Requisiti acustici e tecniche costruttive: interviene la Cassazione

di Giorgio Vaiana - 01/04/2021

Quando si parla di requisiti acustici, tecniche costruttive e responsabilità l'argomento non è mai semplice e, oltre alle norme in gioco, ad aiutarci a comprendere la materia arriva sempre le giurisprudenza. Come è accaduto con la sentenza della Corte di Cassazione 19 marzo 2021, n. 7875 che ci consente di approfondire questi temi.

Danni e richieste economiche

Nel caso oggetto dell'intervento della Cassazione, a proporre ricorso è una un'impresa di costruzione che era stata condannata a risarcire i proprietari degli appartamenti di un condominio per avere realizzato una cattiva insonorizzazione del fabbricato. Secondo la società, sono varie le motivazioni che la "scaricano" dalla responsabilità e quindi dal non dover pagare i danni.

Parti comuni e proprietà esclusiva

Viene contestato il fatto che l'amministratore condominiale abbia presentato ricorso sia per parti comuni che parti di proprietà esclusiva. E i giudici avrebbero dovuto differenziare i processi e quindi le richieste di risarcimento danni, "estrapolando" l'incidenza dei danni causati solo sulle parti di esclusiva proprietà. Per i giudici, però, si tratta di una "mera difesa" e quindi il primo motivo di ricorso va rigettato. L'amministratore di condominio, si legge nella sentenza, è legittimato a proporre la richiesta dei danni da natura extracontrattuale, intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi, "col determinare un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti (come nel caso analizzato), vertendo in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi".

Le regole costruttive

Già in primo e secondo grado la società era stata dichiarata colpevole del mancato rispetto delle "regole costruttive sotto il profilo della regola d'arte nel costruire che grava sull'impresa costruttrice". I giudici non hanno solo valutato la norma valida in quella specifica Regione, ma hanno considerato che nel caso analizzato non erano stati adottati i rimedi "che ciascun accorto costruttore avrebbe dovuto adottare per realizzare un'opera a regola d'arte". Questo forse è il passaggio-chiave dell'intera sentenza. Aggiungono i giudici: "Il venditore di unità immobiliari che ne curi direttamente la costruzione risponde dei gravi difetti, quali devono ritenersi quelli da cui derivi una cattiva utilizzazione di esse, come nel caso di inadeguato isolamento acustico, nei confronti degli acquirenti ovvero nei confronti dell'amministratore di condominio, legittimato ad agire, a titolo di responsabilità extracontrattuale, se tali difetti sono riscontrati sull'intero edificio comunale". Come avviene nel caso che stiamo affrontando.

Contratto ed esecuzione dei lavori

Per i giudici la questione è semplice: c'è un contratto per un'opera da eseguire e questa va fatta "a regola d'arte", secondo l'ausilio di regole tecniche. Ma, aggiungono i giudici, l'esecuzione dei lavori non solo deve avvenire con l'osservanza della perizia che è di ciascun campo di attività, "ma anche l'opera stessa - si legge nella sentenza - nella progettazione ed esecuzione, deve corrispondere alla funzionalità ed utilizzabilità previste dal contratto". Ne consegue, dunque, che l'appaltatore "ha l'obbligo di consegnare l'opera conforme a quanto pattuito ed, in ogni caso, eseguita a regola d'arte". Cosa che qui non è avvenuta.

I requisiti acustici

Per valutare le difformità denunciate dai proprietari degli immobili, sono stati presi in considerazione i parametri previsti dal Dpcm del 5 dicembre 1997, ancora in corso di validità, che determina i requisiti acustici passivi e quelli delle sorgenti sonore degli edifici e indica i limiti, espressi in decibel, che gli edifici costruiti devono rispettare. E questi parametri erano totalmente difformi alla normativa. Per i giudici, dunque, non c'è stata altra cosa da fare che respingere il ricorso e confermare il risarcimento danni, da parte della società che aveva costruito gli edifici, ai proprietari.



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