Permesso di costruire annullato: ecco la corretta procedura

di Redazione tecnica - 12/10/2023

La normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) prevede la possibilità che in alcuni casi specifici all'ordine di demolizione la pubblica amministrazione possa comminare una sanzione alternativa. Una possibilità espressamente prevista dal Testo Unico Edilizia in caso di interventi:

  • di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33, comma 2);
  • eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34, comma 2);
  • eseguiti in base a permesso annullato (art. 38, commi 1 e 2).

Permesso di costruire annullato

Mentre nei primi due casi (artt. 33 e 34), con la sanzione alternativa l'abuso viene "tollerato" ma resta tale (con effetti diretti sullo stato legittimo dell'immobile), nel terzo caso (art. 38) l'integrale corresponsione della sanzione alternativa irrogata dalla P.A. produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria (art. 36).

Nel dettaglio, l'art. 38, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dispone:

In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

L'intervento del Consiglio di Stato

L'argomento è stato oggetto di intervento del Consiglio di Stato che con la sentenza 11 ottobre 2023, n. 8869 ci consente di entrare nel dettaglio della corretta procedura che deve seguire la pubblica amministrazione a seguito dell'annullamento di un permesso di costruire preceduto dalla realizzazione delle opere.

Il caso di specie è molto interessante e vale la pena sintetizzarlo:

  • il comune rilascia nel 2003 una concessione edilizia che autorizzava la realizzazione di lavori di ristrutturazione unità immobiliare, costruzione locale tecnico, costruzione autorimessa e costruzione piscina scoperta nella porzione di un immobile posta al piano rialzato di un fabbricato bifamiliare;
  • i lavori assentiti con la predetta concessione edilizia consistevano, oltre che nella costruzione di una autorimessa e di una piscina scoperta, anche nella modifica del prospetto con traslazione di una finestra e porta, nella ristrutturazione della copertura con messa in opera di un cordolo perimetrale, nella riparazione di diversi muri portanti esistenti, nella sostituzione di solai sottotetto con nuovi in latero cemento arato, nell’allargamento del comignolo sul tetto, nonché nella realizzazione di un volume tecnico.

I proprietari della porzione di fabbricato posta al piano parzialmente interrato, impugnavano il predetto titolo edilizio, deducendo la violazione della normativa in materia di comunione di edifici nonché la natura “non tecnica” del volume autorizzato come tale.

Il TAR accoglieva il ricorso e annullava la concessione edilizia impugnata che veniva confermata anche dal Consiglio di Stato. Segue il provvedimento del Comune che, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, applicava la sanzione pecuniaria in relazione al solo volume tecnico.

A questo punto i proprietari della porzione di fabbricato posta al piano parzialmente interrato impugnano al TAR tale provvedimento e chiedono la sanzione demolitoria anziché quella alternativa.

Il TAR accoglie il ricorso e la sentenza viene confermata dal Consiglio di Stato. A questo punto il Comune emette una nuova ordinanza mediante la quale ingiunge la demolizione del solo volume tecnico, ossia del vano accessorio sulla parete nord del fabbricato.

Gli stessi proprietari della porzione di fabbricato posta al piano parzialmente interrato, però, impugnano questa ordinanza rilevando che la stessa non ordinava anche la demolizione delle ulteriori opere edilizie a suo tempo realizzate, prive di titolo considerato che la concessione originaria era stata annullata in toto e non solo per il locale tecnico oggetto dell’ordine di demolizione.

La procedura per l'annullamento del titolo edilizio

Prima di entrare nel dettaglio del ricorso, il Consiglio di Stato fornisce un importante chiarimento in merito alla procedura che segue l’annullamento di un titolo edilizio, la quale rinviene dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 e va applicata tanto nel caso di annullamento in autotutela che nel caso di annullamento giurisdizionale.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, la norma in questione si fonda sul presupposto che a seguito del rilascio di un permesso di costruire riconosciuto illegittimo, e per tale motivo successivamente annullato, siano state nondimeno realizzate le opere con esso inizialmente assentite: le quali, per effetto dell’annullamento, risultano non più assistite da un titolo edilizio, divenendo come tali abusive e, in astratto, immediatamente sanzionabili.

In linea generale, il Consiglio di Stato ha ricordato che il giudicato di annullamento di un atto amministrativo conclusivo di un procedimento amministrativo comporta l’obbligo, per l’amministrazione, di rinnovare l’azione amministrativa mediante l’adozione di un nuovo atto, emendato dai vizi che inficiano l’atto annullato ma idoneo ad esplicare effetti “ora per allora”: ciò in ossequio al principio secondo cui la durata del processo amministrativo non deve andare a danno della parte che impugna gli atti e che ha ragione.

Tale principio comporta, in particolare, che l’atto legittimo, frutto della riedizione dell’azione amministrativa, deve intendersi idealmente “sostitutivo” di quello riconosciuto illegittimo, e come tale esplicante efficacia retroattiva.

L’art. 38 del Testo Unico Edilizia ha precisamente il compito di prevedere, conformandolo, il potere dell’amministrazione comunale di pronunciarsi “ora per allora” su una istanza finalizzata al rilascio di un permesso di costruire, e, per tale via, di legittimare a posteriori opere edilizie non (più) assistite da titolo edilizio, anche al di fuori di una procedura ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e, quindi, anche a prescindere dal requisito della c.d. doppia conformità.

