Sanatoria edilizia condizionata: è legittima? Lo chiarisce la Cassazione

di Redazione tecnica - 12/07/2022

La normativa edilizia offre la possibilità di non rimuovere o demolire, né tantomeno ritenere penalmente rilevanti, opere che si presentano "abusive" solo formalmente ma non anche sostanzialmente. Opere "abusive" perché costruite senza titolo ma sulla cui integrale conformità agli strumenti urbanistici non v'è dubbio alcuno.

L'accertamento di conformità

Stiamo parlando di quanto previsto all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che con l'istituto dell'accertamento di conformità detta, a precise condizioni, le possibilità di procedere con la sanatoria di eventuali abusi edilizi di tipo "formale". Li definiamo formali perché sono opere che sarebbero state lecite sia al momento della loro realizzazione sia a quello dell'invio dell'istanza. Parliamo, dunque, di quella che è conosciuta come "doppia conformità".

L'argomento è stato oggetto di numerosi interventi della giurisprudenza di ogni ordine e grado, alcuni dei quali trattano un frequente operato della pubblica amministrazione con il rilascio delle cosiddette "sanatorie condizionate". Ovvero sanatorie caratterizzate dal fatto che i loro effetti vengono subordinati all'esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della richiesta del titolo in sanatoria.

Sanatoria edilizia condizionata: la sentenza della Cassazione

Sulla sanatoria condizionata registriamo un nuovo intervento della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 23427 del 16 giugno 2022 che ci consente di approfondire alcuni interessanti temi legati agli abusi edilizi. Nel caso di specie, gli ermellini si sono pronunciati sul ricorso presentato per l'annullamento di una pronuncia della Corte di Appello che aveva confermato i reati di cui all'art. 44, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 e dell'art. 181, comma 1, del D.Igs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Tra i motivi del ricorso, viene asserita l'estinzione per intervenuta sanatoria del reato edilizio, consistito nella realizzazione di una casetta di legno e di una strada di accesso alla stessa in assenza del necessario permesso di costruire. Più in particolare, viene contestata la decisione della Corte di Appello di Firenze che avrebbe escluso l'intervenuta estinzione del reato per il rilevato difetto del requisito della c.d. "doppia conformità" dell'opera. A dire della difesa, le opere realizzate sarebbero invero sempre state conformi alla disciplina urbanistica e edilizia comunale e gli adeguamenti compiuti in seguito alla richiesta del rilascio in sanatoria del titolo edilizio sarebbero stati finalizzati esclusivamente a rendere le opere in questione maggiormente congrue all'uso per il quale le stesse erano state congegnate.

Il permesso di costruire in sanatoria

Ecco che salta fuori la cosiddetta "sanatoria condizionata" ovvero l'operato di alcune amministrazioni che ritengono (ancora) legittimo il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato alla realizzazione di opere che consentirebbero di avere con conformità alle vigenti regole edilizie.

Preliminarmente, la Cassazione ricorda quanto prevede l'art. 10 del testo unico edilizia per il quale il permesso di costruire costituisce titolo edilizio necessario per la realizzazione di opere qualificabili come "nuove costruzioni" ai sensi dell'art. 3, lett. e), d.P.R. n. 380/2001 stesso.

La realizzazione di tali opere in assenza (o in difformità) del sopracitato titolo costituisce abuso edilizio destinato alla rimozione o demolizione (art. 31 DPR 380/2001), rilevante anche sotto il profilo penale quale illecito di natura contravvenzionale (art. 44, lett. b, DPR 380/01) suscettibile di estinzione in caso di rilascio in sanatoria del permesso di costruire (art. 45, comma 3, DPR 380/2001).

Ciò premesso, per espressa previsione dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, il presupposto necessario per il rilascio in sanatoria del titolo edilizio, e conseguentemente per l'estinzione del reato contravvenzionale, è la "doppia conformità" dell'opera ossia la rispondenza dell'intervento realizzato alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente tanto al momento della realizzazione dell'opera, quanto al momento della presentazione della domanda.

La ratio della norma risiede nell'esigenza di non rimuovere o demolire, né tanto meno ritenere penalmente rilevanti, opere che si presentano "abusive" solo formalmente ma non anche sostanzialmente, opere, cioè, "abusive" perché costruite senza titolo ma sulla cui integrale conformità agli strumenti urbanistici non v'è dubbio alcuno.

