Superbonus 110%: la misura che ha messo a rischio l'edilizia

L'avvio dei cantieri di superbonus 110% unitamente all'impossibilità di cedere il credito fiscale indiretto sta mettendo a rischio la sopravvivenza di molti operatori

di Gianluca Oreto - 20/05/2022

Il Superbonus 110% è stata la peggiore delle sciagure che un Paese e la sua economia potessero augurarsi. Già solo il titolo di questo articolo potrebbe spiazzare e questa prima affermazione far saltare qualcuno sulla sedia. Come sempre, mi auguro che chi legge sia disposto ad arrivare in fondo all'articolo prima di trarre le sue conclusioni.

I bonus edilizi

Il settore delle costruzioni ha un sistema che regola i bonus edilizi formato da tante norme molto diverse tra loro, pubblicate in momenti storici differenti (a proposito, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale una proposta di legge di iniziativa popolare per la redazione dell'atteso "Testo unico in materia di detrazioni fiscali in edilizia").

Bonus edilizi che, complice la tendenza italica a preferire uno "sconto" diretto, immediato e spesso "all black", non sono mai decollati del tutto, riuscendo comunque a tenere a galla il mondo dell'edilizia che dal 2008 vive una fase di recessione senza precedenti. Non a caso il mercato della ristrutturazione è ampiamente superiore a quello delle nuove costruzioni.

In un momento storico molto particolare (la pandemia), il Governo M5S-PD con Giuseppe Conte come Premier, ha uscito dal cilindro una misura innovativa, con l’obiettivo di provocare un vero e proprio shock all'economia reale, puntualmente arrivato, come dimostrano i dati dell'ultimo biennio.

Il meccanismo delle opzioni alternative

Ma attenzione, non sto parlando delle detrazioni fiscali del 110%, il cosiddetto Superbonus. Il vero motore che ha sorretto l'economia ha un nome e cognome, ovvero "opzione alternativa", il meccanismo di cessione del credito messo a punto con l'art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio). Un sistema "perfetto" nella sua semplicità, che ha consentito la libera circolazione dei crediti edilizi che si sono trasformati in moneta virtuale da scambiare, con un profitto per chi acquista. Un sistema che ha consentito agli incapienti e chi non aveva liquidità di avviare interventi che altrimenti non avrebbero mai realizzato.

Opzioni alternative che in prima battuta erano state calibrate per il superbonus 110% ma che sono state estese alle altre detrazioni fiscali senza (evidentemente) quella necessaria consapevolezza e conoscenza degli effetti che avrebbe avuto non tanto sull'economia, quanto sulla "cultura italica". Non è un mistero (e l'Agenzia delle Entrate lo ha ricordato molto bene) che il meccanismo delle opzioni alternative è stato anche il vero motore delle frodi fiscali che hanno interessato i bonus edilizi senza alcuna forma di controllo, bonus facciate in testa.

Le modifiche in corso d'opera

Scovati i primi "furbi", il Governo ha intrapreso un percorso di modifica avviato con il Decreto Legge n. 157/2021 (Decreto antifrode) e che ancora non vede via d’uscita. Un percorso che l’esecutivo ha cercato di giustificare con alcuni slogan:

  • "il superbonus genera frodi", quando le frodi sul superbonus rappresentano il 3% delle complessive e appena l'1% del totale relativo al 110%;
  • "il superbonus ha triplicato i costi", mentre l’indice dei prezzi delle costruzioni ha evidenziato che l'aumento dei costi dei materiali è un fenomeno globale, diffuso in tutti i Paese UE e che l'Italia si posizionerebbe al di sotto degli altri in cui non esistono bonus edilizi.

Cosa fare, quindi, per bloccare il superbonus 110%? Non avendo potuto nulla contro la decisione del Parlamento di prorogare le scadenze con la Legge di Bilancio 2022, il Governo ha deciso di affilare le armi intervenendo proprio sulle opzioni alternative.

Ed è su queste, e quindi sull'art. 121 del Decreto Rilancio, che sono arrivate le modifiche apportate:

5 provvedimenti che in meno di 5 mesi hanno modificato 4 volte il meccanismo delle opzioni alternative con un unico vero risultato: generare incertezza e ingessare nuovamente il mercato, che si è trovato vittima di sé stesso.

Gli effetti

Nonostante una normativa poco chiara (12 modifiche normative nel biennio 2020-2021), il settore aveva retto molto bene. Sciolti dubbi e riserve ma soprattutto guadagnando fiducia, professionisti e imprese hanno cominciato, come ogni operatore economico, a pianificare il futuro investendo in formazione, personale, magazzini, materiali... Investimenti figli soprattutto delle grandi possibilità offerte dal binomio superbonus-cessione del credito.

Ed è forse proprio questo il problema: in Italia, soprattutto, in alcuni settori pianificare è una scelta antieconomica che non prende in considerazione molte varabili, tra cui la poca trasparenza e l'eccessiva schizofrenia normativa del legislatore.

Le modifiche arrivate nel 2022, infatti, hanno trasformato il superbonus 110% nel peggior investimento mai visto nella storia degli ultimi 20 anni. Una detrazione nata con il migliore dei presupposti ha generato crediti che molti non riusciranno a trasformare in liquidità. E con il cassetto pieno di crediti e il portafoglio vuoto, anche lo stomaco e i nervi ne risentono (e vorrei vedere!).

Professionisti e imprese che sulla base di un vero e proprio "contratto" con lo Stato hanno, ingenuamente, creduto che lavori avviati sulla base di un quadro normativo non potessero essere inficiati da un cambio in corsa delle regole. Cambio che invece è puntualmente arrivato, quattro volte (fino adesso)!

Quindi? Si potrebbero fare mille proposte, anche se la sensazione è che la scelta dell'attuale Governo sia chiara. Scelte sulle quali si può discutere tanto senza mettersi d'accordo. Ma una cosa è certa: serve trovare una soluzione per chi ha avviato i cantieri sulla base di regole differenti e che oggi si trova in questa paradossale e malsana condizione di aver lavorato gratis non riuscendo a trasformare i crediti in denaro liquido.

Dichiarazioni a parte, Governo e Parlamento devono garantire la sopravvivenza di chi ha lavorato e ha investito non soltanto nella propria attività, ma anche nel futuro del Paese.

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