In caso di mutamento della destinazione d'uso di un immobile, anche
senza alcuna opera edilizia, che comporta maggiori oneri sociali
delle opere di urbanizzazione, è necessario pagare la differenza
tra gli oneri di urbanizzazione già corrisposti per la destinazione
d'uso originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova
destinazione impressa all'immobile.
Questo in sintesi quanto stabilito dalla Sezione Quarta del
Consiglio di Stato che, con sentenza n. 5539 del 14 ottobre 2011, è
intervenuta in merito alla richiesta di pagamento degli oneri di
urbanizzazione richiesta da un Comune che ha riscontrato un cambio
di destinazione d'uso non autorizzato (passaggio da attività
all'ingrosso ad attività al dettaglio) che comportava una
rideterminazione degli oneri contributivi. L'appellante, nella sua
tesi difensiva, ha obiettato che non essendo intervenuta alcuna
opera edilizia nei locali dell'edificio adibito all'attività
commerciale e non sussistendo un cambio di destinazione d'uso con
opere (e neppure senza opere), non potrebbe pretendersi da parte
dell'Amministrazione comunale il pagamento della quota di
contributo concessorio afferente, appunto, il costo di
costruzione.
I giudici di Palazzo Spada non hanno condiviso la tesi
dell'appellante. In particolare, l'appellante non ha smentito il
cambio di destinazione d'uso non autorizzato, con l'avvenuta
variazione, ancorché senza opere, dell'utilizzo di alcuni locali,
da commercio all'ingrosso (originaria destinazione urbanistica
dell'immobile) a commercio al minuto. Da qui, i giudici di secondo
grado hanno ricordato che il contributo relativo al costo di
costruzione (art.6 della legge n.10 del 28 gennaio 1977, legge
"Bucalossi") è riconducibile all'attività costruttiva ex se
considerata; nondimeno, trattandosi di un prelievo paratributario,
il corrispettivo in questione è comunque dovuto in presenza di una
"trasformazione edilizia" che indipendentemente dall'esecuzione
fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici
connessi all'utilizzazione.
Nella fattispecie, un mutamento d'uso rilevante, intendendo per
tale ogni variazione anche di semplice uso che comporti un
passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di
vista urbanistico e che determini comunque un aumento del carico
urbanistico, comporta maggiori oneri sociali delle opere di
urbanizzazione e fa perciò insorgere il presupposto imponibile per
la debenza del contributo concessorio comprensivo della quota
relativa al costo di costruzione, con conseguente necessità, per
l'utilizzatore del beneficio, di pagare la differenza tra gli oneri
di urbanizzazione già corrisposti per la destinazione d'uso
originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova
destinazione impressa all'immobile.
Il contributo concessorio rideterminato deve comprendere
necessariamente anche il costo di costruzione, come contemplato
dalla citata legge Bucalossi, il cui art.10, comma 2, prevede il
pagamento del predetto onere per gli edifici destinati all'attività
commerciale, con la precisazione che, come costantemente affermato
dal Consiglio di Stato stesso, l'esonero dal costo di costruzione
non concerne le "opere" (e le "variazioni") suscettibili di essere
utilizzate al servizio di attività economiche di tipo
commerciale.
Nel caso di specie, essendo intervenuta nell'immobile una modifica
della superficie ad uso commerciale in senso accrescitivo del
carico urbanistico (a causa del passaggio tra due autonome
categorie urbanistiche: commercio all'ingrosso e commercio al
dettaglio), per tale variazione è insorta la condizione di fatto e
di diritto che impone il pagamento dell'onere contributivo anche in
riferimento alla quota del costo di costruzione, come determinata
ex novo con l'atto sindacale in contestazione.
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