Sanatoria condizionata: è legittima?

Ciononostante, nella prassi amministrativa è tutt'altro che infrequente il rilascio da parte dell'autorità comunale di "sanatorie condizionate" ossia sanatorie caratterizzate dal fatto che i loro effetti vengono subordinati all'esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito - che non posseggono - della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della richiesta del titolo in sanatoria.

La giurisprudenza penale è totalmente uniforme nel ritenere illegittimo, e non estintivo del reato edilizio di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380/2011, il permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, posto che un tale provvedimento contrasta con il tenore dell'articolo 36 del d.P.R. n. 380/01, il quale si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati e stabilisce come la conformità agli strumenti urbanistici debba sussistere sia al momento della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

Ciò senza considerare che il rilascio del provvedimento consegue ad un'attività vincolata della P.A., consistente nell'applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale. Ai fini del rilascio in sanatoria del permesso di costruire, dunque, la verifica di conformità dell'opera realizzata sine titulo deve riguardare l'opera allo stato in cui si trova e non a quello in cui potrebbe trovarsi ove l'interessato esegua determinati interventi.

Il caso di specie

Nel caso specifico oggetto della sentenza, è pacifico che le opere descritte nei capi di imputazione rientrano nella categoria di "nuove costruzioni" ai sensi dell'art. 3, lett. e), DPR 380/01 e che le stesse sono state realizzate in assenza del necessario permesso di costruire. Agli atti si ricava che il titolo edilizio richiesto dalla legge è stato rilasciato in sanatoria subordinatamente alla preventiva realizzazione di lavori diretti a rendere le opere conformi alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia comunale.

In particolare, il Comune ha subordinato il rilascio della sanatoria alla previa eliminazione delle torrette previste sulla casetta e alla sostituzione del manto stradale in cemento con materiali naturali. La sanatoria, dunque, è stata sì emessa, ma con prescrizioni, e che dunque essa non ha avuto per oggetto l'opera edilizia come realizzata, bensì una futura e diversa opera edilizia.

Gli adeguamenti realizzati successivamente dagli imputati costituiscono con tutta evidenza vere e proprie attività edilizie richieste dal Comune attraverso un atto dal quale emerge esplicitamente la non conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, come del resto correttamente rilevato dalla stessa Corte d'appello. Infatti, se la costruzione in legno e il vialetto di accesso fossero stati conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della sanatoria, l'amministrazione non avrebbe avuto la necessità di imporre, sotto forma di condizione, alcuna ulteriore attività edilizia.

A fronte di tali evidenze, sono state ritenute prive di pregio le doglianze difensive con cui ciascun ricorrente asserisce che le opere realizzate in assenza del titolo edilizio sono sempre state conformi alla disciplina urbanistica e edilizia comunale e che gli adeguamenti realizzati in seguito alla richiesta di sanatoria erano finalizzati esclusivamente a rendere le opere maggiormente congrue all'uso per il quale le stesse erano state congegnate.

Sanatoria urbanistica e compatibilità paesaggistica

Altro punto interessante della sentenza, riguarda la compatibilità paesaggistica di un'opera sulla quale è intervenuta una sanatoria urbanistica. Sul punto gli ermellini chiariscono che risulta essere corretto ritenere che l'intervenuta sanatoria urbanistica (peraltro illegittima perché "condizionata") non abbia in alcun modo inciso sulla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate posto che, ai fini della qualificazione del fatto reato come contravvenzione, ai sensi dell'art. 181, comma 1, del Codice dei beni culturali, o come delitto, ai sensi del successivo art. 181, comma 1-bis, la nozione di "volumetria", così come quella di "superfici utili", deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio.

Nel caso di specie la sanatoria paesaggistica è stata rilasciata al di fuori dei casi previsti dalla legge, conseguentemente essa non ha prodotto alcun effetto estintivo dei reati paesaggistici, né tanto meno dei reati edilizi. Infatti, essendo la possibilità di una autorizzazione paesaggistica postuma espressamente esclusa dalla legge - ad eccezione dei casi, tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, relativi agli "abusi minori"- tale preclusione, considerato che l'autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/01 e l'eventuale emissione della predetta autorizzazione paesaggistica in spregio a tale esplicito divieto, oltre a non produrre alcun effetto estintivo dei reati, non impedisce neppure l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino.



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