Contratti di affitto: cresce l'uso della cedolare secca

di Redazione tecnica - 09/05/2025

La cedolare secca continua a registrare numeri in crescita, consolidandosi come regime fiscale particolarmente apprezzato per la gestione delle locazioni abitative.

Cedolare secca: regime fiscale sempre più richiesto per gli affitti

Secondo i dati diffusi dal MEF sulle dichiarazioni dei redditi 2024, nel 2023 oltre 3,1 milioni di proprietari hanno optato per il regime opzionale, segnando un incremento del +3,8% rispetto all’anno precedente: un trend sostenuto non solo dalla semplicità del sistema ma anche dalla convenienza fiscale, grazie alla sostituzione integrale di IRPEF, addizionali, imposta di registro e bollo con un’unica imposta sostitutiva.

Cedolare secca: cos’è e chi può aderire

La cedolare secca è un regime opzionale disciplinato dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che consente al locatore di un immobile a uso abitativo di assoggettare i redditi da locazione a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.

Il regime è applicabile esclusivamente agli immobili:

  • censiti nelle categorie catastali da A/1 a A/11 (con esclusione di A/10 – uffici);
  • locati ad uso abitativo;
  • situati nel territorio dello Stato e posseduti da persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di impresa, arte o professione.

Le aliquote applicabili variano a seconda della tipologia contrattuale:

  • 21% per i contratti a canone libero (art. 2, L. 431/1998);
  • 10% per i contratti a canone concordato (art. 2, comma 3, L. 431/1998) in Comuni ad alta tensione abitativa o per particolari esigenze (studenti, contratti transitori);
  • 21% o 26% per i contratti brevi (massimo 30 giorni), secondo quanto disposto dalla legge di bilancio 2024.

Il regime può essere esercitato alla registrazione del contratto e deve essere mantenuto per tutta la sua durata, salvo revoca.

 

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