Truffe superbonus e bonus edilizi: 5 nuove sentenze della Cassazione

di Gianluca Oreto - 20/06/2023

Benché non si possa mettere in dubbio che sia nato con i migliori propositi, il meccanismo di cessione dei crediti edilizi previsto all'art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) si è inevitabilmente scontrato con alcune problematiche e criticità proprie dei territori italiani.

Cessione del credito: forse in Paesi evoluti...

Con l'avvento dei superbonus 110% il legislatore ha scelto di trasformare tutti i bonus edilizi in una "moneta fiscale" utilizzabile da tutti. Mentre normalmente una detrazione fiscale poteva essere utilizzata (e lo è nuovamente dal Decreto Legge n. 11/2023 in poi) solo da chi aveva contemporaneamente capacità economica per pagare l'intervento e capienza fiscale per portarla in compensazione in dichiarazione dei redditi, l'art. 121 del Decreto Rilancio ha consentito a tutti di poter beneficiare degli incentivi grazie al potentissimo meccanismo alternativo alla detrazione diretta (sconto in fattura e cessione del credito).

L'idea (ottima) ha consentito in meno di 3 anni di riqualificare con il superbonus 411.871 edifici corrispondenti ad un totale di 78 miliardi di investimenti, tra i quali non sono mancate le truffe (poche sul superbonus, molte di più sul bonus facciate e gli altri bonus minori).

Il meccanismo di cessione si è, infatti, scontrato:

  • con una normativa giovane e non esente da errori (tra i quali l'iniziale assenza di meccanismi di controllo sui bonus edilizi minori);
  • con l'assenza di piattaforme digitali già consolidate (la Piattaforma Cessioni dell'Agenzia delle Entrate ha subito parecchi rengineering nel corso di questi 3 anni);
  • con l'assenza di personale idoneo per effettuare controlli a monte (solo con il primo Decreto antifrode sono arrivati i controlli preventivi basati sugli alert);
  • la tendenza tutta italica a considerare "terra di nessuno" il pubblico e la conseguente voglia di non fare il necessario ma tutto quel che si può, è concesso o addirittura non si può ma tanto... chi se ne accorge?

Le 5 sentenze della Cassazione di ottobre 2022

Tra cambi normativi in corsa, procedure mai perfettamente definite e una campagna di comunicazione degna da terzo mondo (chi dimenticherà mai il "tuttogratis"?), chi avrà certamente tanto lavoro nei prossimi anni saranno i tribunali e gli avvocati che certamente si troveranno a gestire contestazioni da parte dell'Agenzia delle Entrate, lavori fatti male a causa della fretta e dello stress a cui tutti sono stati sottoposti, oltre che alle tante truffe che sono state perpetrate a danno dello Stato.

La bolla era già scoppiata a fine ottobre 2022 con le famose 5 sentenze della Corte di Cassazione emesse nei confronti di 5 distinti cessionari (Banco Desio e della Brianza, Illimity Bank, Poste Italiane, Groupama e Cassa Depositi e Prestiti) relative al superbonus 110%. Sentenze che avevano scoperchiato l'ultima delle problematiche connesse al meccanismo di cessione del credito; quella che probabilmente ha fatto saltare il banco: il sequestro preventivo del credito nei confronti del cessionario (anche in buona fede e in assenza di concorso nella violazione).

5 nuove sentenze della Cassazione

Ma il lavoro della Cassazione non è terminato nel 2022 e negli ultimi mesi sono state emesse 5 nuove sentenze che ci consentono di approfondire nuovamente il tema delle truffe:

Sentenze che affrontano i seguenti temi:

  • il sequestro preventivo;
  • il reato in caso di compensazione del credito;
  • la natura di Poste Italiane.

Monetizzazione falsi crediti per oltre 1 miliardo di euro

In una delle sentenze la Cassazione richiama le attività investigative svolte dall'Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti, Settore Contrasto Illeciti, Sezione Analisi e Strategie Antifrode, che ha riscontrato una serie di anomalie nella verifica del meccanismo di cessione dei crediti di imposta effettuato da alcuni operatori economici nell'ambito di taluni interventi realizzati nel regime di detrazioni fiscali introdotto durante l'emergenza pandemica allo scopo di favorire la ripresa economica nel settore edilizio (cd. "superbonus al 110%, bonus facciate, ecobonus, bonus ristrutturazioni e sismabonus").