Il primo comando veicolato dall’art. 38, dunque, è costituito esattamente da ciò che l’amministrazione comunale, a seguito di annullamento di un permesso di costruire, deve rideterminarsi sulla originaria istanza di permesso di costruire, che può essere accolta, con rilascio di un titolo edilizio, se e nella misura in cui risulti possibile la rimozione dei “vizi delle procedure amministrative”.

Tali vizi, secondo l’insegnamento della pronunzia dell’Adunanza Plenaria, non possono essere quelli di natura “sostanziale”, per la ragione che “La tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito”.

Cosa succede dopo l'annullamento del titolo edilizio?

In esito all’annullamento di un titolo edilizio l’amministrazione comunale non può adottare, direttamente, un ordine di ripristino, piuttosto che la sanzione pecuniaria sostitutiva, dovendo prima pronunciarsi sulla possibilità di esitare, con il rilascio di un permesso di costruire postumo, l’originaria istanza presentata dal privato: solo all’esito di tale valutazione, e se e nella misura in cui il rilascio del permesso di costruire postumo non sia ritenuto possibile, l’amministrazione comunale può sanzionare con l’ordine di ripristino, o con la sanzione pecuniaria sostitutiva, le opere edilizie nel frattempo realizzate sulla base del titolo annullato.

Proprio per la ragione che il riesame effettuato ai sensi dell’art. 38, non avviene nell’ambito della cornice giuridica di cui all’art. 36, l’amministrazione può all’occorrenza decidere di rilasciare il permesso di costruire postumo con riferimento ad una parte soltanto delle opere oggetto della originaria istanza.
In tal caso non opera il principio (applicabile all'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36) secondo cui la sanatoria di opere abusive non è 'frazionabile', dovendo gli abusi valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: l'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente.

Le valutazioni dell'amministrazione

Per quanto riguarda la natura delle valutazioni che l’amministrazione è chiamata ad effettuare in sede di riesame ai sensi dell'art. 38, trattandosi di procedere all’esame “ora per allora” dell’originaria istanza di titolo edilizio, l’amministrazione deve valutare, a posteriori, se le opere originariamente richieste, e poi realizzate sulla base di un titolo annullato, avrebbero potuto essere autorizzate tenendo conto della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione si è pronunciata la prima volta (quale normativa applicabile in ossequio al principio tempus regit actum), astraendo dalle ragioni poste a fondamento del provvedimento annullato e riconosciute illegittime, e tenendo conto della possibilità di reiterare l’istruttoria e di acquisire, sia pure a posteriori, la documentazione necessaria (ad esempio pareri o consensi pretermessi nella precedente fase).

Ciò che rileva, ai fini del rilascio del titolo postumo ai sensi dell’art. 38, é la conformità sostanziale delle opere rispetto alla normativa vigente al momento in cui l’amministrazione si è pronunciata la prima volta, e quindi deve ritenersi consentito all’amministrazione, in tal sede, l’espletamento tardivo delle attività finalizzate ad accertare la sussistenza, al predetto momento, delle condizioni di fatto e di diritto richieste ai fini della conformità (edilizia, urbanistica, paesaggistica, ambientale, etc. etc.).

Nel caso di annullamento giurisdizionale del titolo edilizio, il riesame dell’originaria istanza, ai sensi dell’art. 38, deve essere condotto tenendo conto anche dell’effetto conformativo discendente dal giudicato amministrativo, e quindi avendo cura di non reiterare le illegittimità identificate come tali e censurate dal giudice amministrativo, osservando inoltre le eventuali misure di esecuzione impartite con la sentenza di annullamento.

Conclusioni

Applicando i sopra richiamati principi, in sede di riesame ai sensi dell'art. 38, l’amministrazione può reiterare l’istruttoria, acquisendo ex post anche eventuali atti di consenso, o pareri, purché idonei a comprovare che al momento dell’adozione del provvedimento annullato sussistevano le condizioni di fatto e diritto perché il titolo edilizio potesse essere rilasciato. Nel caso di specie, il Comune avrebbe dovuto:

  • riaprire il procedimento di esame dell’istanza di permesso di costruire originariamente presentata, garantendo il contraddittorio tra le parti;
  • individuare le opere non riguardanti parti comuni dell’edificio, valutando se fossero autorizzabili con o senza il consenso degli altri proprietari, e le opere riguardanti le parti comuni dell’edificio;
  • distinguere, tra le opere riguardanti le parti comuni, quelle riconducibili all’art. 1102, comma 1, secondo periodo, del codice civile, e valutare se per tali opere il titolare della concessione era legittimato ad effettuarle senza il consenso del comproprietario;
  • in relazione alle opere riguardanti parti comuni dell’edificio per le quali era necessario il consenso del comproprietario, verificare la possibilità di acquisire il consenso postumo da parte degli altri proprietari;
  • rilasciare, ricorrendone le condizioni di legge, il permesso di costruire postumo con riferimento alle opere non riguardanti parti comuni dell’edificio o parti comuni riconducibili all’art. 1102, comma 1, secondo periodo, del codice civile, nonché, eventualmente, le opere riguardanti parti comuni assistite dal consenso degli altri proprietari;
  • sanzionare, nel rispetto delle ulteriori indicazioni emergenti dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, le opere riguardanti parti comuni dell’edificio per le quali non sia acquisito il consenso degli altri proprietari, laddove questo sia necessario.


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