17/03/2020
Un opera edilizia quando può essere considerato una pergotenda che, a prescindere dal suo ancoraggio al suolo, può essere realizzata in regime di edilizia libera ai sensi del D.P.R. n. 380/2001, art. 6, comma 1, lett. e- quinquies (c.d. Testo Unico Edilizia)?
A rispondere alla suddetta domanda ci ha pensato la Sezione Sesta del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 1783 del 12 marzo 2020, ha rigettato il ricorso presentato per l'annullamento di una sentenza di primo grado che a sua volta aveva il rigetto il ricorso presentato contro un ordine di demolizione di un'opera ritenuta abusiva.
L'ingiunzione di demolizione del Comune aveva accertato i seguenti interventi:
I giudici di primo grado avevano già rigettato il ricorso rilevando che l'importanza dell'intervento che quindi rientrerebbe nel novero degli interventi di nuova costruzione di cui al, art. 3, comma 1, lett. e), del Testo Unico Edilizia, la cui esecuzione sarebbe dovuta avvenire previo rilascio di apposito permesso di costruire.
In secondo grado, l'appellante contestato che la struttura non configurerebbe:
ciò in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità (essendo ancorata con minuteria metallica e non con fondamenta in muratura ovvero opere murarie) e della temporaneità delle sue tamponature orizzontali.
L’appellante precisa, inoltre, che le tamponature (comunque parziali), costituite dal grigliato in legno, erano state prontamente rimosse dall’appellante, restituendo alla “pergotenda” le caratteristiche di una struttura aperta su tre lati (il quarto lato essendo chiuso naturalmente da una parete in muratura preesistente).
I giudici di Palazzo Spada hanno confermato che le caratteristiche della struttura escluderebbero che questa possa essere ricondotta ad una semplice pergotenda, con le conseguenze in merito al relativo regime abilitativo.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che per aversi una pergotenda occorrerebbe che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Solo al ricorrere di tali caratteristiche, in linea generale, per la pergotenda non serve il permesso di costruire, potendo essere ricondotta all’attività di edilizia libera, in quanto arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’unità a cui accede e, quindi, riconducibile agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Testo Unico Edilizia.
Nel caso di specie, le descritte caratteristiche dell’opera escludono che questa possa essere considerata un’opera temporanea così da essere ricondotta nell’ambito dell’edilizia libera. Oltretutto, la tesi dell’appellante, facente leva sui materiali utilizzati per la costruzione della struttura, si scontra con l’orientamento in base al quale si deve seguire “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”, per cui un’opera, se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee, non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie, anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili.
Per le stesse ragioni non può nemmeno aderirsi alla prospettata natura pertinenziale della medesima costruzione, dal momento che, stanti le descritte caratteristiche della stessa, seppur collegata al muro di un edificio preesistente, non può essere considerata in senso proprio una pertinenza, in quanto fa corpo con la cosa principale a cui aderisce, di cui modifica la sagoma e ne comporta l’ampliamento, creando nuova volumetria fruibile.
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A cura di Redazione LavoriPubblici.it