Condono edilizio, prosecuzione opere e vincoli sopravvenuti: il TAR sul silenzio assenso
di Redazione tecnica - 30/06/2025

È possibile rifiutare il condono edilizio in presenza di interventi accessori non previsti nell’istanza originaria? Quando si forma il silenzio-assenso sulla sanatoria edilizia e quali sono i limiti alla sua efficacia? È legittimo un diniego fondato su documentazione mancante se l’amministrazione non ha concesso i 90 giorni per l’integrazione?
Condono edilizio: il TAR sulle condizioni per il silenzio assenso
Sono numerosi gli aspetti affrontati dalla sentenza del TAR Sicilia 8 aprile 2025, n. 761 nell’ambito di un ricorso per l'annullamento del diniego dell’istanza di condono di una villetta, delle successive ingiunzioni a demolire e delle ordinanze di accertamento dell’inottemperanza e di ingiunzione al pagamento della sanzione pecuniaria
La questione riguarda un immobile abusivo sul quale i ricorrenti avevano presentato istanza di condono ai sensi della legge n. 47/9185 (c.d. "Primo Condono Edilizio"), con pagamento integrale dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori. Al moemnyo della presentazione il fabbricato non era sottoposto a vincolo e aveva ottenuto il nulla osta idrogeologico.
Nel frattempo, si verificavano smottamenti di terreno e a quel punto, gli Enti locali venivano sollecitati a definire le istanze di condono.
Con diffida del 2022 il Comune lamentava che dalle foto aeree di Google Earth risultavano ampliamenti e corpi estranei alla domanda originaria, con conseguente impossibilità di rilasciare la sanatoria: era necessario pertanto demolire pergolati, tettoie e la piscina collocata in giardino.
Secondo i ricorrenti si sarebbe trattato di elementi accessori di natura pertinenziale; il Comune aveva emesso il provvedimento di diniego di condono, fondato sull’esistenza di ampliamenti presso tutti i prospetti del fabbricato, sui corpi accessori esterni e sulla piscina – qualificabili come ulteriori abusi – e sul mancato riscontro dell’invito a demolire e a depositare la dovuta documentazione integrativa.
Il ricorso
Da qui il ricorso per:
- intervenuta formazione del silenzio assenso grazie alla produzione di tutta la documentazione prescritta dalla legge e al versamento puntuale e integrale delle somme dovute già nel 1986; nel caso di specie il silenzio assenso sull’istanza di condono si è formato, volendo assumere come dies a quo ai fini del calcolo dei ventiquattro mesi la data di rilascio del nulla osta idrogeologico l’amministrazione avrebbe, al limite, dovuto emettere un provvedimento di secondo grado per rimuovere l’atto tacito, rispettando le condizioni per l’esercizio dell’autotutela;
- per le ulteriori opere non sarebbe stato necessario il rilascio di un titolo abilitativo edilizio, trattandosi di semplici pertinenze (tettoie da giardino e pergolati, oltre a una piccola piscina);
- gli atti sollecitati dal Comune sarebbero stati sovrabbondanti rispetto all’elenco tassativo dell’art. 26 della L.r. 37/85e comunque non avrebbe concesso il termine previsto per legge per la presnetazione di integrazione documentale.
Si è costituito in giudizio il Comune, evidenziando che, se da una parte è vero che nel 1986 parte ricorrente non poteva richiedere il parere all'Autorità di Bacino – poiché il vincolo PAI è stato istituito successivamente – è pure vero che al momento della decisione sulla sanatoria, tale vincolo era vigente e rilevante, rendendo necessario il parere all'Autorità competente.
Ne derivava che:
- l'assenza di tale parere impediva la formazione del silenzio-assenso e giustifica il diniego dell'istanza;
- la trasformazione del manufatto oggetto di condono, realizzata in assenza di titolo abilitativo, legittima il diniego di concessione della sanatoria, perché non ha consentito all'Amministrazione di verificare l'effettiva corrispondenza tra le opere abusivamente realizzate e quelle descritte nella domanda di condono.
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