Condono edilizio: il Consiglio di Stato su silenzio assenso e annullamento in autotutela
di Redazione tecnica - 18/05/2025

Cosa succede se un Comune tace per oltre un decennio su un’istanza di condono edilizio regolarmente presentata e integrata? E se l’opera non fosse, in astratto, nemmeno sanabile secondo la normativa vigente? Con la sentenza del 9 aprile 2025, n. 3051, il Consiglio di Stato affronta un caso emblematico, riaffermando la portata vincolante del silenzio-assenso e i limiti invalicabili dell’autotutela amministrativa.
Condono edilizio e silenzio assenso: i limiti all'annulamento in autotutela
Nel caso in esame, il ricorrente aveva presentato nel dicembre 2004 32 istanze di condono edilizio, ai sensi della legge n. 326/2003, per altrettanti box auto realizzati nel 2000, dichiarati come pertinenze di unità residenziali. Le istanze erano corredate da tutti i documenti previsti: attestazioni di versamento, autodichiarazioni, documentazione tecnica, accatastamento in categoria C/6.
Per alcuni anni il Comune ha chiesto integrazioni documentali, che sono state puntualmente adempiute. Successivamente, a distanza di oltre tredici anni, il Comune ha respinto tutte le istanze, ritenendo:
- che non si fosse formato il silenzio-assenso, per carenze istruttorie;
- che l’opera fosse non condonabile, in quanto nuova costruzione a destinazione non residenziale, esclusa dall’ambito oggettivo dell’art. 32, comma 25, della l. 326/2003.
Il TAR aveva avallato la tesi del Comune, confermando il diniego alle istanze di condono, mentre il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto. Vediamo perché.
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