Certificazione energetica degli edifici: autodichiarazione in classe G preferita

03/04/2012

L'allegato A, paragrafo 9, del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 26 giugno 2009 recante "Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici" prevede che per gli edifici di superficie utile inferiore o uguale a 1000 mq il proprietario può scegliere di ottemperare agli obblighi di legge attraverso una dichiarazione in cui si afferma che l'edificio è di classe energetica G e i costi per la gestione energetica dell'edificio sono molto alti.

Con questo pretesto, nelle Regioni dove è consentito, l'autodichiarazione in classe G è stata nettamente preferita (in Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia) rispetto alla certificazione energetica effettuata dal tecnico abilitato, con la conseguenza che gli acquirenti e/o inquilini non hanno ricevuto alcuna indicazione in merito ai consumi energetici dell'immobile ed al piano di miglioramento del rendimento.

Lo ha affermato il Comitato Termotecnico Italiano (CTI) che, nel attraverso il suo rapporto annuale sull'attuazione della Certificazione Energetica degli Edifici in Italia, ha rilevato l'impasse normativo che ha portato l'Italia ad essere messa in mora dalla Commissione Europea che ha ritenuto questa scelta non coerente con il recepimento della Direttiva 31. L'autodichiarazione sarà dunque messa al bando su tutto il territorio nazionale attraversi l'emanazione di Decreto statale "correttivo".

Nel Rapporto 2012 del CTI, interessante è il risultato delle domande poste ai Responsabili delle politiche locali (Dirigenti e Assessori), protagonisti nel processo di elaborazione e di attuazione dei programmi di efficienza e certificazione energetica degli edifici, ai quali è stato chiesto di descrivere le principali politiche energetiche intraprese, con i relativi orientamenti futuri. Le risposte hanno fatto emergere la necessità di:
  • estendere a tutte le Regioni le "buone pratiche" poste in essere da quelle che hanno investito maggiormente in passato in termini di risorse di bilancio;
  • migliorare il coordinamento tra legislazione nazionale e regionale o agire direttamente sul grado di omogeneità dei testi;
  • semplificare gli iter autorizzativi e di accesso alle sovvenzioni;
  • consolidare l'accesso agli incentivi per interventi di riduzione dei consumi energetici;
  • istituire sistemi informativi regionali/nazionali per la raccolta e la gestione degli ACE;
  • rendere più funzionali e meno onerose per i cittadini le procedure mediante, ad esempio, la "dematerializzazione" dei documenti;
  • aumentare l'importanza della sensibilizzazione e dell'informazione dei cittadini sulle tematiche energetiche, con la diffusione della consapevolezza che gli obiettivi del burden sharing (meccanismo di ripartizione di un impegno collettivo, che avviene secondo principi di equità e di responsabilità) sono traguardi comuni, condivisi e irrinunciabili.

L'analisi condotta dal CTI ha fatto emergere anche la difficoltà italiana per ciò che riguarda le targhe energetiche installate che, tra l'altro, dovrebbero essere obbligatorie per gli uffici ad uso pubblico (art. 6 D. Lgs. n. 192/2005). I dai del CTI hanno evidenziato come tutte le Regioni, ad eccezione di Basilicata, Marche e Molise, hanno comunicato il numero di ACE depositati. Le Regioni che hanno applicato la certificazione con maggior rigore sono state Lombardia (710.000), Emilia Romagna (260.000), Piemonte (233.931), Liguria (66.329) e Lazio (29.700).

Significativo, infine, per ciò che riguarda la qualità delle certificazioni energetiche realizzate, è il dato che, pur se riferito ad un ridotto campione, ha fatto emergere un'elevata percentuale di ACE con risultanze non conformi. In tal senso, il CTI ha ricordato che la direttiva 2010/31/UE, già in vigore, all'art. 18 affronta la questione prescrivendo, alle autorità nazionali competenti o agli organismi da esse delegati, l'istituzione di sistemi di controllo indipendenti (dispone la verifica di una percentuale statisticamente significativa di tutti gli ACE rilasciati nel corso di un anno), in conformità all'allegato II della direttiva medesima.

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