Le
tariffe professionali degli Ingegneri ed architetti,
abolite con il Decreto legge n. 223/2006, cosiddetto “Decreto
Bersani” convertito nella legge n. 248 del 4 Agosto 2006 pubblicata
sul supplemento ordinario n. 183 della Gazzetta Ufficiale n. 186
dell’11 agosto 2006,
sopravvivono ancora perché, di fatto,
sono applicate dalle stazioni appaltanti per fissare l’importo dei
servizi da affidare.
Nella predisposizione dei
bandi di gara relativi ai servizi di
ingegneria ed architettura, per fissare l’importo a base d’asta
le stazioni appaltanti fanno sempre riferimento al
D.M. 4 aprile
2001, recante “
Corrispettivi delle attività di progettazione
e delle altre attività, ai sensi dell’articolo 17, comma 14-bis
della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modifiche”.
Sull’argomento è intervenuto alcuni giorni fa’ il
Consiglio
nazionale degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori
con la determinazione n. 2/2006 che, in buona sostanza ha
evidenziato come la legge Bersani assuma a riferimento le
“prestazioni libero-professionali”, mentre le tariffe del Codice
degli appalti si applicano a tutti gli operatori e, quindi, anche
alle società di ingegneria che non possono essere considerate
professionisti. La stessa determinazione, precisando che la legge
“Bersani” non ha modificato il regime degli onorari in quanto gli
stessi nelle opere pubbliche erano liberamente contrattabili, ha
anche richiamato l’attenzione sull’
articolo 2233 del Codice
civile secondo il quale “
in ogni caso la misura del compenso
deve essere adeguata all’importanza dell’opera ed al decoro della
professione”.
Verrebbe, quindi, a determinarsi un
doppio regime: le
prestazioni rese dai professionisti sarebbero soggette all’articolo
2233 del Codice civile mentre quelle rese dalle società di
ingegneria sarebbero soggette al D.M. 4 aprile 2001 con il
risultato di rendere inapplicabile la disciplina legislativa sugli
appalti di servizi basata sul confronto concorrenziale.
Da un punto di vista pratico, come abbiamo accennato all’inizio,
quasi tutte le stazioni appaltanti, dopo l’entrata in vigore del
decreto Bersani, hanno utilizzato il D.M. 4 aprile 2001 come
riferimento per la determinazione dell’onorario a base della gara
ma si comportano in maniera diversa per quanto concerne accettando
o meno ribassi oltre il 20%.
Alcune stazioni appaltanti, temendo le reazioni degli ordini
professionali, non applicano il Decreto Bersani e continuano ad
inserire già nel bando la clausola di esclusione delle offerte che
superano un ribasso del 20% mentre altre, pur utilizzando il D.M. 4
aprile 2001 come base di riferimento, cercano il progettista meno
caro senza fissare un limite per il ribasso.
Ci sono, poi, amministrazioni che partendo sempre dal D.M. 4 aprile
2001, preferiscono il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Vale la pena, per ultimo, ricordare che il Consiglio nazionale
degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori con la
citata determinazione n. 2/2006 ha sottolineato che le stazioni
appaltanti devono mantenere come punto di riferimento le tariffe di
cui al D.M. 4 aprile 2001, anche se queste non sono più
obbligatorie nei minimi, precisando, tra l’altro, che eventuali
eccessivi ribassi, possono essere sindacati in via giudiziaria dal
Consiglio nazionale e dai Consigli degli Ordini.
Ma l’argomento diventa ancora più complesso in quelle regioni che
hanno proprie leggi sui lavori pubblici e che hanno, in taluni
casi, recepito il criterio dei minimi tariffari inderogabili prima
dell’entrata in vigore del decreto “Bersani”; in tali casi, il
Consiglio nazionale ritiene che deve continuare ad applicarsi il
criterio dell’inderogabilità dei minimi, quale espressione della
volontà locale in una materia di competenza delle Regioni.
© Riproduzione riservata