Demo-ricostruzione con modifica prospetto: basta la SCIA?

di Redazione tecnica - 25/05/2025

È sufficiente una SCIA “semplice” per demolire e ricostruire un edificio preesistente? Quali sono le conseguenze se l’intervento realizzato non rispecchia la sagoma originaria? Chi ha l’onere di provare la legittimità del manufatto esistente? E cosa succede se l’edificio ricade in area soggetta a vincolo culturale o urbanistico?

Su quali siano i limiti tra ristrutturazione e nuova costruzione, e in che misura le differenze tra “ante” e “post operam” giustificano un ordine di demolizione, risponde il TAR Lazio con la sentenza del 12 maggio 2025, n. 9122.

Demo-ricostruzione infedele: la SCIA non basta

La questione nasce dalla presentazione di una SCIA ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) per la manutenzione straordinaria e ristrutturazione “leggera” di un edificio acquistato con titolo abilitativo pregresso. Tuttavia, l’intervento descritto prevedeva la realizzazione di un nuovo fabbricato, da edificare in un'area per la quale era richiesto il parere della Sovrintendenza.

L’Amministrazione Comunale ha ritenuto che l’intervento, per entità e caratteristiche, non potesse essere ricondotto a una SCIA ex art. 22 TUE, bensì richiedesse una SCIA alternativa al permesso di costruire (art. 23). Ha quindi disposto la sospensione dei lavori e l’archiviazione della SCIA, ritenendo le opere già eseguite abusive. Parallelamente è stato disposto il sequestro del cantiere da parte dell’autorità giudiziaria, cui è seguito l’ordine di demolizione impugnato.

Le motivazioni del TAR: titolo mancante e sagoma difforme

Nel valutare la questione, il TAR ha ricordato che l’ordine di demolizione ha natura vincolata e che la mancata impugnazione del provvedimento di archiviazione della SCIA ha reso definitive le valutazioni contenute nell’ingiunzione. Non solo: la documentazione fotografica ha dimostrato una sostanziale alterazione della sagoma e del volume dell’edificio rispetto all’originario.

Sul punto è stato precisato che:

  • affinché la demolizione e ricostruzione rientrino tra gli interventi assentibili in forma semplificata, l’edificio deve risultare identico a quello preesistente per volume, sagoma e copertura;
  • la modifica del prospetto, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, costituisce un intervento di ristrutturazione edilizia “pesante”, come tale, assoggettato dalla norma al permesso di costruire o alla scia sostitutiva ex art. 23, d.P.R. n. 380/2001.

La fiscalizzazione dell’abuso

I ricorrenti avevano anche invocato la necessità per l’Amministrazione di valutare l’alternativa sanzione pecuniaria in luogo della demolizione, ex art. 33, comma 2, d.P.R. 380/2001. Tuttavia, il TAR ha ribadito che tale valutazione avviene in fase esecutiva e solo su istanza motivata del privato, che deve dimostrare la concreta impossibilità di procedere alla demolizione senza pregiudicare le parti legittime dell’opera.

Nel caso di specie, nessuna prova o istanza era stata presentata in tal senso.

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