Le polemiche sul prezzo dell'elettricità di questi giorni, con i
conseguenti attacchi alle fonti d'energia rinnovabili (FER)
pubblicate dai diversi quotidiani, appaiono strumentali a un
disegno che vorrebbe consegnare il futuro del Paese alle fonti
fossili e alla generazione centralizzata, in un'ottica miope e di
breve periodo. É assolutamente riduttivo, infatti, che si continui
a sostenere che l'aumento annunciato dall'AEEG lo scorso 30 marzo
sia dovuto allo sviluppo delle rinnovabili, visto che il 70%
dell'energia elettrica in Italia è prodotta dal gas che paghiamo
circa il 30% in più rispetto alla media europea.
Nessuno però sembra indignarsi di ciò e dell'ulteriore aumento
annunciato dall'AEEG di ancora un altro 1,8%. Perche?!
Non possiamo neanche dimenticare che il principale meccanismo di
sostegno delle FER, basato sul mercato dei certificati verdi, è
stato negli ultimi anni fortemente viziato da vere e proprie
rendite di posizione che ne hanno decretato la morte. Si pensi a
quei produttori da fonte fossile che hanno beneficiato
dell'esenzione dall'acquisto dei certificati, o a molti grandi
consumatori industriali che ottengono ancora oggi remunerazione per
il servizio di interrompibilità che quasi mai eseguono, a spese
delle bollette elettriche delle famiglie e delle PMI.
Allo stesso modo non è accettabile che debbano essere i produttori
di energia pulita a dover pagare per gli investimenti fatti in
nuove centrali alimentate a fonti fossili, in modo dissennato,
senza che fossero considerati dati sui consumi di energia elettrica
e gli obiettivi europei al 2020 per le energie rinnovabili.
La sovraccapacità produttiva di energia elettrica da fonti fossili
non può portare né al blocco dello sviluppo della green economy né
al riconoscimento del "capacity payment" che altro non sarebbe se
non una ingiusta corresponsione di denaro a chi ha investito in
centrali inutili.
Ciò che pesa sulla nostra "bolletta elettrica" non è tanto il
sostegno alle fonti rinnovabili, quanto altre voci di costo
raramente sul banco degli imputati. Ricordiamo ad esempio il famoso
CIP6, grazie al quale le famiglie italiane continuano a regalare da
oltre 20 anni decine di miliardi di euro alle cosiddette "fonti
assimilate alle rinnovabili": dall'incenerimento dei rifiuti
urbani, agli scarti della raffinazione del petrolio. In sintesi
nulla di più lontano dalle rinnovabili vere e proprie! O ancora, il
costo del decomissioning delle centrali nucleari che, a distanza di
ben 25 anni dal "no" referendario del 1986, continua a pesare sulla
bolletta elettrica e ammonta oggi a circa 19 miliardi di euro.
Questi sono alcuni dei numerosi falsi miti che APER si è proposta
di sfatare con il dossier "Energie senza bugie", scaricabile dal
nostro sito www.aper.it
Se infatti è giusto riconoscere che in alcuni momenti in passato
gli incentivi allo sviluppo delle rinnovabili, sono forse stati
superiori al dovuto, è giusto ricordare che probabilmente senza di
essi l'Italia non sarebbe stata in grado di recuperare il gap con
le altre potenze occidentali e sviluppare tecnologie e
occupazione.
Bloccare oggi il settore porterebbe a una nuova emarginazione del
nostro paese rispetto alle politiche europea e sarebbe il segnale
che stiamo nuovamente adottando una strategia autolesionista,
rinunciando alla possibilità di essere capofila nello sviluppo
delle tecnologie verdi. In questo modo sceglieremmo di rinnegare la
strada imboccata che ci porterebbe verso l'indipendenza energetica
(dalle fonti fossili e soprattutto dagli approvvigionamenti esteri)
e la significativa creazione di nuovi posti di lavoro
qualificati.
Il Ministro Clini ha recentemente affermato che chi vuole
"tagliare" le rinnovabili non tiene conto di tre fattori
fondamentali: le direttive europee che dobbiamo rispettare pena
sanzioni; l'orientamento del mercato internazionale che nel 2011 ha
investito nelle rinnovabili 260 miliardi di dollari; i benefici che
derivano alle casse pubbliche proprio dallo sviluppo dell'energia
pulita. Non si possono sottolineare solo i costi delle rinnovabili
e ignorare i vantaggi in termini di incremento del PIL, l'aumento
del gettito fiscale, la diminuzione del picco diurno della domanda,
la maggiore occupazione, il miglioramento della bilancia
commerciale per le mancate importazioni dei combustibili
fossili.
Quanto espresso dal Ministro è ben documentato nello studio di OIR
- AGICI, condotto dal Prof. Andrea Gilardoni, dell'Università
Bocconi, dal quale emerge che i benefici economici legati allo
sviluppo delle fonti rinnovabili (senza tenere conto di quelli
ambientali e di quelli per la salute), attualizzati ad oggi, sono
di 76 miliardi di euro. Inoltre, se non verrà fermato lo sviluppo,
l'occupazione passerà dagli attuali 130.000 occupati a 266.000 nel
2020. Il settore è vitale anche per le esportazioni di tecnologia,
lo studio stima infatti che il saldo netto dell'import/export della
componentistica per gli impianti FER, passerà dai 614 milioni di
euro nel 2012 a 4.667 milioni nel 2020. Questi i dati!
Nei prossimi giorni il Governo dovrà decidere le sorti del nostro
settore: crediamo fermamente che la gran parte degli Italiani si
augura che la "partita non sia ancora terminata" e che l'Italia
decida di continuare ad essere protagonista nell' industria pulita
delle energie rinnovabili.
Presidente APER
Agostino Re Rebaudengo
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