Vicinitas e abusi edilizi: il TAR fissa i limiti sull'interesse al ricorso
La mera vicinanza non basta a permettere al proprietario confinante di impugnare i titoli edilizi: occorrono prove per dimostrare il pregiudizio concreto
Vicinitas e interesse al ricorso
Riprendendo la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 22/2021, il Collegio ha ricordato che il criterio della vicinitas individua la legittimazione, ma non vale di per sé a dimostrare l’interesse concreto e attuale: "riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato".
Perché il ricorso sia ammissibile, è necessario che il confinante fornisca serie allegazioni di un pregiudizio specifico, come ad esempio:
- diminuzione di luce, aria;
- deprezzamento e svalutazione dell’immobile;
- degrado ambientale;
- aumento del carico urbanistico.
Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata ad affermazioni generiche, prive di qualsiasi principio di prova documentale o peritale: "In definitiva, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso in esame proposto dal confinante, non essendo sufficiente a fondare l'interesse al ricorso la mera vicinitas, ma incombendo, per converso, sul ricorrente la puntuale allegazione e la comprova dello specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato ciò che nel caso di specie è mancato, impedendo così a questo Tribunale di accertare la sussistenza - per l’appunto dichiarata, ma non provata – dell’interesse ad agire".
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