Mentre siamo in attesa di conoscere quello che succederà il
12
agosto di quest'anno quando, in riferimento a quanto previsto
dall'articolo 3, comma 5 del decre-legge 13 agosto 2011, n. 138
convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
gli
ordinamenti professionali dovranno essere stati già riformati
sulla base dei principi dettati nelle lettere da a) ad g) del
citato comma 5,
l'Ordine degli Architetti di Firenze presenta
una dirompente proposta di riforma che parte dal presupposto
che in Italia la figura dell'architetto non presenta una identità
professionale ben distinta ma, anzi, eterogenea.
Niente più Ordini professionali, al loro posto Istituti
provinciali che svolgono attività di supporto e consulenza non solo
ai professionisti ma anche ai cittadini. Un'Autority regionale di
tutela e controllo delle professioni che hanno a che fare con la
materia Territorio ed Ambiente. Tutto ciò definito da una legge
quadro che chiarisca la natura ed il valore della prestazione, i
parametri deontologici di base, le competenze specifiche di tutti
gli operatori dell'edilizia.
Nel documendo predisposto dall'Ordine degli Architetti di Firenze
viene precisato che alle due modalità diverse di esercizio della
professione come lavoro autonomo e come lavoro dipendente
(impiegatizio o di insegnamento) se ne aggiunge un'altra costituita
da una costellazione di attività che non possono essere ricondotte
né all'una né all'altra tipologia e che alimenta una immagine
indistinta della figura dell'architetto.
Ecco, oggi
gli Ordini professionali ed i Consigli nazionali
come strutture dipendenti, di fatto, dal Ministero della Giustizia
(unico esempio in Europa) continuano ad essere fondamentalmente
strutture
con funzioni di Magistratura e la loro funzione è
essenzialmente quella di Tribunale giudicante e non quella di
governo politico della professione; non possono svolgere,
quindi, quelle attività oggi richieste tanto che gli stessi, per
allargare la propria funzione di promozione e formazione hanno
delegato, talvolta, Enti paralleli quali le Fondazioni che hanno,
in certi casi, funzioni di rappresentanza assimilabili a quelle
delle associazioni sindacali.
L'Ordine degli Architetti di Firenze si chiede, poi,
quale sia
la reale utilità del Consiglio nazionale degli Architetti
pianificatori, paesaggisti e conservatori, quale Ente di diritto
pubblico disciplinato nell'ordinamento giuridico italiano dalla
Legge 1395/23, dal Regio Decreto 2537/25, dal Decreto
Luogotenenziale 382/44 e dal DPR 169/2005 e, precisa che lo stesso,
dipendente dal Ministero di Giustizia, oltre ad essere Magistratura
di secondo livello, ha la competenza di fornire pareri, su
richiesta del Ministero della Giustizia, in merito a proposte di
legge e regolamenti concernenti la professione e, di fatto,
ha
poco o nulla a che fare con le problematiche legate alla reale
politica professionale.
In verità, successivamente alla emanazione del decreto-legge n.
1/2012 sulle “cosiddette liberalizzazioni” il Consiglio nazionale
degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori aveva
pubblicato un
vademecum sulla riforma delle professioni sul
quale il Consigliere dell'Ordine degli Architetti di Firenze
Giuseppe Rinaldi, il 18 febbraio scorso, in un commento ad
una nostra notizia, così si era
espresso:
“
Per come il CNA si esprime con questo "Vademecum" sulla
"riforma" non ne è percepibile una chiara e complessiva
impostazione, essendo il testo denso di "probabilmente" e di
interpretazioni quantomeno opinabili e/o suscettibili di un molto
più approfondito dibattito. A questo proposito chiedo ai Colleghi
di approfondire la riflessione sul tema della rappresentanza delle
professioni e (soprattutto) dei Professionisti. A me non risulta
che questa rappresentanza esista.
Mi spiego:
gli Ordini Professionali sono Enti di Stato ad iscrizione
obbligatoria, e i Consigli Nazionali sono solo magistrature (di
ordine superiore agli Ordini), niente di più e niente di meno.
Tutti sono Enti finalizzati (dall'organizzazione autoritaria dello
stato italiano dal 1923 al 1945) al controllo politico dei
professionisti e alla tutela del Committente dalle sue iniziative
scorrette (anche politicamente). Il comportamento politico (?!)
scorretto è ancora oggi (dopo la fine del regime e 65 anni di
Repubblica) sanzionabile e presente nelle Leggi di questa
Repubblica. Gli Ordini furono anche inquadrati nell'organizzazione
"sindacale" corporativa, abolita con l'avvento dello Stato
Repubblicano. Nella Costituzione, per i vari Consigli Nazionali
(era ancora viva l'eco dei tribunali speciali) era prevista la
cancellazione per il 1953 (poi mai avvenuta).
Le leggi che regolano e governano gli Ordini (e il CNA) sono sempre
quelle emanate dal 1923 al 1945. Purtroppo il nostro Paese è
(almeno nel campo delle strutture di rappresentanza dei
professionisti) ancorato a un passato inconcepibile per un paese
moderno e liberale.”
Anche, in considerazione di molteplici commenti dei nostri lettori,
nei prossimi giorni porremo ai Presidenti ad alcuni Ordini
provinciali ed ai Presidenti dei Consigli nazionali degli
Architetti, degli Ingegneri e dei Geologi le seguenti domande:
- Ritiene giusta una riforma della professione che modifichi
l'attuale struttura regolata da norme che sono, ormai,
abbondantemente, datate e che superi le attuali connotazioni in
consigli provinciali e Consiglio nazionale?
- Ritiene che l'attuale legge elettorale dei consigli provinciali
e nazionali sia idonea a rappresentare i professionisti e che la
stessa, con la possibilità della creazione di cordate, dia una
possibilità quasi nulla di rappresentanza alle minoranze?
- Ritiene corretto un unico albo con gli stessi diritti e con gli
stessi doveri in cui possano confluire sia i liberi professionisti
che i dipendenti?
A queste nostre ne potremmo aggiungere delle altre, anche in
riferimento di eventuali commenti e richieste dei nostri
lettori.
Il dibattito è aperto.
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