Secondo la ricostruzione operata dagli ermellini, sono stati individuati alcuni soggetti, società e persone fisiche, che hanno ideato, realizzato e gestito un sistema fraudolento, finalizzato alla creazione e alla monetizzazione di falsi crediti di imposta per oltre un miliardo di euro. Con la creazione di crediti di imposta inesistenti si è riusciti a conseguire un duplice obiettivo illecito:

  • da un lato, l'indebito ottenimento di ingenti liquidità monetarie di lecita provenienza, conseguite grazie alla cessione dei crediti a istituti bancari o intermediari finanziari, in taluni casi attraverso la previa cessione intermedia a società o persone fisiche compiacenti;
  • dall'altro lato, l'elusione fiscale, attuata mediante l'indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente locupletazione dei profitti derivanti dall'omesso versamento delle imposte dovute (cd. risparmio di spesa).

In una delle sentenze era emerso che, al fine di ottenere la maggiore agevolazione possibile, le società, per ogni intervento edilizio, indicavano prezzi esorbitanti per l'esecuzione dei lavori, non congrui peraltro rispetto alle caratteristiche degli immobili e agli interventi realizzabili in concreto, usufruendo esclusivamente della percentuale massima di detrazione. Inoltre, in relazione a 246 pratiche edilizie, è stato accertato che per ben 196 difettavano i necessari titoli abilitativi (permesso di costruire e autorizzazione sismica), fermo restando che dei 246 interventi programmati, ne sono risultati concretamente avviati solo 45. Di qui la conclusione secondo cui le fatture emesse in relazione a tali interventi fossero relativi a operazioni inesistenti e che dunque erano fittizie le collegate cessioni di credito.

Utilizzo in compensazione

In una delle sentenze viene contestato dal ricorrente che il precedente Tribunale non aveva valutato adeguatamente la circostanza che lo stesso aveva effettuato una richiesta di compensazione inerente a debiti erariali già iscritti a ruolo presso l'Agente della Riscossione. Le modalità previste dalla legge in questo caso, secondo il D.M. 10 febbraio 2011, comportavano che l'Agenzia delle Entrate doveva rilasciare il nulla osta trasmettendolo all'Ente di Riscossione, circostanza che non si era realizzata, essendo stata bloccata l'operazione di compensazione da parte della Agenzia delle Entrate in seguito alla indagine in corso, sicché gli importi a debito del ricorrente risultavano ancora dovuti nei confronti dell'Ente riscossore.

Ne sarebbe conseguito che il reato contestato non era stato portato a consumazione, non risultando sufficiente, in questa specifica ipotesi, la mera presentazione del modello F24 quietanzato. Dunque, non si sarebbe realizzato alcun profitto confiscabile, tenuto conto che la compensazione non aveva avuto luogo ed il debito del ricorrente risultava ancora iscritto a ruolo rendendo possibile una azione esecutiva.

Tesi non condivisa dalla Cassazione per la quale il delitto di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.

Non conterebbe, dunque, l'eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato ed il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale, in quanto tali operazioni, successive alla presentazione del modello indicato, sono soltanto ricognitive del rapporto obbligatorio tra Amministrazione e contribuente, senza alcun effetto costitutivo o modificativo.

Nel caso oggetto si sentenza, il ricorrente aveva utilizzato in compensazione parte dei crediti inesistenti dovuti alla creazione di crediti di imposta fittizi a lui ceduti (o alle società al medesimo riconducibili) consentita dalla legislazione ennergenziale in tema di bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate.

Questi crediti erano stati portati in compensazione attraverso il pagamento di un cospicuo numero di modelli F24. Il reato fiscale si era, dunque, per ciò solo, integrato a prescindere ed a monte del fatto che si trattasse di debiti fiscali già iscritti a ruolo e bloccati dall'indagine in corso.

La natura di Poste Italiane

Interessante è la sentenza n. 17996/2023 mediante la quale la Cassazione chiarisce i termini dei reati che coinvolgono Poste Italiane. Nei casi di reati è riconosciuta l'aggravante quando questi riguardano Poste Italiane a cui è riconosciuta la qualifica di ente pubblico.

Gli ermellini ricordano che il capitale sociale di Poste italiane è per la maggioranza partecipato dallo Stato, tramite il MEF il quale vi partecipa direttamente ovvero tramite CDP nell'ambito della quale detiene una partecipazione normativamente pressoché totalitaria per cui "il fatto perturbativo di un siffatto ordine patrimoniale ridonda direttamente nei confronti del patrimonio pubblico rafforzando l'esigenza protettiva che il maggior disvalore del fatto connesso alla gravante intende salvaguardare".

In definitiva la sentenza conferma l'aggravante con riferimento al danno cagionato nella sfera giuridica del soggetto passivo.



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