Murales su facciata edificio: intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria?

di Redazione tecnica - 14/02/2023

La realizzazione di un murales (o dipinto murale) a carattere decorativo è un intervento di trasformazione della facciata dell’edificio e, come tale, non può essere qualificato come manutenzione ordinaria, ma rientra nell'ambito della manutenzione straordinaria; essa implica infatti una irreversibile trasformazione, anche solo visiva, del territorio, in quanto è destinata a permanere nel tempo secondo la volontà del realizzatore o del proprietario dell’immobile, che deciderà se e quando rimuoverla.

Realizzazione murales su facciata edificio: qualificazione dell'intervento

Queste le motivazioni alla base della sentenza n. 1289/2023 del Consiglio di Stato, con la quale Palazzo Spada ha respinto l'appello proposto contro l’ordine di ripristino dei luoghi ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilzia) ingiunto da un’Amministrazione comunale  per un murales realizzato senza permesso sulla facciata di un edificio situatoi in centro storico.

Secondo il Comune, si trattava non di un intervento di manutenzione ordinariam bensì straordinaria: la “manutenzione ordinaria” comprende le opere di finitura quali “tinteggiatura delle facciate e lavori connessi senza alterazione delle tinte preesistenti per le costruzioni ricadenti nei centri storici (...)” e non la realizzazione di un dipinto murale volto a cambiare permanentemente l’aspetto dell’edicio e del contesto circostante.

Il condominio ha quindi presentato due volte istanza di CILA in sanatoria, entrambe respinte, e ha richiesto il parere ella Soprintendenza, che, pur non considerando di propria competenza un parere su questa tipologia di opere, non ha identificato delle cause ostative alla realizzazione di un’opera del genere.

Secondo il TAR, il Comune invece ha agito legittimamente chiedendo la cancellazione dell'opera: la realizzazione pittorica sulla facciata del fabbricato condominiale rientra nell’alveo della categoria degli interventi di manutenzione straordinaria “in quanto esso ha determinato la stabile (anche se reversibile) trasformazione dell’aspetto esteriore dell’edificio, rinnovandone una facciata esterna prospiciente la strada pubblica laddove il Regolamento edilizio vigente ascrive espressamente, per le costruzioni ricadenti nei centri storici e nelle zone di vincolo ambientale, alla categoria della manutenzione ordinaria la tinteggiatura delle facciate e lavori connessi “senza alterazione delle tinte preesistenti”.

Non solo: il fabbricato condominiale è ubicato nel centro storico di Napoli “che è la risultante e la testimonianza, unica per ricchezza e complessità, di una stratificazione storica, artistica e architettonica millenaria”, “soggetto alla disciplina dettata a tutela della preservazione dei centri storici, alla cui stregua il centro storico va considerato nel suo complesso e di per sé “bene culturale” ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. g) del d.lgs. n. 42/2004, il quale annovera tra i beni culturali “le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico e storico”.

Per altro anche la CILA in sanatoria è stata respinta legittimamente perché "non può ritenersi ammissibile un’opera edilizia che modifichi stabilmente l’aspetto dallo stesso in maniera significativa e percepibile in massimo grado dall’esterno, nel caso di specie dalla pubblica via. Il dipinto murale in contestazione non ha, infatti, carattere provvisorio o temporaneo, dal momento che non è destinato ad essere rimosso alla scadenza di un termine predeterminato, essendo piuttosto finalizzato a mutare stabilmente l’aspetto esteriore del fabbricato, integrando – diversamente da quanto opinato dalla difesa attorea - una trasformazione fisica dell’immobile di carattere permanente, destinata cioè a durare indefinitamente nel tempo, pur se reversibile mediante un’adeguata attività di ripristino”.

La sentenza del Consiglio di Stato

Secondo Palazzo Spada, è evidente che la realizzazione di un dipinto murale sulla facciata di un palazzo costituisca obiettivamente una sua trasformazione.

Per il suo carattere innovativo, il dipinto murale in esame non può essere qualificato alla stregua di una semplice attività manutentiva rientrante nell'attività edilizia libera. Infatti, il punto 2 dell’allegato al DM 2 marzo 2018 (decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recante “Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222”) riconduce a questa categoria solo la tinteggiatura finalizzata a ripristinare la colorazione preesistente. Ne consegue che, qualora l'intervento vada oltre il semplice ripristino o rinnovamento dell'aspetto originario della facciata dell’edificio (o delle pareti dello stesso) e si proponga di reimpostare il significato dell'aspetto esterno dell'edificio, non può ricondursi alla categoria della c.d. edilizia libera.

