Traduzione ufficiale dei documenti di gara: quando è davvero necessaria?
Con la sentenza n. 5747/2025, il Consiglio di Stato, chiarisce il perimetro applicativo dell’art. 168, comma 5, del Codice dei contratti pubblici
In quali casi i documenti presentati in una gara d’appalto, ad esempio un contratto di avvalimento con un'impresa straniera devono essere accompagnati da una traduzione ufficiale in lingua italiana? La presenza di un documento bilingue, già redatto e sottoscritto in italiano oltre che nella lingua straniera, può sostituire l’onere della traduzione giurata?
E ancora: fino a che punto la stazione appaltante può spingersi nel pretendere formalismi documentali senza compromettere il principio di massima partecipazione?
Appalti pubblici: il Consiglio di Stato sulla traduzione dei documenti di gara
Sono queste le questioni affrontate dal Consiglio di Stato con la sentenza 3 luglio 2025, n. 5747, che ha chiarito i confini applicativi dell’art. 168, comma 5, del d.lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), fornendo un orientamento pratico di sicuro interesse per operatori e stazioni appaltanti.
La vicenda nasce nell’ambito di una gara bandita da una stazione appaltante per l’affidamento di un accordo quadro nel settore ambientale. Un concorrente, terzo classificato, aveva contestato l’ammissione dell’aggiudicatario sostenendo – tra gli altri motivi – la violazione dell’art. 168, comma 5, del Codice dei contratti pubblici.
Secondo tale prospettazione, i documenti prodotti dall’aggiudicataria (in particolare il contratto di avvalimento con società estera) erano privi della prescritta traduzione ufficiale in italiano, con conseguente invalidità dell’offerta.
In primo grado, il TAR aveva respinto il ricorso, motivo per cui la questione è stata riproposta in appello al Consiglio di Stato.
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