Autotutela, affidamento e titoli edilizi: i limiti dell’annullamento secondo il Consiglio di Stato
di Redazione tecnica - 15/05/2025

Quando può l’Amministrazione annullare d’ufficio una DIA edilizia dopo un lungo lasso di tempo? Quali margini di tutela ha il privato che ha fatto affidamento su un titolo abilitativo, anche se contenente imprecisioni progettuali? E che valore assume l’errore nella rappresentazione dei luoghi ai fini dell’autotutela amministrativa?
Annullamento in autotutela e DIA edilizia: la sentenza del Consiglio di Stato
A queste domande ha provato a rispondere il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2783 del 2 aprile 2025, offrendo un’interessante occasione di approfondimento per tecnici, amministratori e operatori del settore edilizio, su uno dei temi più rilevanti che riguardano la legittimità dei titoli edilizi: l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 che negli ultimi anni ha subito diverse modifiche.
Il caso oggetto dell’intervento dei giudici di Palazzo Spada riguarda un intervento di ristrutturazione di un immobile per il quale erano state presentate una SCIA e 3 varianti di cui una avente ad oggetto l’ampliamento dell’edificio, previa traslazione dello stesso nel lotto di pertinenza, con avvicinamento al corso del fiume lungo il declivio.
In sede di verifica della documentazione presentata, il Comune rilevava la difformità tra quanto rappresentato nella DIA relativa ai cementi armati e la descrizione dell’orografia rappresentante lo stato dei luoghi antecedente l’intervento, contenuta nelle tavole progettuali dei titoli abilitativi. Per tali ragioni il Comune emetteva ordinanza di sospensione lavori.
A seguito di questa ordinanza, l’attuale ricorrente presentava istanza di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che, però, veniva espressamente rigettata dal Comune e a cui seguiva:
- prima l’annullamento della denuncia di inizio attività;
- poi la contestazione dell’aumento della volumetria nel sottotetto, dell’irregolarità dei gradini del vano scala, della violazione delle distanze da un fabbricato limitrofo, nonché la difformità del monta-auto e della tinteggiatura del fabbricato, oltre che la violazione del limite della fascia di protezione di 20 m dal fiume Adige.
Alle contestazioni del Comune seguiva l’ordine di demolizione delle opere realizzate che veniva impugnato dinanzi al TAR che lo rigetta, ritenendo legittimo l’intervento comunale. Da qui il ricorso al Consiglio di Stato.
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