Neppure il rinnovamento dell’aspetto originario della facciata di un edificio, peraltro attraverso un dipinto murale che è destinato a caratterizzare innovativamente la facciata stessa in modo immediatamente ed evidentemente percepibile alla vista comune (presentando, peraltro, una dimensione non indifferente, pari a 6 x 6 m.), può ricadere nella disciplina della “manutenzione ordinaria”, che riguarda sì gli interventi di rivestimento e tinteggiatura, ma “senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori”.

Interventi su facciate: differenze tra manutenzione ordinaria e straordinaria

Sono interventi di manutenzione ordinaria quelli che servono a riparare, ristrutturare e sostituire le finiture esterne degli edifici senza modificare i caratteri originari, come il colore e i materiali. Tra questi ci sono, ad esempio il ripristino della tinteggiatura, degli intonaci e dei rivestimenti delle facciate e la pulitura delle facciate.

Non rientrano in questo ambito l’innovazione dell’aspetto esteriore della facciata o della parete di un edificio attraverso l’occupazione della stessa con un dipinto murale, che non costituisce manutenzione ordinaria ma “straordinaria”. Ed infatti, per le opere esterne, costituiscono interventi di manutenzione straordinaria quelli che non ripropongono gli aspetti preesistenti, oppure comportano modifiche delle caratteristiche, posizioni, forme e colori di quelle preesistenti.

Nel caso in esame, la radicale modifica del colore e dell'ornamento del prospetto impedisce di considerare quale manutenzione ordinaria l’intervento pittorico qui in esame.

Per altro, l’intervento di trasformazione è stato realizzato in assenza di previa richiesta e di previo rilascio del titolo abilitativo edilizio necessario. Conseguentemente il potere esercitato dal comune nel reprimere l’abuso edilizio, costituito dall’avere realizzato opere di manutenzione straordinaria senza la previa richiesta di rilascio del necessario titolo abilitativo, va qualificato di tipo “vincolato.

Il ruolo della Soprintendenza

Nemmeno quanto asserito dalla Soprintendenza può essere considerato come un nullaosta ufficiale: essa “non è competente all’autorizzazione di opere decorative realizzate su edifici non sottoposti a vincoli culturali di cui al D.Lgs. 42/2004 e su superfici moderne, per le quali non sussiste alcuna possibile interferenza con eventuali beni di interesse archeologico”; proprio perché esclude espressamente una propria competenza in materia, non sussistendo vincoli riferibili al Codice dei beni culturali che riguardino l’edificio in questione, l’affermazione conclusiva con la quale dichiara che “Tanto rappresentato in premessa, per quanto di competenza, non si rilevano motivi ostativi alla sanatoria dell’opera eseguita”, non riveste alcun rilievo concreto, se non di mera dichiarazione “di stile”, dal momento che ha ribadito la sua incompetenza ad assumere decisioni in merito alla legittimità o meno della realizzazione del dipinto murale, non essendo gravato l’immobile da vincoli discendenti dal d.lgs. 42/2002 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e tenuto conto, comunque, che essa stessa ha specificamente ammesso la generale incompetenza a rilasciare titoli abilitativi (e, quindi, anche in sanatoria) “di opere decorative realizzate su edifici non sottoposti a vincoli culturali di cui al D.Lgs. 42/2004 e su superfici moderne, per le quali non sussiste alcuna possibile interferenza con eventuali beni di interesse archeologico”.

Il murales è destinato a trasformare radicalmente e in modo permanente una facciata

Infine, secondo Palazzo Spada è evidente che non si possa parlare di non irreversibilità dell’opera: spiegano i giudici che la realizzazione di un’opera edilizia, nella quale rientra a pieno titolo un dipinto murale, è destinata a permanere nel tempo secondo la volontà del realizzatore o del proprietario dell’immobile, il quale deciderà se rimuoverla e quando rimuoverla, pur sempre chiedendo preventivamente il rilascio del titolo abilitativo necessario alla trasformazione (anche solo visiva) del territorio, sia per la realizzazione che per la rimozione dell’opera stessa.

Ne consegue che la realizzazione di un dipinto murale a carattere decorativo assume le stesse caratteristiche della realizzazione di un intervento edilizio, diversificandosene, semmai, in ragione della complessità dell’eventuale rimozione. Questo aspetto materiale non incide sulla qualificazione giuridica dell’opera come “irreversibile”, in quanto la “reversibilità” dell’opera non assume rilievo obiettivo ma soggettivo, essendo condizionata dalla volontà del soggetto realizzatore o del proprietario dell’edificio sul quale è stata eseguita.

 



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