Sebbene il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali in Italia abbia mostrato negli ultimi anni un trend
decrescente, il che rappresenta un segnale certamente positivo, i
numeri restano tuttavia ancora troppo elevati ed inaccettabili per
un paese civile. I dati dell'INAIL relativi al 2010 hanno
evidenziato una diminuzione degli infortuni dopo il forte calo
registrato nell'anno precedente (775.000 denunce- 15.000 in meno
rispetto al 2009). Anche i dati provvisori dei primi nove mesi del
2011 hanno evidenziato una riduzione nel numero complessivo degli
infortuni (da 579.000 a 553.000 rispetto allo stesso periodo del
2010).
Questi sono i dati principali emersi nella
Terza Relazione
Intermedia sull'attività svolta dalla Commissione Parlamentare di
Inchiesta relativa al
"Fenomeno degli infortuni sul lavoro
con particolare riguardo alle cosiddette morti bianche"
approvata il 17 gennaio 2012.
La Commissione ha evidenziato come la pubblicazione D.Lgs. n.
81/2008 (Testo Unico Sicurezza Lavoro) ha riunito per la prima
volta in un corpus finalmente organico ed esaustivo le varie norme
di una materia complessa e multiforme e definito in maniera
puntuale istituti e figure prima non chiaramente riconoscibili. Ciò
ha, chiaramente, comportato notevoli esigenze di adeguamento per
tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel sistema della
prevenzione degli infortuni e delle malattie sul lavoro, ponendo
una serie di problemi interpretativi e applicativi nonché,
soprattutto da parte del mondo imprenditoriale, richieste di
semplificazione di alcuni adempimenti ritenuti eccessivamente
formali o burocratici e di rimodulazione dell'apparato
sanzionatorio.
Secondo il lavoro della Commissione Parlamentare di Inchiesta è
opportuno intensificare gli sforzi concentrandosi su tre direttrici
fondamentali:
- la formazione/informazione dei lavoratori e delle imprese;
- i controlli sull'applicazione delle norme;
- il coordinamento fra tutti i soggetti sociali ed istituzionali
competenti.
La Relazione ha, inoltre, sottolineato
- la necessità di accrescere il coordinamento e le sinergie fra
tutti gli enti istituzionali preposti alla tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro, sia centrali che periferici;
- di rendere più incisivi i controlli e la repressione delle
infrazioni in materia di salute e sicurezza del lavoro (specie per
il lavoro sommerso ed irregolare e lo sfruttamento del lavoro
minorile);
- di promuovere la diffusione della cultura della sicurezza, non
solo attraverso la formazione/informazione dei lavoratori e dei
datori di lavoro, ma anche mediante appositi insegnamenti
all'interno della scuola e dell'università;
- di assumere adeguate iniziative legislative e amministrative
per aumentare la sicurezza del lavoro nel settore degli appalti,
fissando regole più certe e selettive, non perseguendo il
ricorso al massimo ribasso quale criterio di valutazione delle
offerte, accrescendo la qualificazione delle imprese e
contenendo la pratica del subappalto.
Commissione Parlamentare di Inchiesta, dunque, contro il ricorso al
massimo ribasso negli appalti pubblici.
La sicurezza sul lavoro nel settore degli appalti e
subappalti
La Commissione, sebbene le disposizioni vigenti proibiscano
espressamente di effettuare ribassi sui costi per la sicurezza
nelle gare d'appalto, proprio al fine di garantire le massime
tutele per i lavoratori, ha evidenziato come nella pratica questo
divieto viene spesso aggirato, soprattutto attraverso la catena dei
subappalti, che quanto più si allunga tanto più rende difficili i
controlli.
Il problema risulta essere maggiormente accentuato negli appalti
dell'edilizia privata, dove non esistono procedure di gara o
meccanismi di selezione degli appaltatori imposti per legge,
essendo tutto rimesso alla libera contrattazione delle parti, per
cui in genere i committenti tendono a privilegiare le imprese
appaltatrici che offrono i prezzi più competitivi, magari a scapito
della qualità o di altri aspetti come le tutele della sicurezza sul
lavoro.
Anche nel settore pubblico, malgrado le procedure e i controlli
siano più severi, le norme sono spesso disattese, con il risultato
che per offrire prezzi più bassi nelle gare d'appalto, molte ditte
cercano di risparmiare proprio sui costi per la sicurezza,
accrescendo i rischi per i lavoratori. Uno dei fattori che
alimentano questo meccanismo è il fatto che molte amministrazioni
appaltanti utilizzano come criterio di valutazione delle offerte
quasi esclusivamente il massimo ribasso d'asta: si tratta
ovviamente di una scelta legittima, prevista dalla normativa
vigente (che è poi quella comunitaria) e che dovrebbe aiutare le
pubbliche amministrazioni a contenere i costi a parità di
prestazioni.
La Commissione d'inchiesta ha, tuttavia, potuto verificare che
nella realtà questo si traduce in molti casi in una fortissima
compressione dei costi, con ribassi anche superiori al 50 per cento
sia nella fase di progettazione che in quella di esecuzione. È
chiaro che situazioni di questo tipo compromettono inevitabilmente
non solo la qualità del lavoro appaltato, ma anche il rispetto di
tutte le procedure e le garanzie, incluse quelle della sicurezza
sul lavoro.
Sull'argomento è intervenuta anche l'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici che, a seguito di una specifica indagine svolta
nel 2008, ha riscontrato casi di infortuni sul lavoro in appalti
dove c'erano stati ribassi superiori anche al 50 per cento.
Appalti e Sub-Appalti
L'aspetto critico è nel rapporto tra appaltatore e subappaltatori:
mentre il contratto di appalto tra il committente e l'appaltatore è
di solito ben articolato e prevede l'appostamento di somme per la
sicurezza con adeguati controlli da parte del committente, i
contratti tra l'appaltatore e i successivi affidatari sono spesso
meno rigorosi e non prevedono analoghi obblighi e controlli. Vi è
quindi un problema di vigilanza: l'80 per cento degli incidenti
avviene in cantieri dove mancano spesso i responsabili della
sicurezza, ma a ciò va ad aggiungersi la carenza di controlli da
parte degli ispettori del lavoro.
Le pubbliche amministrazioni appaltanti spesso non riescono a
gestire l'intera filiera e, anche a causa di una insufficiente
capacità progettuale, non intervengono per timore di ritardi
nell'esecuzione o di contestazioni delle ditte, che riescono spesso
a imporre una serie di modifiche che fanno lievitare il costo
finale dell'appalto, il che si ripercuote proprio sui costi della
sicurezza. Tali problemi sono ancora più gravi nel settore privato,
dove di fatto non esistono regole né controlli.
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