Vicinitas e abusi edilizi: il TAR fissa i limiti sull'interesse al ricorso
La mera vicinanza non basta a permettere al proprietario confinante di impugnare i titoli edilizi: occorrono prove per dimostrare il pregiudizio concreto
La disciplina urbanistico-edilizia è da sempre caratterizzata da un intreccio di interessi pubblici e privati, che rende particolarmente delicata la questione della legittimazione al ricorso. Per esempio, ci si può chiedere quando la vicinanza di un manufatto ritenuto abusivo giustifica un’azione giudiziaria e se sia sufficiente la semplice contiguità fisica, oppure se occorra provare uno specifico pregiudizio.
Abusi edilizi e vicinitas: i presupposti per il ricorso
Proprio su questo tema si concentra la sentenza del TAR Sicilia del 27 giugno 2025, n. 2038, spiegando che, quando si tratta di contestare opere edilizie realizzate da terzi, il presupposto imprescindibile è la dimostrazione di un interesse concreto e attuale, in quanto l’ordinamento non ammette azioni a tutela di mere posizioni astratte.
Le opere realizzate
La vicenda trae origine dal ricorso di un proprietario confinante, che aveva denunciato al Comune la realizzazione di una serie di opere su un immobile destinato a ristorante e consistenti in:
- un corridoio coperto di ingresso realizzato senza titolo edilizio;
- una struttura prefabbricata, dichiarata come “tenda”, ma di fatto utilizzata come sala ristorante, collocata in aderenza all’immobile del ricorrente;
- una tettoia su elementi metallici e tegole, posta a chiudere l’area del giardino;
- una copertura a doppia falda con pannelli di cemento-amianto.
In riscontro agli esposti, il Comune aveva comunicato l’assenza di violazioni edilizie, richiamando i titoli abilitativi esistenti
- una CILA per la tenda, corredata da documentazione tecnica e parere igienico-sanitario;
- una CILA e una successiva SCIA in sanatoria ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001 per la tettoia;
- una CILA per il frazionamento e il cambio di destinazione d’uso di una parte del fabbricato.
Il ricorso
Ritenendo tale risposta omissiva e non idonea a risolvere le criticità denunciate, la ricorrente ha proposto un articolato ricorso amministrativo, lamentando che:
- le opere avevano determinato la chiusura dell’intero cortile, trasformandolo in un locale commerciale utilizzato tutto l’anno;
- per consistenza e finalità, si sarebbe reso necessario un permesso di costruire ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e) del Testo Unico Edilizia;
- il SUAP avrebbe dovuto revocare l’autorizzazione commerciale in quanto rilasciata in relazione a una struttura urbanisticamente irregolare.
La difesa dei controinteressati e le questioni pregiudiziali
Il controinteressato si è costituito in giudizio, eccependo l’assenza di un interesse concreto in capo alla ricorrente. Sul piano tecnico, la difesa ha sostenuto che le opere presentavano caratteristiche di precarietà (elementi ancorati con bulloni movibili) e che non era ravvisabile alcuna lesione diretta della proprietà confinante.
Il TAR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ribadendo dei punti chiave di portata generale sulla vicinitas e sull'interesse pregiudiziale.
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