Contravvenzione di lottizzazione abusiva e prescrizione: interviene la Corte di Cassazione

di Giorgio Vaiana - 11/04/2021

Nel caso di interventi realizzati sulla base di una lottizzazione abusiva e titoli edilizi illecitamente ottenuti con la copertura dei dirigenti comunali, come va determinata la data da cui parte la prescrizione del reato penale?

Lottizzazione abusiva e prescrizione: nuova sentenza della Corte di Cassazione

Ha risposto a questa domanda la Corte di Cassazione con la sentenza 1 aprile 2021, n. 12459 resa in riferimento ad una complicata vicenda che oltre a prevedere una serie frazionata di interventi illegittimamente realizzati, coinvolge anche un sistema di illeciti da parte di dirigenti “compiacenti”.

In particolare, la sentenza della Cassazione fa luce su una vicenda in cui ci sono un resort realizzato in maniera abusiva, dirigenti condannati e un sequestro dell'intera struttura. Propone ricorso proprio il titolare di questo resort, contestando vari passaggi delle sentenze dei primi due gradi di giudizio, fra le quali l'illegittimità dei sequestri e delle multe.

Secondo il ricorrente, la struttura posta sotto sequestro sarebbe stata completata nell'aprile del 2016, dichiarata agibile il successivo 5 maggio e operativa dal giorno 16 dello stesso mese. La struttura, sempre secondo il ricorrente, sarebbe stata ultimata, al più tardi, nel giugno 2016, con la realizzazione di un pergolato, non essendo state successivamente compiute attività, materiali o negoziali, di qualsivoglia natura. Proprio da questa data sarebbe inizito a decorrere il termine di prescrizione quadriennale, nella specie maturato prima dell'adozione del decreto di sequestro e dell'esercizio dell'azione penale. Considerazioni non condivise dal tribunale del riesame.

La lottizzazione abusiva

C'è un passaggio chiave nella sentenza della Corte di Cassazione che specifica come la contravvenzione di lottizzazione abusiva sia "reato a forma libera e progressivo nell'evento". Questo vuol dire, specificano i giudici, "che sussiste anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o all'esecuzione delle opere, posto che tali iniziali attività non esauriscono l'iter criminoso che si protrae attraverso gli ulteriori interventi che incidono sull'assetto urbanistico, con ulteriore compromissione delle scelte di destinazione ed uso del territorio riservate all'autorità amministrativa competente". Il momento del reato, dunque, si individua "nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento".

Quindi il termine di prescrizione, ed è un nodo cruciale della vicenda, inizia a decorrere solo dopo l'ultimazione sia dell'attività negoziale, sia dell'attività di edificazione e cioè, in questa ultima ipotesi, dopo il completamento dei manufatti realizzati. Quindi sono state corrette le sentenze dei primi due gradi di giudizio.

Le date

C'è confusione tra le date presentate dal proprietario e quelle effettivamente "scovate" dai giudici. Per il ricorrente l'ultimazione del pergolato sarebbe avvenuta nel giugno 2016 (ma non precisa il giorno), ma i giudici hanno scoperto una SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) datata 20 giugno del 2016 e una autorizzazione paesaggistica rilasciata nell'agosto del 2016, "quindi al momento del sequestro - si legge nella sentenza - le contravvenzioni non erano prescritte".

L'esecuzione "frazionata" degli interventi

La corte di Cassazione ricostruisce la storia della struttura turistico-ricettiva. L'immobile è stato acquistato nel 2009 e aveva parte dei muri perimetrali completamente distrutti e non aveva coperture. Un tempo era un dormitorio militare. L'uomo ha così realizzato un intervento completamente diverso da quello originario, sia nella struttura che nella destinazione d'uso. Questo grazie a numerosi interventi edilizi "frazionati", apparentemente fatti solo per il ripristino degli immobili e realizzati grazie a titoli edilizi rilasciati da dirigenti comunali compiacenti. Nasceva, dunque, un resort e quindi questa operazione aveva completamente stravolto anche il territorio circostante, visto che si trovava all'interno di un parco regionale sottoposto a vincolo paesaggistico. Era stata dunque trasformata l'aera da agricola a turistica.

La trasformazione del territorio

Per giurisprudenza, dice la Corte di Cassazione, "il reato è integrato non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata rispetto ad opere che siano idonee a pregiudicare la riserva pubblica di programmazione territoriale". Il reato di lottizzazione abusiva, dunque, dicono i giudici, "è configurabile con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un'esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione".

Titoli edilizi senza "peso"

E' come non avere un titolo edilizio valido il caso, come quello analizzato, in cui si accerta che il titolo edilizio che aveva ottenuto il soggetto pubblico, era stato fatto in maniera illegittima, ossia con la complicità di dirigenti comunali poi scoperti e condannati. E questo, dicono i giudici della corte di Cassazione, lo è ancora di più se risulta un evidente contrasto con norme imperative talmente grave da determinare la mera illegittimità dell'atto, ma la illiceità del medesimo e la sua nullità. La contravvenzione, dunque, di lavori fatti "sine titulo" sussiste, si legge nella sentenza, "anche quando il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia". L'intero ricorso è stato respinto e confermate le sentenze dei precedenti gradi di giudizio.



© Riproduzione riservata