Riforma delle Professioni: Una proposta dell'Ordine degli Architetti di Firenze

23/04/2012

Mentre siamo in attesa di conoscere quello che succederà il 12 agosto di quest'anno quando, in riferimento a quanto previsto dall'articolo 3, comma 5 del decre-legge 13 agosto 2011, n. 138 convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, gli ordinamenti professionali dovranno essere stati già riformati sulla base dei principi dettati nelle lettere da a) ad g) del citato comma 5, l'Ordine degli Architetti di Firenze presenta una dirompente proposta di riforma che parte dal presupposto che in Italia la figura dell'architetto non presenta una identità professionale ben distinta ma, anzi, eterogenea.
Niente più Ordini professionali, al loro posto Istituti provinciali che svolgono attività di supporto e consulenza non solo ai professionisti ma anche ai cittadini. Un'Autority regionale di tutela e controllo delle professioni che hanno a che fare con la materia Territorio ed Ambiente. Tutto ciò definito da una legge quadro che chiarisca la natura ed il valore della prestazione, i parametri deontologici di base, le competenze specifiche di tutti gli operatori dell'edilizia.

Nel documendo predisposto dall'Ordine degli Architetti di Firenze viene precisato che alle due modalità diverse di esercizio della professione come lavoro autonomo e come lavoro dipendente (impiegatizio o di insegnamento) se ne aggiunge un'altra costituita da una costellazione di attività che non possono essere ricondotte né all'una né all'altra tipologia e che alimenta una immagine indistinta della figura dell'architetto.
Ecco, oggi gli Ordini professionali ed i Consigli nazionali come strutture dipendenti, di fatto, dal Ministero della Giustizia (unico esempio in Europa) continuano ad essere fondamentalmente strutture con funzioni di Magistratura e la loro funzione è essenzialmente quella di Tribunale giudicante e non quella di governo politico della professione; non possono svolgere, quindi, quelle attività oggi richieste tanto che gli stessi, per allargare la propria funzione di promozione e formazione hanno delegato, talvolta, Enti paralleli quali le Fondazioni che hanno, in certi casi, funzioni di rappresentanza assimilabili a quelle delle associazioni sindacali.

L'Ordine degli Architetti di Firenze si chiede, poi, quale sia la reale utilità del Consiglio nazionale degli Architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori, quale Ente di diritto pubblico disciplinato nell'ordinamento giuridico italiano dalla Legge 1395/23, dal Regio Decreto 2537/25, dal Decreto Luogotenenziale 382/44 e dal DPR 169/2005 e, precisa che lo stesso, dipendente dal Ministero di Giustizia, oltre ad essere Magistratura di secondo livello, ha la competenza di fornire pareri, su richiesta del Ministero della Giustizia, in merito a proposte di legge e regolamenti concernenti la professione e, di fatto, ha poco o nulla a che fare con le problematiche legate alla reale politica professionale.

In verità, successivamente alla emanazione del decreto-legge n. 1/2012 sulle “cosiddette liberalizzazioni” il Consiglio nazionale degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori aveva pubblicato un vademecum sulla riforma delle professioni sul quale il Consigliere dell'Ordine degli Architetti di Firenze Giuseppe Rinaldi, il 18 febbraio scorso, in un commento ad una nostra notizia, così si era espresso:
Per come il CNA si esprime con questo "Vademecum" sulla "riforma" non ne è percepibile una chiara e complessiva impostazione, essendo il testo denso di "probabilmente" e di interpretazioni quantomeno opinabili e/o suscettibili di un molto più approfondito dibattito. A questo proposito chiedo ai Colleghi di approfondire la riflessione sul tema della rappresentanza delle professioni e (soprattutto) dei Professionisti. A me non risulta che questa rappresentanza esista.
Mi spiego:
gli Ordini Professionali sono Enti di Stato ad iscrizione obbligatoria, e i Consigli Nazionali sono solo magistrature (di ordine superiore agli Ordini), niente di più e niente di meno. Tutti sono Enti finalizzati (dall'organizzazione autoritaria dello stato italiano dal 1923 al 1945) al controllo politico dei professionisti e alla tutela del Committente dalle sue iniziative scorrette (anche politicamente). Il comportamento politico (?!) scorretto è ancora oggi (dopo la fine del regime e 65 anni di Repubblica) sanzionabile e presente nelle Leggi di questa Repubblica. Gli Ordini furono anche inquadrati nell'organizzazione "sindacale" corporativa, abolita con l'avvento dello Stato Repubblicano. Nella Costituzione, per i vari Consigli Nazionali (era ancora viva l'eco dei tribunali speciali) era prevista la cancellazione per il 1953 (poi mai avvenuta).
Le leggi che regolano e governano gli Ordini (e il CNA) sono sempre quelle emanate dal 1923 al 1945. Purtroppo il nostro Paese è (almeno nel campo delle strutture di rappresentanza dei professionisti) ancorato a un passato inconcepibile per un paese moderno e liberale.


Anche, in considerazione di molteplici commenti dei nostri lettori, nei prossimi giorni porremo ai Presidenti ad alcuni Ordini provinciali ed ai Presidenti dei Consigli nazionali degli Architetti, degli Ingegneri e dei Geologi le seguenti domande:
  • Ritiene giusta una riforma della professione che modifichi l'attuale struttura regolata da norme che sono, ormai, abbondantemente, datate e che superi le attuali connotazioni in consigli provinciali e Consiglio nazionale?
  • Ritiene che l'attuale legge elettorale dei consigli provinciali e nazionali sia idonea a rappresentare i professionisti e che la stessa, con la possibilità della creazione di cordate, dia una possibilità quasi nulla di rappresentanza alle minoranze?
  • Ritiene corretto un unico albo con gli stessi diritti e con gli stessi doveri in cui possano confluire sia i liberi professionisti che i dipendenti?

A queste nostre ne potremmo aggiungere delle altre, anche in riferimento di eventuali commenti e richieste dei nostri lettori.

Il dibattito è aperto.



© Riproduzione riservata