Cessione di cubatura: la Cassazione definisce i requisiti necessari

20/12/2019

Sulla cessione di cubatura abbiamo già scritto tanto, soprattutto dopo l'inserimento del comma 2-bis all'art. 2643 del codice civile, previsto dall’art. 5 del Decreto-Legge 13 maggio 2011, n. 70 (c.d. Decreto Sviluppo) convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, che ha generato comportamenti regolatori contrastanti da parte delle singole amministrazioni comunali.

Arriva una nuova sentenza della Corte di Cassazione (la n. 43253/2019) che conferma una decisione di appello che a sua volta aveva confermato una sentenza di primo grado che aveva condannato i ricorrenti per aver realizzato - nelle rispettive qualità di proprietario/committente e di progettista/direttore dei lavori - un edificio in zona agricola vincolata in assenza di permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica, dovendo ritenersi illegittimi i provvedimenti rilasciati. In particolare, gli imputati avevano richiesto ed ottenuto dal Comune il permesso di costruire e l'autorizzazione paesaggistica per l'edificazione di un edificio destinato a deposito agricolo ed in forza dei medesimi - giudicati illegittimi perché in contrasto con le previsioni normative e urbanistiche e da ritenersi dunque inesistenti, essendo stata autorizzata una volumetria superiore rispetto a quella esprimibile dal lotto, ottenuta in base ad un illecito asservimento urbanistico di terreni distanti ed in assenza dei requisiti soggettivi e oggettivi relativi ad un'edificazione connessa all'esercizio di attività imprenditoriale agricola - avevano invece edificato una casa di civile abitazione con annessa piscina.

Il ricorso

I ricorrenti avevano basato il loro ricorso sulla possibilità offerta dallo strumento urbanistico comunale di trasferire oltre il "limite di rispetto" le volumetrie espresse dall'indice di fabbricabilità di fondi che ricadano in particolari aree nelle quali non è consentita l'edificazione per la vicinanza a strade ovvero a zone cimiteriali, disposizioni ritenute applicabili anche al caso, che è quello di specie, di aree contigue agli elettrodotti.

La sentenza della Cassazione

Gli ermellini hanno immediatamente ricordato che sull'argomento cessione di cubatura esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità ribadito in numerose, pure recenti, decisioni pronunciate in procedimenti riguardanti fatti analoghi, nei quale si è affermato il principio secondo cui integra il reato previsto dall'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. Testo Unico Edilizia) la realizzazione di un immobile in assenza di valido permesso di costruire, perché ottenuto mediante illegittima cessione di cubatura a scopo edificatorio tra terreni non reciprocamente prossimi, aventi un indice di fabbricabilità differente o una diversa destinazione urbanistica.

I giudici della Cassazione, dunque, colmano un vuoto regolatorio, definendo i presupposti per la corretta cessione di cubatura:

  • i fondi devono essere contigui;
  • la destinazione urbanistica deve essere la stessa e quindi anche l'indice di edificabilità deve essere identico tra il fondo che cede la cubatura e quello che la riceve.

Cos'è la cessione di cubatura?

La sentenza dei giudici della Suprema Corte ricordano che la cessione di cubatura è un istituto di fonte negoziale, la cui legittimità è stata ripetutamente avallata in sede giurisprudenziale, in forza del quale è consentita, a prescindere dalla comune titolarità dei due terreni, la "cessione" della cubatura edificabile propria di un fondo in favore di altro fondo, cosicché, invariata la cubatura complessiva risultante, il fondo cessionario sarà caratterizzato da un indice di edificabilità superiore a quello originariamente goduto. Onde evitare la facile elusione dei vincoli posti alla realizzazione di manufatti edili in funzione della corretta gestione del territorio, il legittimo ricorso a tale meccanismo è tuttavia soggetto a determinate condizioni, una delle quali è costituita dall'essere i terreni in questione, se non precisamente contermini, quanto meno dotati del requisito della reciproca prossimità, perché altrimenti, attraverso l'utilizzazione di tale strumento, astrattamente legittimo, sarebbe possibile realizzare scopi del tutto estranei ed, anzi, contrastanti con le esigenze di corretta pianificazione del territorio.

La sentenza chiarisce che laddove si ritenesse legittima la "cessione di cubature" fra terreni fra loro distanti, dal punto di vista pratico si realizzerebbe da una parte una situazione di "affollamento edilizio" in determinate zone (quelle ove sono ubicati i fondi cessionari), dall'altra di carenza (ove sono situati i terreni cedenti), con evidente pregiudizio per l'attuazione dei complessivi criteri di programmazione edilizia contenuti negli strumenti urbanistici.

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A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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