La condanna per reato di aggiotaggio può comportare l'esclusione di
un'impresa da una gara d'appalto, ai sensi dell'art. 38 del Codice
dei contratti pubblici. Questo il commento della Sezione Terza del
Consiglio di Stato che in sede giurisdizionale ha pronunciato la
sentenza n. 2607 con la quale ha respinto il ricorso presentato
contro una sentenza del TAR che aveva accolto un ricorso contro il
diniego di approvazione del contratto stipulato fra la società
ricorrente ed il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di
Firenze.
I fatti
La società odierna appellata, risultata aggiudicataria della gara
indetta per l'affidamento del servizio di pulizia presso il Comando
Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze per il periodo
1.1.2011/31.12.2013, ha impugnato davanti al TAR per la Toscana gli
atti e provvedimenti, con i quali il Ministero dell'Interno ed il
Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze sono
intervenuti sull'esito di quella gara, rimuovendo l'aggiudicazione
inizialmente disposta in favore della ricorrente, nonché negando
l'approvazione del contratto da questa stipulato e provvedendo ad
affidare il servizio al raggruppamento temporaneo secondo
classificato. Il provvedimento di rimozione dell'aggiudicazione era
stato preso in quanto al legale rappresentante della società
risultava una condanna per aggiotaggio.
I giudici di primo grado ha accolto il ricorso, annullando il
diniego di approvazione del contratto stipulato fra la società
ricorrente ed il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di
Firenze. L'appello in secondo grado è stato respinto dal Consiglio
di Stato e la sentenza impugnata confermata, sia pure con diversa
motivazione.
Il Consiglio di Stato ha ricordato che l'art. 38 del Codice dei
contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006) dispone l'esclusione dalla
gara per l'affidamento di appalti pubblici del soggetto, nei cui
confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in
giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto
irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su
richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura
penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità, che
incidono sulla moralità professionale.
Tale norma costituisce presidio dell'interesse dell'Amministrazione
di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano
adeguata moralità professionale; condizioni perché l'esclusione
consegua alla condanna sono la gravità del reato ed il riflesso
dello stesso sulla moralità professionale.
Il legislatore ha lasciato, comunque, alla stazione appaltante un
margine di apprezzamento sull'incidenza del reato sulla moralità
professionale e sull'offensiva per lo Stato e per la Comunità. La
tutela penale apprestata con la previsione del reato di aggiotaggio
"tende alla tutela della concorrenza che è valore ovviamente
decisivo con riguardo al settore dei pubblici appalti", con
conseguente "rilevanza del reato per cui è intervenuta condanna in
relazione alle dinamiche fiduciarie del contratto".
Nel caso di specie, si trattava di un illecito di "market abuse",
che, se pure posto in essere dal soggetto "a titolo personale", non
può non refluire sulla sua attività professionale di imprenditore e
legale rappresentante di una società, che, in quanto operante nel
mercato e per il mercato dei contratti pubblici, deve garantire
alla P.A., con la quale aspiri a contrarre, quella affidabilità di
assoluto rispetto delle regole della concorrenza presidianti il
settore stesso (art. 2 del D. Lgs. n. 163/2006 ) ed il mercato in
generale, che la veduta condanna smentisce o non è quanto meno in
grado di assicurare in pieno.
Se, pertanto, ai fini della valutazione della compromissione
dell'affidabilità morale e professionale, l'Amministrazione non
poteva nel caso di specie assolutamente prescindere dall'esistenza
di una siffatta condanna penale passata in giudicato, nemmeno è
mancata, nella fattispecie all'esame, la dovuta considerazione
della condanna stessa, ai fini del riscontro della discussa
sussistenza della causa di esclusione di cui si tratta, in termini
di gravità del reato incidente sulla moralità professionale: e ciò
sia in astratto, sia in concreto con riferimento specifico al caso
di specie, ritenuto dall'Amministrazione oggettivamente grave per
la complessiva vicenda in cui il fatto iscritto al legale
rappresentante dell'appellata si inserisce, per le poste oggetto di
confisca, per il tempo relativamente breve trascorso sia dalla
commissione del fatto-reato che dalla condanna e per la mancanza di
atti di dissociazione della società a fronte della condotta
penalmente rilevante del suo rappresentante.
Tanto basta a minare il necessario rapporto fiduciario con la p.a.
ed a supportare, diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice,
la verifica negativa dei requisiti prevista dall'art. 48 del D.
Lgs. n. 163/2006, posta dall'Amministrazione a base dell'impugnato
diniego di approvazione del contratto e del conseguente
provvedimento di ritiro dell'aggiudicazione a suo tempo disposta in
favore dell'odierna appellata e di aggiudicazione della gara al
controinteressato raggruppamento.
La pronuncia del T.A.R. resiste invece all'appello e va pertanto
confermata laddove, sia pure incidentalmente, ha ritenuto che
"una volta decorsi i termini stabiliti dall'art. 12 co. 2 e 3
del D.Lgs. n. 163/06, il contratto doveva … ritenersi tacitamente
approvato … con la conseguenza che il diniego risulta pronunciato
in assenza del relativo potere, oramai consumato per effetto del
decorso del tempo".
Il contestato diniego di approvazione del contratto risulta oltre
il termine di trenta giorni dalla stipula del contratto stesso,
trascorso il quale, a norma dell'ultimo periodo del comma 2
dell'art. 12 del D. Lgs. n. 163/2006, "il contratto si intende
approvato".
In conclusione, l'appello è stato respinto e la sentenza impugnata
confermata. Merita, comunque, interesse l'aspetto riguardante la
condanna per reato di aggiotaggio che come previsto dall'art. 38
del Codice dei contratti pubblici può comportare l'esclusione di
un'impresa da una gara d'appalto.
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