modificando di conseguenza gli atti di
programmazione.
4. La Giunta regionale adotta con proprio provvedimento linee guida
in tema di finanza di progetto relativamente ad opere di interesse
dell'Amministrazione regionale."
Tale ultima norma autorizza i soggetti privati che intendono
promuovere interventi non previsti dagli strumenti di
programmazione triennale adottati dalla Regione a presentare
"studi di pre-fattibilità", senza alcun diritto a compenso o
alla realizzazione dell'opera e neppure ad una tempestiva decisione
della Regione, prevedendo in tal modo una disciplina difforme da
quella dettata dall'art. 153, comma 19, del D.lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture), che consente ai privati, in analoghe circostanze, la
presentazione di studi di fattibilità e, pur escludendo il diritto
a un compenso e alla realizzazione dell'opera, prevede l'obbligo
dell'amministrazione di provvedere sulla proposta nel termine di
sei mesi.
La Corte Costituzionale ha ricordato che la disciplina della
finanza di progetto, a livello statale, si inserisce nell'ambito
della disciplina generale dei contratti pubblici, caratterizzandosi
come un particolare metodo di affidamento dell'opera pubblica,
alternativo rispetto a quello della concessione (disciplinata
dall'art. 143 del Codice dei contratti pubblici), nel quale la gara
pubblica è basata su uno studio di fattibilità dell'opera e prevede
la pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di
offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o
parzialmente a carico dei soggetti proponenti.
La peculiarità di tale sistema, pertanto, risiede nella sua
idoneità a stimolare, per i lavori pubblici o di pubblica utilità
finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, un
contributo di idee da parte dell'imprenditoria privata,
nell'individuazione delle modalità di realizzazione tecnica
dell'opera pubblica, sia attraverso la predisposizione, da parte
del promotore, dello studio di fattibilità, sia nel corso del
procedimento, attraverso le eventuali modifiche.
Nella sentenza, la Corte ha ricordato che secondo quanto stabilito
dal Codice dei contratti, tra le modalità di individuazione del
contraente, ivi compresa quella ad iniziativa privata, si
presuppone che la valutazione di pubblica utilità dell'opera sia
già stata previamente effettuata dall'amministrazione
aggiudicatrice a monte, in sede di programmazione triennale.
Secondo quanto stabilito, prevedere la presentazione di uno studio
di pre-fattibilità per un'opera non compresa nella programmazione
triennale determina un vantaggio competitivo nella successiva gara
per l'affidamento dell'opera stessa per il proponente, andando a
contrastare il principio di concorrenza,
"dal momento che egli
è il primo ad aver approfondito gli aspetti tecnici, amministrativi
e finanziari del problema; ed anzi, proprio per effetto della
mancata previsione della pubblica utilità dell'opera, può dirsi che
egli acquisisce un vantaggio verosimilmente ancora maggiore
rispetto agli eventuali concorrenti".
La Corte ha, infine, ricordato che la presentazione dello studio di
fattibilità (art. 153, comma 19 del D.Lgs. n. 163/2006), pur
cadendo in un momento antecedente la fase dell'evidenza pubblica,
costituisce parte integrante di quest'ultima; la norma regionale,
dunque, incidendo direttamente sulla materia, di competenza
esclusiva statale, della tutela della concorrenza, risulta essere
illegittima.
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