L’Agenzia delle Entrate, con la
circolare n. 32 del 19
ottobre scorso avente per oggetto: “
Indagini finanziarie -
Poteri degli uffici: art. 32, primo comma, numeri 2), 5) e 7) del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 51, secondo comma, numeri
2), 5) e 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come modificati
dai commi 402 e 403 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n.
311” al capitolo 5 interviene precisando la nuova valenza
probatoria dei prelevamenti nei confronti dei professionisti e i
nuovi obblighi contabili per gli esercenti arti e professioni.
Il comma 402, lettera a) della citata legge n- 311/2004
ha
esteso ai lavoratori autonomi la presunzione di “compensi” ai
prelevamenti e agli importi riscossi per i quali non siano stati
indicati i beneficiari, sempre secondo il citato principio
dell'inerenza.
In sostanza, tale norma ha esteso, ai fini delle imposte sui
redditi, ai lavoratori autonomi il regime presuntivo di
imponibilità oltre che alle operazioni di accredito/versamenti
anche a quelle di addebito/prelevamenti o somme riscosse.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare precisa che
la
disposizione intende valorizzare l'analisi della maggiore capacità
di spesa, comunque manifestata e non giustificata dal lavoratore
autonomo, e correlare tale maggiore capacità con le ulteriori
operazioni attive anch’esse effettuate presuntivamente “in nero”,
nell’ambito della specifica attività esercitata.
Anche con riguardo ai prelevamenti dei professionisti valgono
pertanto gli stessi argomenti comunemente addotti in relazione
all’efficacia probatoria dei versamenti e dei prelevamenti già
consentita dalla disciplina previgente per le imprese.
Circa l’estensione soggettiva della disposizione operata dalla
legge, occorre osservare in particolare che il fondamento economico
sotteso al descritto meccanismo presuntivo, che si basa per le
imprese prevalentemente sull’acquisto e vendita di beni, è
configurabile anche per i lavoratori autonomi, sebbene non vendano
beni bensì prestino servizi.
Del resto, la soggezione anche dei lavoratori autonomi alla regola
presuntiva intende attestare nella sua essenza, semplicemente e
comprensibilmente, che i prelevamenti per i quali non si può
(illegalmente, come ad esempio, per l'eventuale pagamento di
tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il
pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero)
fornire detta indicazione sono da considerare costi in nero che
hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati.
Ricordiamo, poi, che l'art. 35, comma 12, del decreto legge n. 223
del 2006 convertito in legge n. 248/2006 ha modificato l'art. 19
del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di adempimenti contabili degli
esercenti arti e professioni, prevedendo - attraverso l’inserimento
di due nuovi commi, terzo e quarto - la tenuta di uno o più conti
correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente,
le somme riscosse nell’esercizio dell’attività e dai quali sono
effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. Inoltre, i
compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono
riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o
bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale
nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi
unitari inferiori a 100 euro.
La circolare n. 28/E del 2006, paragrafo 7, ha precisato che per
quanto riguarda i conti correnti bancari o postali, da tenere
obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al
pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi
riscossi, non necessariamente devono essere “dedicati”
esclusivamente all’attività professionale, ma possono eventualmente
essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio
dell'arte o della professione. Ciò significa che gli stessi possono
essere utilizzati per effettuare operazioni anche a titolo
personale, ferma restando la possibilità di utilizzo dei
“prelevamenti personali”, ai fini dell’esercizio delle presunzioni
legali previste dai numeri 2) dell'art. 32 del D.P.R. n. 600 del
1973 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, qualora il
contribuente non ne giustifichi la destinazione.
L’obbligo di istituzione del conto corrente bancario o postale per
le finalità di cui sopra decorre dall'entrata in vigore del citato
decreto legge (4 luglio 2006).
Il successivo comma 12-bis dell’art. 35, inserito dalla legge di
conversione del 4 agosto 2006, n. 248, dispone che l’originario
limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'art. 19 del D.P.R.
n. 600 del 1973, introdotto dal precedente comma 12, “si applica a
decorrere dal 1 luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2007
il limite e' stabilito in 1000 euro. Dal 1 luglio 2007 al 30 giugno
2008 il limite è stabilito in 500 euro”.
A seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione, la
stessa circolare n. 28 precisa che “l’obbligo di riscuotere i
compensi in argomento mediante strumenti finanziari “tracciabili”,
nei limiti appena richiamati, decorre dalla data di entrata in
vigore della predetta legge di conversione." (12 agosto 2006).
Per ultimo vale la pena ricordare alcune sentenze di Cassazione che
confermano le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.
Cassazione n. 18016 del 9/9/2005 confermata dalla Cassazione n.
19003 del 28/9/2005 in cui in sintesi si precisa che “In caso
di acquisizioni dei movimenti di un c/c bancario debbono essere
considerati ricavi sia le operazioni attive sia quelle passive a
meno che non si dimostri che corrispondano a operazioni già
contabilizzate o estranee all’attività”.
Cassazione n. 14420 dell’8/7/2005 in cui in sintesi si
precisa che “La presunzione di omessa fatturazione di ricavi
conseguiti dal contribuente correlata agli accertati prelevamenti
operati su c/c bancari, ritenuti uscite di cassa, deve ritenersi
superata qualora gli assegni siano stati regolarmente
contabilizzati e si fornisca giustificazione in ordine al transito
e al conteggio in contabilità dei dati in questione”.
Cassazione n. 5365 del 6/2/2006, 10/3/2006 in cui in sintesi
si precisa che “Le risultanze delle indagini bancarie conservano il
loro valore di presunzioni legali juris tantum anche ove
l’Amministrazione non abbia provveduto a contestare le risultanze
al contrinìbuente e a sollecitarne i chiarimenti e non sono
liberamente valutabili dal giudice. Perciò permane in capo al
contribuente l’onere di fornire in giudizio le prove che
smentiscano le risultanze bancarie”.
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