Abusi edilizi e tolleranze costruttive: difformità ok entro il 2%

di Redazione tecnica - 17/11/2022

Un ordine di demolizione ingiunto sulla base di quelle che possono essere considerate come lievi difformità è illegittimo, per cui non è possibile applicare l’art. 31 del Testo Unico Edilizia.

Interventi in difformità: il calcolo delle tolleranze costruttive

Lo conferma il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8709/2022, con la quale ha accolto il ricorso di una curatela fallimentare di una società immobiliare, in riferimento all’ordine di demolizione impartito per opere abusive eseguite in difformità su un complesso edilizio sviluppato su tre corpi.

In particolare, il Comune aveva rilevato delle altezze maggiori rispetto a quelle dichiarate nel permesso di costruire (+62 cm, +55 cm e +22 cm). Secondo il ricorrente tali incrementi, effettuati per ottenere maggiore isolamento termico, avrebbero portato a variazioni inferiori al 2%, non sussistendo così alcuna difformità come previsto dall’art. 34, comma 2-ter, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo che la maggiore altezza degli edifici fosse maggiore del 5% e del 2,5 %  confermando:

  • l’obbligo di applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001;
  • l’esclusione dell’applicabilità della sanzione alternativa pecuniaria, non essendo gli abusi neanche sanabili, possibile solo in circostanze di abusi formali e perché mancherebbe anche il presupposto per la sanzione pecuniaria, essendo l’ordine di demolizione sufficientemente motivato con la descrizione delle opere difformi, e solo quando oggettivamene la demolizione non è possibile si potrebbe dare luogo all’alternativa.

La verifica delle tolleranze

Da qui l’appello al Consiglio di Stato, che preliminarmente ha richiesto una perizia volta ad accertare:

  • la maggiore altezza dei manufatti;
  • la corretta misurazione per il rilevamento dell’asserita differenza in confronto a quella delle opere assentite;
  •  in caso di effettiva difformità, se essa fosse considerare totale o parziale dal permesso di costruire ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001.

Secondo il CTU, i valori rilevati su un edificio corrispondevano a una variazione di 20 cm e non di 55 cm, con una variazione che superava appena di 4,6 cm il 2%; il verificatore ha riscontrato però questa differenza come “tolleranze costruttive previste dal comma 1 dell’art. 34-bis del DPR 380/2001, da ritenersi quindi conforme al Permesso di Costruire".

Per gli altri due edifici, il verificatore ha dichiarato addirittura l’impossibilità di poter accertare una variazione, non essendo i corpi di fabbrica completati ed ultimati:questa differenza di pochi centimetri, che in opere di cemento armato sovente si verifica, peraltro può essere recuperatanel prosieguo della costruzione”.

In conclusione, secondo il CTU per un edificio non si può rilevare una difformità parziale ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001, alla luce dello sforamento minimale di 20 cm di altezza, rientrante nella tolleranza costruttiva di cui all’art. 34-bis dello stesso Testo Unico sull’Edilizia, mentre dall’altra parte non si può nemmeno parlare di difformità parziale, in quanto si tratta di opere non finite, senza certificato di regolare esecuzione, ove i fabbricati possono subire delle modifiche (anche attraverso lo strumento della variante in corso d’opera).

Consiglio di Stato: ordine di demolizione illegittimo per lievi difformità

Sulla questione, Palazzo Spada ha ricordato l’orientamento del Consiglio per cui è illegittimo il provvedimento con il quale viene ordinato la rimessa in pristino dello stato dei luoghi, in relazione ad un abuso edilizio nel caso lo stesso si traduca in una modifica di lieve entità, con sostanziale assenza di pregiudizio all’interesse pubblico urbanistico e, pertanto, in mancanza di una valida ragione per l’interesse pubblico tutelato, mancando quindi l’esistenza di un abuso rilevante, che potrebbe giustificare l’irrogazione della sanzione edilizia

L’insussistenza dell’abuso, nel caso di specie, comporta in ogni modo l’inapplicabilità dell’art. 31 del DPR n. 380/2001: il ricorso è stato dunque accolto, con il conseguente annullamento dell’ordine di demolizione.



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